13 June 2017

Osmosi, come curarla

Trattamenti e interventi preventivi per la conservazione della carena e gli errori da non commettere
Negli ultimi anni la tecnologia per trattare le carene ha fatto buoni passi avanti, così come l’esperienza di molti cantieri. Il primo passo da fare è eliminare le parti della carena difettose e non più recuperabili. Dunque a seconda del grado di danno dovuto a osmosi, verrà scelta la tipologia di asportazione del materiale degenerato. Se, per esempio, attraverso le rilevazioni di umidità si capisce che il fenomeno interessa solo il geal-coat e i primi strati di laminazione, si può procedere alla loro asportazione con una sabbiatura leggera o, ancora meglio, con l’asportazione meccanica per mezzo di apposite macchine robotizzate dotate di pialle elettriche o pneumatiche.

In caso di danni più gravi e profondi, è necessario l’utilizzo di ambedue i sistemi, delegando la rimozione dei primi strati alla piallatura meccanica e la rottura degli strati o nelle zone delle bolle più profonde a una idrosabbiatura. Dato che queste attrezzature sono costose, non tutti i cantieri ne dispongono e talvolta ricorrono a rimozioni approssimative operando con azioni meccaniche grossolane o con sistemi abrasivi.

L’idrosabbiatura è uno dei migliori metodi di lavoro in quanto rimane l’unico sistema per rompere tutte le bolle osmotiche o i vuoti di lavorazione, e permette di esporre tutte le parti attaccate a una asciugatura completa con una sicura riuscita della lavorazione. L’asciugatura è una fase fondamentale per la durata del lavoro e può avvenire in via naturale o forzata. La via naturale prevede, dopo la sabbiatura, che la barca sia esposta al sole e all’aria per un certo periodo.

La posizione geografica e la scelta del luogo sono importanti per ridurre l’umidità

Ad esempio le zone della laguna veneta, e le foci dei fiumi sono in genere molto soggette a umidità (talvolta anche in piena estate) e quindi sono posti poco adatti al lavoro. I mesi ideali per asciugare una barca vanno da aprile a ottobre. Se fosse possibile è bene cercare un ricovero al coperto in un capannone chiuso e riscaldato nei periodi più freddi. Con cadenza settimanale per i primi due mesi e poi mensile, è necessario eseguire dei lavaggi in alta pressione con acqua calda, per rimuovere l’acido che tende a portarsi in superficie. Il lavaggio è importante perché elimina anche le altre impurità dalla superficie.

Le variazioni di umidità

Per valutare i miglioramenti la carena deve essere misurata periodicamente con un igrometro, negli stessi punti, annotando la variazione di umidità. L’interno della barca deve esser pulito e asciutto, i serbatoi dell’acqua svuotati. L’asciugatura forzata è richiesta quando la naturale non fa effetto. Per fare ciò si possono utilizzare deumidificatori industriali e lampade al quarzo. Il deumidificatore è molto efficiente perché interviene su tutta l’area della carena.

asciugature fatte all’esterno, conviene racchiudere la carena della barca in una serra in teli di plastica chiusi con nastro adesivo resistente agli ultravioletti e può aiutare l’uso di una stufetta elettrica di tipo domestico, per alzare la temperatura rispetto a quella esterna. L’applicazione dei teli di plastica attorno alla carena serve solo per evitare dispersione di calore.
Se non vi è un sistema di riscaldamento si crea un effetto condensa sul lato interno del telo e il solo telo è un sistema inutile e inefficace, insomma non pensate di mettere la barca in serra... Un sistema di recente introduzione prevede l’applicazione di un sacco a vuoto di dimensioni 1 m x 1 m termoriscaldato, che elimina l’umidità. È un sistema efficace, ma non diffuso poiché i trattamenti per alcuni cantieri sono una fonte di guadagno sicura. In realtà il sistema chiamato HotVac può essere noleggiato con costi contenuti anche per il fai da te.
Il vantaggio del riscaldamento è di sciogliere tutto il liquido presente nella vetroresina anche in profondità e quindi consentire asciugature più mirate e performanti. In genere in uno o due mesi la barca è asciutta. Nel caso di uno scafo ricoverato che mantiene valori di umidità alti, anche dopo alcuni mesi di asciugatura, è bene procedere a una seconda sabbiatura o rimuovere completamente uno strato di vetroresina. Il ciclo preventivo come spesso accade, prevenire è meglio che curare…

