06 February 2012

Costa Concordia, le risposte dell’esperto ai nostri lettori

Il tragico naufragio della nave da crociera, che ha colpito profondamente l’opinione pubblica italiana oltre che mondiale, ha spinto molti lettori a esprimere commenti e a chiedere la nostra opinione e informazioni più dettagliate sui fatti accaduti. Vediamole nell'approfondimento del nostro esperto Christian Signorelli

Costa concordia, le risposte dell’esperto ai nostri lettori

Preferiamo non entrare nel merito della vicenda: ci sono inchieste in corso della magistratura italiana. Una cosa però riteniamo possa essere detta subito: l’affondamento della Costa Concordia, per come è avvenuto, nella valutazione obiettiva degli elementi salienti, dalla condotta del comando, alla rapidità di affondamento della nave e alla gestione dell’emergenza, potrebbe comportare una rivisitazione delle convenzioni internazionali sulla sicurezza delle navi e della navigazione, cioè, in prima istanza, della Convenzione Solas (Safety of Life at Sea), sulla sicurezza della vita umana in mare, adottata in Italia con legge 23/5/1980 n.313 per la sicurezza della navigazione e della vita umana in mare”.

In questo spazio, intendiamo offrire solo un contributo “normativo” generale che possa aiutare i lettori (molti dei quali sembrano suggestionati dalla diffusione di informazioni spesso) nel seguire la tragedia del Giglio, evidenziando alcuni istituti giuridici del Codice della Navigazione marittima e delle Convenzioni internazionali che, in alcuni casi, possono avere riflessi anche nell’ambito diporto.

Il personale marittimo

Formazione degli Ufficiali di stato maggiore. Nel corso degli anni vi è stata una profonda rivisitazione del sistema d’istruzione degli ufficiali della marina mercantile italiana e il nostro Paese, che ha sempre vantato un livello altissimo di educazione professionale dei propri marittimi, si è dovuto adeguare alla convenzione internazionale STCW (Standards of Training, Certification and Watchkeeping for Seafarers- standsard di addestramento, certificazione e tenuta della guardia), adottata dall’IMO (International Maritime Organization) che impone omogeneità di formazione e competenze per tutti i naviganti a livello mondiale.

Di conseguenza, la preparazione dei vari professionisti del mare, dai marinai agli ufficiali di stato maggiore, sono disciplinati da ciascun Paese membro dell'IMO sulla base di modelli di qualificazione e addestramento comuni.

Non mancano critiche a questo sistema di formazione, soprattutto da parte dei “nostalgici” del “vecchio” ordinamento e dello storico e iperselettivo nostro “Istituto Nautico” (soppresso, come tale nel 2007), che preparava in passato, sia dal punto di vista tecnico, ma anche “caratteriale”, gli aspiranti al Comando di navi mercantili o alla Direzione di macchina, cioè gli allievi ufficiali indirizzati all’addestramento a bordo per il proseguimento della carriera. Secondo le precedenti norme, ora superate dall’STCW, per diventare Capitani di lungo corso, quindi per assumere il comando di talune tipologie di navi o imbarcare come primo ufficiale di coperta su qualsiasi nave, oltre al Nautico, era necessario conseguire il “patentino di aspirante” e poi la “patente”, con esami presso la Capitaneria, e con un’esperienza di navigazione non inferiore a 5 anni e mezzo, di cui almeno uno fuori dallo stretto di Gibilterra o dal Canale di Suez. Per le navi passeggere di maggiore stazza, il titolo richiesto era di Capitano superiore di lungo corso, con dieci anni di navigazione sulle spalle in qualità di Capitano, tre dei quali già al comando.

Nelle linee generali, l’iter formativo di un ufficiale STCW di marina mercantile e di un Comandante prevede ancora l’addestramento a bordo e il superamento di corsi ed esami specifici.

Senza addentrarci troppo nella materia, le tappe professionali (per i ruoli di coperta) sono in sintesi le seguenti:

- Allievo Ufficiale di coperta, che è primo passo di accesso alla carriera (è sufficiente possedere, come titolo di studio minimo, un qualsiasi diploma di scuola media superiore ed avere superato un corso di 500 ore su materie nautiche); l’allievo coadiuva gli altri ufficiali di bordo.

- Ufficiale di navigazione (l’abilitazione si consegue dopo aver navigato 12 mesi come allievo e superato corsi di formazione). Imbarca come terzo o secondo ufficiale di coperta.

- Primo Ufficiale di coperta (l’abilitazione si consegue dopo aver navigato 24 mesi come Ufficiale di navigazione e superato corsi di formazione ed esami). Imbarca con tale qualifica.

