25 September 2014

Intervista ad Andrea Mura: vi presento il mio Vendée Globe

Andrea Mura parteciperà all’edizione 2016-17 del Vendée Globe, il giro del mondo in solitario e senza scalo. Lo farà con una barca nuova, progettata da Guillaume Verdier e costruita in Italia da Persico Marine...

Intervista ad andrea mura: vi presento il mio vendée globe

Andrea Mura parteciperà all’edizione 2016-17 del Vendée Globe, il giro del mondo in solitario e senza scalo. Lo farà con una barca nuova, progettata da Guillaume Verdier e costruita in Italia da Persico Marine. Nel frattempo il velista solitario sta preparando il suo attuale Open 50 Vento di Sardegna alla Route du Rhum, che partirà il prossimo 2 novembre da Saint-Malo in Francia e arrivo a Pointe-à-Pitre, in Guadeloupa, una delle isole della Antille. Una regata che Mura ha già vinto, con la stessa barca, quattro anni fa.

Andrea è un velista di poche parole, che preferisce i fatti alle parole. Ed è per questo che ultimamente si era visto e sentito poco. Si sapeva della sua voglia di partecipare al giro del mondo, ma i costi elevati e la difficoltà di mettere in piedi un team in poco tempo non giocavano a suo favore. E invece ora Andrea è piena corsa per essere a Les Sable d’Olonne il 12 novembre per prendere il via alla ottava edizione del Vendée Globe con il suo nuovo Vento di Sardegna.

Lo abbiamo raggiunto al telefono poco dopo il suo arrivo con l’Open 50 a Saint-Malo e poco prima di volare a Parigi per la conferenza stampa e la festa degli equipaggi della Route du Rhum.

 

Dopo un lungo silenzio è arrivata finalmente la notizia che tutti aspettavano. Andrea questo è un sogno che si avvera?

«Sì, era un progetto che avevo in serbo da parecchio tempo, ma avevo smesso di parlarne perché non avevo ancora certezze. Ora si sono materializzate le condizioni per farcela, siamo già in una fase avanzata e la costruzione della barca partirà a breve da Persico Marine».  

 

Qual è la parte più difficile del progetto Vendée Globe?

«La difficoltà maggiore non è fare l’oceano da solo, come tutti pensano, ma spendere tutti, proprio tutti i tuoi soldi per portare avanti un sogno mettendo a repentaglio la propria vita. Io questo l’ho fatto, da pazzo, e alla fine ha pagato. Dal 2008 ho speso quasi un milione di euro per l’Open 50. Ho avuto grandi difficoltà, ho anche rischiato di fallire. Ora finalmente il vento è girato».

 

Il suo Open 50 è un progetto di Felci, e dopo quindici anni è ancora molto veloce. A chi si è affidato per la barca nuova?

«Per mancanza di tempo ho dovuto rivolgermi allo studio di Guillaume Verdier e accodarmi al progetto già pronto per gli Imoca 60 (n.d.r., la classe di barche con cui si corre il Vendée) Banque Populaire e Safran. Mi spiace non aver potuto lavorare ancora con Umberto Felci, abbiamo un legame importante, storico e so che avrebbe fatto una grande barca. Purtroppo non c’era il tempo. Il varo sarà a luglio del 2015 e per un progetto nuovo ci sarebbe voluto un anno di lavoro».

 

Al prossimo Vendée ci saranno nuovi velisti giovani e agguerriti. Come pensa di confrontarsi con loro?

«Con la mia esperienza, che basta e avanza. È anche questa la sfida, mettersi in gioco e vedere cosa succede con questi velisti molto bravi ma che a volte si sentono superiori. Ed è anche uno dei motivi per cui abbiamo lavorato sodo affinché la barca fosse costruita in Italia. Ci avrebbero fatto un forte sconto per costruirla in Francia, ma abbiamo rinunciato pur di farla da noi».

 

Che differenze ci sono tra il suo Open 50 di quindici anni e un Imoca 60 nuovo di zecca?

«Sono barche simili, tranne che l’Imoca è 10 piedi più lunga e 10 nodi più veloce. Queste barche nuove sono velocissime».

 

Cosa pensa della nuova regola di classe che impone albero e chiglia uguali per tutti?

«Sono d’accordo, e per me è anche un vantaggio, non ci sarà nessuno con un albero più spinto ed elaborato degli altri. Poi ci sono i problemi di affidabilità e sicurezza. La flotta ha fin’ora dimostrato di non essere riuscita a gestire bene la questione affidabilità: per alleggerire al massimo le barche si è spinta oltre i limiti di sicurezza, scordando che queste barche sono delle enduro, non delle Formula 1. Devono durare. La classe libera era bella, ma si rischiava di rovinare la vela, di renderla troppo pericolosa. E comunque le barche sono molto diverse tra di loro e sarà sempre l’uomo a fare la differenza».

 

Avrà un team tutto italiano?

«No, ora stiamo costruendo la parte tecnica del team, nella quale ci sono anche dei francesi,  che sono fondamentali per la loro esperienza. Il boat builder (n.d.r., il direttore del cantiere) è francese, ha già seguito la costruzione dell’Imoca Gitana di Löick Peyron. È una figura importante perché è colui che farà in modo che la barca sia il più leggera e performante possibile. E in Italia non c’è nessuno con questa esperienza. Ho un team fantastico, tutte persone pacate e sobrie. Sono le migliori».

 

Il Vendée sarà il suo primo giro del mondo. La preparazione, fisica e mentale, cambierà in qualche modo?

«No, vado in barca da una vita e non lo vedo un problema. La cosa importante è che la barca sia in ordine, non si rompa e poi il resto viene da solo. Stare in barca 15 giorni o 70 alla fine non cambia niente. Dopo aver rotto il ghiaccio nei primi 10 giorni poi puoi continuare, serve solo la motivazione e quella me la dà l’agonismo».

 

Dopo il varo di luglio 2015 dove terrà la barca nuova, e che programmi di regata ha prima del Vendée?

« Vorrei tenerla a Cagliari, ma sono abbastanza stanco dell’ostruzionismo e della burocrazia italiana. L’obiettivo è tenerla lì, ma se continueranno i problemi la porterò via. Il mondo è grande, c’è spazio per tutti. Sicuramente parteciperò alla Transat Jacques Vabre del 2015».

 

Torniamo alla prossima sfida, la Route du Rhum. Lei l’ha già vinta, avrà un approccio diverso da quello di quattro anni fa?

«Stavolta tirerò molto, come mai avevo fatto in passato. La barca è in grande forma, ho capito che ci sono pezzi che non si spaccano mai e non mi porto dietro neanche i ricambi, la barca è quindi più leggera del solito. Voglio andare al massimo con un solo obiettivo, la vittoria. Mi preserverò meno: se prima lo facevo al 40% questa volta mi piacerebbe scendere al 20%».

 

Cosa ne sarà dell’Open 50?

«Bella domanda, la barca non è mai stata così perfetta e in forma. È leggerissima, una bomba. Anche perché ci ho speso tanto. Però è vecchia e non so chi potrebbe comprarla, allo stesso tempo fermarla è un grande peccato, sarebbe un capitale abbandonato. Potrei donarla a qualche scuola vela, ma anche questa opzione è da valutare, ci ho speso tanti soldi. Vedremo».

 

http://www.ventodisardegna.com/

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Le ultime prove