La protezione è meglio della cura ed è sensato proteggere una barca nuova come lo è per una più vecchia, ma con carena in buono stato. Per ottenere questa protezione è necessario rivestire lo scafo con una barriera impermeabile all’acqua. Questo procedimento viene eseguito applicando dei prodotti sul gelcoat preesistente. Su scafi vecchi si fa dopo la completa rimozione dei vari strati di antivegetativa (utilizzare un raschietto, prodotti svernicianti o sabbiatura con farina di polenta quando ci sono molti strati) ed essersi assicurati che il laminato e lo scafo presentino valori di umidità vicino allo zero.
Nello scafo vecchio dopo un accurato lavaggio con acqua dolce e una giusta asciugatura, esso verrà ispezionato con cura per scorgere eventuali segni di danni o spaccature che andranno preventivamente riparati prima della stesura del ciclo epossidico preventivo. Il ciclo preventivo consiste nello stendere un fondo epossidico a due componenti (matrice e catalizzatore), applicabile come una pittura, a rullo o pennello (resa 8 lt/mq) o spruzzo (resa 3 lt/mq).

Attenzione ai tempi e alle temperature di utilizzo oltre ai dosaggi che devono essere precisi, pesati e non misurati, poiché i componenti non hanno lo stesso peso specifico. Su scafi nuovi costruiti con resina poliestere o vinilestere prima dell’applicazione di qualsiasi prodotto epossidico, bisogna che lo scafo stesso sia uscito dallo stampo da almeno quattro settimane per consentire una completa catalisi delle resine di laminazione. Lo scafo verrà poi lavato e sgrassato dalle tracce dell’agente distaccante presente nello stampo, leggermente carteggiato e protetto con un ciclo epossidico preventivo.

Errori comuni

Un trattamento preventivo o antiosmosi fatto sopra alla antivegetativa è inutile, perché non c’è adesione tra i due materiali, e inoltre l’acqua tende a infilarsi dalla zona del galleggiamento, nella zona del timone o della deriva, facendo sì che il gelcoat resti a contatto con l’acqua e creando una via per l’osmosi. Inoltre l’antivegetativa si staccherà, asportando il trattamento, lasciando esposte diverse zone senza adeguata protezione.

Un’altra tendenza è di ridurre il numero di mani che invece deve essere corretto come da scheda prodotto, un minor numero di mani significa minor protezione. Eseguire un ciclo con resina epossidica con carena ancora umida o peggio con bolle, crea gravi deficienze nel manufatto. Anche se la carena apparirà liscia e perfetta, il laminato avrà alcune zone più umide con residui di acido, che lavorerà dall’interno e porterà alla creazione di deformazioni esterne. Con la rimozione della resina epossidica sarà possibile vedere come la bolla si sia sviluppata verso l’interno andando in profondità. Si rischiano perfino fori passanti. Rimuovere l’epossidica catalizzata è un lavoro difficile e oneroso.

Riparare la carena

La chiusura delle bolle e il rifacimento di uno strato di vetroresina sono necessari quando le bolle superano lo spessore del gelcoat e lasciano in evidenza il laminato. Se la bolla è piccola sarà sufficiente applicare della resina epossidica, mentre se la carena è danneggiata e la superficie molto irregolare, sarà necessario applicare delle pezze o rifare il fondo con Mat 250 gr/mq prima e due stuoie leggere da 200 gr/mq incrociate, di facile lavorazione.
Stuoie più pesanti di solito non stanno in opera, poiché si lavora in posizioni scomode, opposti alla forza di gravità, così che il peso della stuoia anche se impregnata di resina, la fa staccare dalla carena. Quindi di solito è meglio applicare due strati leggeri incrociati invece di uno solo, ma pesante, qualora occorra avere uno strato consistente. Un ultimo strato Mat 150 gr/mq, leggerissimo, darà una superficie relativamente omogenea al tutto. Per completare l’opera ci vuole uno stucco a base epossidica (lo stucco a base poliestere non va bene) pesante prima e poi leggero (più lavorabile), e il tutto lisciato con carta vetro. Lo stucco verrà poi protetto da ulteriori mani di resina epossidica e quindi si potrà procedere al primer e all’applicazione dell’antivegetativa. In caso di scafi lavorati con sandwich se il core è intaccato, sarà necessario tagliare la pelle superiore e lasciare il core esposto a vista nell’opera viva per poi rilaminare dall’esterno usando un sacco a vuoto.
Nel caso del sandwich bisogna ricordare che molto spesso si tratta di lavorazioni di tecnologia evoluta (per esempio Kevlar ed Epossidica, o carbonio) che dovrebbero essere quasi esenti dall’osmosi vera e propria. Nel caso il core sia umido è possibile che la radice del problema siano infiltrazioni (da prese a mare, altri fori) o rotture strutturali che hanno aperto crepe o avviato delaminazioni.