- Infine,  Comandante, la cui abilitazione si consegue dopo aver navigato 12 mesi come Primo Ufficiale di coperta.

 

Il comando della nave

La figura del Comandante è una delle più complesse nel quadro del diritto marittimo, coinvolgendo aspetti tecnici, privatistici e amministrativi di grande rilievo. In qualità di capo dell’equipaggio, è al vertice dell’organizzazione nave-spedizione.

La preposizione al comando è conseguenza di una nomina di libera scelta dell’armatore che può ritirarla in ogni momento. Salvo in alcuni casi. E’ infatti talmente importante che una nave disponga sempre di un “capo”, per gli interessi pubblici, che il diritto di nomina del comandante da parte dell’armatore può essere surrogato. Ad esempio, in caso di morte o impedimento del Comandante il comando della nave passa per legge, secondo un ordine gerarchico, ad altro ufficiale di coperta, fino al nostromo.

 

Ruoli e compiti fondamentali del comandante e dell’equipaggio

Al comandante della nave, in modo esclusivo, spetta la direzione della manovra e della navigazione. Il comandante rappresenta l’armatore. (rif. all’art. 295 del Codice della Navigazione).

In caso di morte, assenza o impedimento del comandante, il comando spetta agli ufficiali di coperta, nell’ordine gerarchico, e successivamente al nostromo, fino al momento in cui giungano disposizioni dell’armatore o, in mancanza di queste, fino al porto di primo approdo, ove l’autorità preposta alla navigazione marittima o interna ovvero l’autorità consolare nomina il comandante per il tempo necessario. (rif. all’art. 293 del Codice della Navigazione)

Prima della partenza il comandante, oltre a promuovere la visita nei modi previsti dal Codice della Navigazione deve di persona accertarsi che la nave sia idonea al viaggio da intraprendere, bene armata ed equipaggiata. Deve altresì accertarsi che la nave sia convenientemente caricata e stivata.(rif. all’art. 297 del Codice della Navigazione)
 

Il comandante, anche quando sia obbligato ad avvalersi del pilota, deve dirigere personalmente la manovra della nave all’entrata e all’uscita dei porti, dei canali, dei fiumi e in ogni circostanza in cui la navigazione presenti particolari difficoltà. (rif. all’art. 298 del Codice della Navigazione)


Se nel corso del viaggio si verificano eventi che mettono in pericolo la spedizione, il comandante deve cercare di assicurarne la salvezza con tutti i mezzi che sono a sua immediata disposizione o che egli può procurarsi riparando in un porto ovvero richiedendo l’assistenza di altre navi. (rif. all’art. 302 del Codice della Navigazione)

 

L’abbandono della nave
Il comandante non può ordinare l’abbandono della nave in pericolo se non dopo esperimento senza risultato dei mezzi suggeriti dall’arte nautica per salvarla, sentito il parere degli ufficiali di coperta o, in mancanza, di due almeno fra i più provetti componenti dell’equipaggio.
Il comandante deve abbandonare la nave per ultimo, provvedendo in quanto possibile a salvare le carte e i libri di bordo, e gli oggetti di valore affidati alla sua custodia. (rif. all’art.303 del Codice della Navigazione)

A quest’ultimo riguardo, il Codice della Navigazione prevede al capitolo “Dei delitti contro la polizia di bordo” pene severissime per l’abbandono della nave in pericolo da parte del comandante:

“Il comandante, che, in caso di abbandono della nave, del galleggiante o dell’aeromobile in pericolo, non scende per ultimo da bordo, è punito con la reclusione fino a due anni.
Se dal fatto deriva l’incendio, il naufragio o la sommersione della nave o del galleggiante, ovvero l’incendio, la caduta o la perdita dell’aeromobile, la pena è da due ad otto anni. Se la nave o l’aeromobile è adibito a trasporto di persone, la pena è da tre a dodici anni. (rif. all’art.1097 del Codice della Navigazione)

 

Equipaggio e passeggeri

Il componente dell’equipaggio, che non esegue un ordine di un superiore concernente un servizio tecnico della nave, del galleggiante o dell’aeromobile, è punito con la reclusione fino a tre mesi.
Se l’ordine è dato per la salvezza della nave, del galleggiante o dell’aeromobile o per soccorso da prestare a nave, galleggiante, aeromobile o persona in pericolo, la pena è della reclusione da uno a quattro anni. (rif. all’art.1094 del Codice della Navigazione)

 

