Per valutare i miglioramenti la carena deve essere misurata periodicamente con un igrometro, negli stessi punti, annotando la variazione di umidità. L’interno della barca deve esser pulito e asciutto, i serbatoi dell’acqua svuotati. L’asciugatura forzata è richiesta quando la naturale non fa effetto. Per fare ciò si possono utilizzare deumidificatori industriali e lampade al quarzo. Il deumidificatore è molto efficiente perché interviene su tutta l’area della carena.
asciugature fatte all’esterno, conviene racchiudere la carena della barca in una serra in teli di plastica chiusi con nastro adesivo resistente agli ultravioletti e può aiutare l’uso di una stufetta elettrica di tipo domestico, per alzare la temperatura rispetto a quella esterna. L’applicazione dei teli di plastica attorno alla carena serve solo per evitare dispersione di calore.
Se non vi è un sistema di riscaldamento si crea un effetto condensa sul lato interno del telo e il solo telo è un sistema inutile e inefficace, insomma non pensate di mettere la barca in serra... Un sistema di recente introduzione prevede l’applicazione di un sacco a vuoto di dimensioni 1 m x 1 m termoriscaldato, che elimina l’umidità. È un sistema efficace, ma non diffuso poiché i trattamenti per alcuni cantieri sono una fonte di guadagno sicura. In realtà il sistema chiamato HotVac può essere noleggiato con costi contenuti anche per il fai da te.
Il vantaggio del riscaldamento è di sciogliere tutto il liquido presente nella vetroresina anche in profondità e quindi consentire asciugature più mirate e performanti. In genere in uno o due mesi la barca è asciutta. Nel caso di uno scafo ricoverato che mantiene valori di umidità alti, anche dopo alcuni mesi di asciugatura, è bene procedere a una seconda sabbiatura o rimuovere completamente uno strato di vetroresina. Il ciclo preventivo come spesso accade, prevenire è meglio che curare…
La protezione è meglio della cura ed è sensato proteggere una barca nuova come lo è per una più vecchia, ma con carena in buono stato. Per ottenere questa protezione è necessario rivestire lo scafo con una barriera impermeabile all’acqua. Questo procedimento viene eseguito applicando dei prodotti sul gelcoat preesistente. Su scafi vecchi si fa dopo la completa rimozione dei vari strati di antivegetativa (utilizzare un raschietto, prodotti svernicianti o sabbiatura con farina di polenta quando ci sono molti strati) ed essersi assicurati che il laminato e lo scafo presentino valori di umidità vicino allo zero.
Nello scafo vecchio dopo un accurato lavaggio con acqua dolce e una giusta asciugatura, esso verrà ispezionato con cura per scorgere eventuali segni di danni o spaccature che andranno preventivamente riparati prima della stesura del ciclo epossidico preventivo. Il ciclo preventivo consiste nello stendere un fondo epossidico a due componenti (matrice e catalizzatore), applicabile come una pittura, a rullo o pennello (resa 8 lt/mq) o spruzzo (resa 3 lt/mq).
Attenzione ai tempi e alle temperature di utilizzo oltre ai dosaggi che devono essere precisi, pesati e non misurati, poiché i componenti non hanno lo stesso peso specifico. Su scafi nuovi costruiti con resina poliestere o vinilestere prima dell’applicazione di qualsiasi prodotto epossidico, bisogna che lo scafo stesso sia uscito dallo stampo da almeno quattro settimane per consentire una completa catalisi delle resine di laminazione. Lo scafo verrà poi lavato e sgrassato dalle tracce dell’agente distaccante presente nello stampo, leggermente carteggiato e protetto con un ciclo epossidico preventivo.