Come intervenire

Il trattamento preventivo è applicato in genere a rullo, esistono buoni prodotti di varie case in genere specializzate in vernici o resine. Queste sono alcune regole base che vi consigliamo di seguire scrupolosamente:
Pulire, sgrassare il fondo da ogni traccia di antivegetativa o residuo di cera
Carteggiare il gelcoat ad acqua con carta di vetro grana 200
Verificare l’umidità e se necessario aspettare (deve essere intorno al 10%)
Verificare la temperatura dell’aria in genere che deve essere maggiore di 10°C, l’umidità e le previsioni meteo. L’orario di lavoro consigliato è dalle 10.00 alle 14.00 per evitare prima l’umidità mattutina, poi l’eccessiva calura che accelera la reazione di indurimento del trattamento
Preparare il prodotto secondo le istruzioni del fornitore, pesandone le quantità base e indurente. Di solito il rapporto è 3:1. Mescolare separatemente prima di miscelare per l’applicazione.
Applicare minino cinque mani di prodotto (spessore totale 250 micron).
Rispettare i tempi di ricopertura tra uno strato e l’altro per ottenere la migliore adesione, se questi non vengono rispettati usare cartavetro grana 150 sullo strato precedente, pulire e riprendere il ciclo.
I migliori risultati si ottengono con temperature intorno ai 18°-20° gradi.
Non diluire i prodotti con solventi che sono sempre “alleati” dell’osmosi.
Leggere la scheda prodotto e verificarne la compatibilità con altri prodotti o materiali usati.

Consigli importanti

I passascafi devono essere tolti, poiché verrebbero rovinati dalle sabbiature e per impermeabilizzare bene il foro attraverso lo scafo.
I crateri più profondi dovranno essere stati precedentemente bagnati / ricoperti con un pennello sporco di resina per andare bene in profondità, picchiettando sulla fibra. Dopo 2-3 ore, stuccare quanto necessario con stucco a essiccazione rapida, lavorando sulla resina ancora appiccicaticcia. Se la temperatura esterna è di 10 - 15 °C, si raccomanda l'impiego di stucco a reazione rapida.
Nel caso di carene con diffusi crateri di osmosi, occorre rivestire la carena interamente di stucco epossidico ad alta penetrazione applicato con spatola rigata incrociando una passata con l’altra. Successivamente, quando questo sarà asciutto, andrà applicato uno stucco leggero che sarà carteggiato fino ad “avviare” la carena, cioè ottenere una carena liscia senza salti o gradini. Lo stucco dovrà essere carteggiato prima dell'applicazione delle ulteriori mani di resina epossidica.
Applicare la prima mano con un rullo a schiuma sottile, e lavorare il prodotto sulla superficie con un pennello.
Applicare 3 successive mani di resina a rullo, ad almeno 150 micron per mano. È possibile per alcuni prodotti, utilizzare una tecnica "bagnato su appiccicoso" ricoprendo le varie mani ad intervalli ridotti. Non appena la resina ha raggiunto una consistenza sufficiente, può essere ricoperto con se stessa, anche se la superficie risultasse ancora appiccicosa.
L ‘applicazione a rullo richiede di stendere il film di prodotto velocemente, mentre con un pennello permetterà ad eventuali bolle d'aria di liberarsi.
Non impiegare le resine per i cicli antiosmosi per lavori di laminazione.

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