Il componente dell’equipaggio, che senza il consenso del comandante abbandona la nave o il galleggiante in pericolo, è punito con la reclusione fino a un anno.
Se dal fatto deriva l’incendio, il naufragio o la sommersione della nave o del galleggiante ovvero l’incendio, la caduta o la perdita dell’aeromobile, la pena è da due ad otto anni. Se la nave o l’aeromobile è adibito a trasporto di persone, la pena è da tre a dodici anni. (rif. all’art.1098 del Codice della Navigazione)


Il passeggero, che non esegue un ordine concernente la sicurezza della nave o dell’aeromobile, è punito con la reclusione fino a tre mesi ovvero con la multa fino a euro 206,00 . (rif. all’art.1095 del Codice della Navigazione)

 

Segnali di allarme a bordo e al ruolo di appello

In merito all’argomento, sempre a proposito del disastro della Costa Concordia, sono state fornite da vari organi di stampa “interpretazioni”  di legge troppo frettolose. Ci sembra giusto puntualizzare qui alcuni passaggi normativi.

I segnali di allarme, stabiliti dal Regolamento per la sicurezza della navigazione e della vita umana in mare (D.P.R. 8 novembre 1991, n. 435), sono i seguenti:

a) «uomo in mare»: uno squillo di sirena oppure un colpo lungo di fischio quando manchi la sirena;

b) «incendio grave a bordo»: due squilli lunghi di sirena oppure due colpi lunghi di fischio, quando manchi la sirena; tale segnale deve essere seguito dal suono rapido e continuo, per non meno di 10 secondi delle campane e dei campanelli di allarme di bordo con l'indicazione, a mezzo altoparlante, se esiste, del punto dove si trova il focolaio dell'incendio;

c) «allarme generale di emergenza»: una successione di non meno di sette colpi brevi di fischio o squilli brevi di sirena, seguiti da uno lungo, insieme con il suono della suoneria di allarme e degli altri apparecchi sonori eventualmente esistenti nei vari locali.

 

Quest’ultimo, l’allarme generale di emergenza, non implica necessariamente l’immediato abbandono nave che, nell’eventualità, deve essere  dichiarato “verbalmente” dal comandante.

Al segnale, l’equipaggio e i passeggeri devono raggiungere i punti di riunione, pronti per abbandonare la nave, rimanendo in attesa dell’ordine (impartito, se le circostanze lo consentono, per altoparlante e seguito dal suono continuo dei campanelli di allarme fino a quando l'abbandono non è completato).

 

Sul ruolo d’appello, cioè sui compiti e le mansioni dell’equipaggio in caso di emergenza sottolineiamo che il citato regolamento di sicurezza, in merito alle navi passeggere, attribuisce anche al “personale di servizio di camera” (adibito ai servizi alberghieri, cucina, ecc.), particolari adempimenti, per i quali viene specificatamente addestrato:

a) avvisare i passeggeri;

b) curare che i passeggeri siano convenientemente vestiti e che indossino in modo appropriato le cinture di salvataggio, assicurandosi che nessuno sia rimasto nelle cabine od altri locali di alloggio;

c) tenere l'ordine nei passaggi e nelle scale e, in generale, regolare il movimento dei passeggeri; d) radunare i passeggeri ai punti di riunione;

e) disciplinare l'imbarco dei passeggeri sui mezzi di salvataggio;

f) curare che una conveniente provvista di coperte sia collocata nelle imbarcazioni;

g) impiegare la squadra di pronto intervento.

 

E infine, quando su una imbarcazione di salvataggio non vi sono né ufficiali di coperta né il capo lancia o il suo sostituto, né marittimi abilitati, il comando dell'imbarcazione stessa spetta alle altre persone dell'equipaggio della nave, secondo l'ordine gerarchico di cui all'Art. 321 del codice della navigazione, cioè sino al personale della categoria “comuni”.

 

La navigazione in sicurezza

Il capitolo sicurezza della condotta della navigazione è molto articolato e regolato da una serie cospicua di norme internazionali quali la SOLAS (nello specifico, regole per la “Safety of Navigation” ) e il codice STCW, di cui abbiamo accennato all’inizio. Poi ancora dal regolamento per prevenire gli abbordi in mare (Colreg) e anche da regolamenti comunitari che recepiscono altre disposizioni IMO, come il codice IMS (International Safety Management) di gestione della sicurezza delle navi e di prevenzione dell’inquinamento. Senza escludere le leggi nazionali operanti in materia.

In ogni caso, riassumendo, l’esecuzione della navigazione entro standard elevati di sicurezza (limiti di distanza dei passaggi sotto costa o da altri bersagli, definizione della rotta, mantenimento della velocità ecc.) è demandata sempre ed esclusivamente alle decisioni e responsabilità del Comandante della nave.

