02 June 2017

Mare elettrico

Un’esperienza da saper affrontare: l’incontro con un temporale e con le relative scariche elettriche. Sono fenomeni conosciuti da secoli dai marinai, dalle saette tradizionali ai fuochi di Sant’Elmo

Il fulmine è una scarica tra due poli carichi d’elettricità statica. L’accumulo di elettricità statica è un fenomeno molto frequente nella vita comune: strofiniamo una biro di plastica contro un panno, per esempio la manica del maglione, e poi avviciniamola a un pezzo di carta. La carta sarà attratta dalla biro. Il fenomeno era noto agli antichi greci che, non avendo la plastica, usavano l’ambra (elektron). Per accumulare cariche elettriche è necessaria l’azione meccanica dello strofinìo. Eppure il fulmine resta un fenomeno con margini di mistero.
Esistono varie teorie che lo spiegano, in maniera più o meno soddisfacente, e tutte presentano qualche lacuna. Secondo le più accreditate i cumulonembi, le nubi dei temporali, sono attraversate, durante il loro processo di formazione, da correnti verticali ascendenti che trasportano ghiaccio, acqua e particelle varie. In queste correnti, che scorrono a velocità di decine di metri al secondo, si produce quello “strofinìo” che separa le cariche elettriche. In generale le particelle che scendono, come i chicchi di grandine, strappano elettroni dai cristalli di ghiaccio che salgono. I primi acquisiscono carica negativa, i secondi carica positiva. Le cariche negative si accumulano nella parte inferiore della nuvola, e quelle positive sulla sommità.
La distribuzione delle cariche non è assoluta: anche se di rado, si osserva la formazione di aree a carica positiva anche sulla base della nuvola. La terra, per la sua grande massa, è considerata neutra, vale a dire che non è elettricamente carica. Il campo elettrico che si forma alla base della nuvola, però, può diventare talmente grande da influenzare una parte della superficie del suolo facendola diventare positiva. La differenza di segno è dovuta al principio che le cariche dello stesso segno si respingono. Il campo creato dagli elettroni arroccati sulla nuvola farebbe, in un certo senso, allontanare gli elettroni che sono sulla terra, che perciò diventa carica positivamente.

La scarica

Come si presentano

Fulmini “speciali”

I globulari

La danza delle cariche

La simbologia di Sant’Elmo

Ovviamente i fuochi misteriosi, che durante le tempeste del passato si materializzavano sulle estremità delle alberature e sulle varee dei pennoni, suscitavano le superstizioni dei marinai. I fuochi possono essere uno o più. Si dice che se i fuochi sono uno o tre, portano male, mentre due fuochi o un numero maggiore a quattro portano bene. I due fuochi sarebbero Castore e Polluce, i Dioscuri, figli di Zeus e Leda, e fratelli di Elena. I Dioscuri erano con Giasone a bordo della nave Argo, partita per la Colchide alla ricerca del Vello d’Oro. Sulla nave si abbattè una violenta tempesta e i due semidei lottarono generosamente per salvarla, quando dal cielo due fuochi scesero e si posarono sulle loro fronti. Allora il mare si placò. Secondo Plutarco due fuochi si posarono anche sulla nave di Lisandro che andava a combattere la flotta ateniese. Alle divinità pagane il cristianesimo sostituì i suoi santi. E fu così che Sant’Elmo, morendo in mare durante una traversata, promise ai marinai di guidarli durante le tempeste. Per questa ragione, i fuochi sono considerati benigni, ma non da tutti. Altri pensavano che i fuochi impedissero alle anime dei morti di ascendere al cielo, e così via.

Il fascino delle saette

La folgore è il fenomeno meteo che più ha impressionato la fantasia. La sua imprevedibile rapidità, la luce abbagliante, il fragore, e la forza distruttiva: tutto contribuisce a renderla l’arma delle entità soprannaturali. Per l’antichità classica apparteneva a Zeus, il padre degli dei, e con essa Giove tonante ammoniva gli uomini. Gli etruschi credevano che le divinità le usassero per esprimere il loro volere, e ne avevano distinto differenti tipi a uso dei sacerdoti addetti all’interpretazione degli ammonimenti divini. Alcune tribù di pellerossa interpretavano il lampo come le scintille prodotte dalle ali di un magico uccello alato, il cui fruscio s’identificava col tuono.

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