I Governi dei singoli Stati devono valutare, prevalentemente per determinati tratti di mare su cui hanno giurisdizione, la necessità di adottare provvedimenti normativi per evitare situazioni di pericolo, esistenti ed oggettive o che possano prevedibilmente insorgere in determinate circostanze.

Norme a cui il comando della nave, in questo caso, deve obbligatoriamente attenersi.

Ad esempio, riferendoci alla navigazione da diporto, le ordinanze “estive” , impartite dall’Autorità marittima, sui limiti di navigazione costiera e velocità delle imbarcazioni, a difesa dei bagnanti, hanno proprio questa valenza.

 

Il soccorso

L’istituto giuridico dell’assistenza e del salvataggio, oltre che dal Codice della Navigazione, è definito, soprattutto nei termini operativi, dal D.P.R. 28.9.94 n.662, regolamento di attuazione della Convenzione di Amburgo del 27 aprile 1979 sulla ricerca e il salvataggio marittimo.

 

La differenza sostanziale tra assistenza e salvataggio (anche per la definizione delle eventuali conseguenze economiche che ricadono sulla nave assistita o salvata), è chiaramente indicata dal Codice della Navigazione al capitolo “obblighi”.

L’argomento è di stretto interesse anche per i diportisti, che spesso sottovalutano i contraccolpi per le proprie tasche derivanti da imprudenze o leggerezze – come, ad esempio, restare senza carburante in mare - che poi comportano una richiesta di aiuto.

 

Art. 489 - Obbligo di assistenza

L’assistenza a nave o ad aeromobile in mare o in acque interne, i quali siano in pericolo di perdersi, è obbligatoria, in quanto possibile senza grave rischio della nave soccorritrice, del suo equipaggio e dei suoi passeggeri, oltre che nel caso previsto nell’articolo 485, quando a bordo della nave o dell’aeromobile siano in pericolo persone.
Il comandante di nave, in corso di viaggio o pronta a partire, che abbia notizia del pericolo corso da una nave o da un aeromobile, è tenuto nelle circostanze e nei limiti predetti ad accorrere per prestare assistenza, quando possa ragionevolmente prevedere un utile risultato, a meno che sia a conoscenza che l’assistenza è portata da altri in condizioni più idonee o simili a quelle in cui egli stesso potrebbe portarla.
Art. 490 - Obbligo di salvataggio
Quando la nave o l’aeromobile in pericolo sono del tutto incapaci, rispettivamente, di manovrare e di riprendere il volo, il comandante della nave soccorritrice è tenuto, nelle circostanze e nei limiti indicati dall’articolo precedente, a tentarne il salvataggio, ovvero, se ciò non sia possibile, a tentare il salvataggio delle persone che si trovano a bordo.
È del pari obbligatorio, negli stessi limiti, il tentativo di salvare persone che siano in mare o in acque interne in pericolo di perdersi.

In altre parole, l’assistenza è prestata nei confronti della nave in pericolo; il salvataggio, nei confronti della nave in pericolo e incapace di governare.

Qui la giurisprudenza in materia è veramente vasta e principalmente insiste sulla distinzione tra prestazioni e l’insorgere dei relativi diritti, intervenendo anche nelle formule contrattuali internazionali relative all’opera del soccorso.

E’ importante però considerare che sia l’assistenza, sia il salvataggio non sono prestazioni gratuite, se operate da navi “qualsiasi” , a ciò non obbligate da compiti istituzionali (Capitaneria di porto o altri corpi dell’Amministrazione dello Stato).

 

Indennità e compenso per assistenza o salvataggio di nave o di aeromobile. Così il Codice della Navigazione
L’assistenza e il salvataggio di nave o di aeromobile, che non siano effettuati contro il rifiuto espresso e ragionevole del comandante, danno diritto, entro i limiti del valore dei beni assistiti o salvati, al risarcimento dei danni subiti e al rimborso delle spese incontrate, nonché, ove abbiano conseguito un risultato anche parzialmente utile, a un compenso.
Il compenso è stabilito in ragione del successo ottenuto, dei rischi corsi dalla nave soccorritrice, degli sforzi compiuti e del tempo impiegato, delle spese generali dell’impresa se la nave è armata ed equipaggiata allo scopo di prestare soccorso; nonché del pericolo in cui versavano i beni assistiti o salvati e del valore dei medesimi.

 

Come dicevamo all’inizio, il D.P.R. 662/94 ha riformato il quadro operativo dell’attività di soccorso e salvataggio in mare, alla cui direzione è posto il Comando Generale della Capitanerie di Porto , che è l’organismo nazionale che assicura il coordinamento generale dei servizi di soccorso marittimo (I.M.R.C.C.  - Italian Maritime Rescue Coordination Center).

Seguono le Direzioni marittime (attualmente, in numero di 13), che  costituiscono i centri secondari di soccorso marittimo (M.R.S.C. – Maritime Rescue Sub Center); e, infine, i Comandi di Porto (Capitanerie di Porto e uffici secondari), quali unità costiere di guardia (U.C.G.)

Ovviamente, le unità navali ed aeromobili dell’Amministrazione delle Capitanerie, appositamente allestite, formano la forza in campo del soccorso marittimo.

L’I.M.R.C.C. e l’M.R.S.C., possono richiedere l’intervento della Marina Militare e dell’Aeronautica Militare in caso di necessità; e le UCG quello delle altre Amministrazioni dello Stato o di privati (per i quali valgono sempre le disposizioni del sopra citato art. 491 del C.N.), per il  concorso di mezzi navali o aerei ai fini delle operazioni di soccorso.

 

Non ci addentriamo troppo nei particolari, rimandando i lettori alla consultazione dell’abbondante documentazione che la Capitaneria mette a disposizione del pubblico anche nei propri siti web.

E’ fuori di dubbio che sotto l’aspetto funzionale delle attività di soccorso e salvataggio in mare il nostro Paese è ottimamente preparato e quanto è stato fatto per il naufragio della Costa Concordia è lì a dimostrarlo.

 

La sicurezza della nave

Sempre in merito al disastro della nostra nave Costa, in molti si chiedono come un’unità di 150 mila tonnellate di stazza (GT- gross tonnage: stazza lorda “internazionale”), di quasi 200 metri di lunghezza e 40 di larghezza, pur danneggiata gravemente, presentando un’apertura di via d’acqua (falla) di diverse diecine di metri nel senso longitudinale, possa essere affondata nel giro di così poche ore.

La stessa domanda guiderà le inchieste “tecniche” che lo Stato italiano deve attivare in risposta a quanto stabilito, come dicevamo all’inizio, dalla Convenzione SOLAS:

 

Capitolo I

Parte C

Regola 21 Sinistri

a.Ogni Amministrazione s’impegna a effettuare un’inchiesta per ogni importante sinistro marittimo occorso a una delle sue navi sottoposte alle disposizioni della presente Convenzione se tale inchiesta potrebbe aiutare a stabilire se convenga modificare le presenti Regole.

b.Ciascun Governo contraente s’impegna a trasmettere all’Organizzazione tutte le informazioni riguardanti la conclusione di dette inchieste. Nessun rapporto o raccomandazione dell’Organizzazione basato su tali informazioni deve rivelare l’identità o la nazionalità delle navi cui si riferisce, o in qualsiasi modo stabilire o lasciar presumere una responsabilità da parte di qualsiasi nave o persona.

 

Il punto nodale della discussione tecnica verterà senza dubbio sui criteri di compartimentazione stagna della nave, cioè sulla capacità della stessa di galleggiare in seguito ad allagamento.

La “compartimentazione” è uno degli argomenti più delicati e difficili della progettazione navale. Talmente macchinoso, in risposta proprio alle regole della Solas, che non è facile nemmeno da riassumere.

Quindi, proviamo a dare solo un’idea di massima del metodo di calcolo.

 

Le navi da passeggeri, in particolare, devono essere compartimentate (cioè disporre di “volumi” stagni) il più efficacemente possibile, compatibilmente con la forma, l’immersione e altre caratteristiche peculiari.

Uno dei punti tecnici di partenza per la definizione del “grado di compartimentazione” è la c.d. lunghezza allagabile, che corrisponde, per ciascuna zona della nave, alla di lunghezza di questa che può essere allagata senza che la nave stessa s’immerga oltre un certo limite. Da tale dato si ricava la lunghezza ammissibile per i singoli compartimenti, considerando la permeabilità di ciascuno, cioè la quantità d'acqua che può  effettivamente entrare in relazione con gli ingombri esistenti, tenendo conto che per la nave integra, nelle diverse condizioni di servizio, deve essere prevista una stabilità tale che dopo l’allagamento di un qualsiasi compartimento principale la nave resista allo stato finale dell’allagamento.

In generale, la stabilità allo stato integro deve essere tale che la nave resista all’allagamento di due (o tre, a seconda dei casi) compartimenti contigui. Deve anche essere verificato che non si presentino condizioni di instabilità nelle fasi intermedie dell'allagamento.

di Christian Signorelli

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