19 June 2015

Dal Tino all’Elba a bordo del Sangermani Chin Blu III

75 miglia sul percorso isola del Tino/Elba nella regata sociale AIVE riservata alle vele d’epoca, varate prima del 1975. Quindici le imbarcazioni al via

Dal tino all’elba a bordo del sangermani chin blu iii

Abbiamo partecipato a una delle regate del campionato A.i.v.e.-Panerai, a bordo del Sangermani Chin Blu III dell’armatore Giuseppe Caurso, comandato da Franco Della Pina. È stata una tappa molto impegnativa (Regata Sociale AIVE Open) partita alle 21:30 circa di venerdì 12 giugno dallo start fissato sull’allineamento dei 90 gradi bussola dal faro dall’isola del Tino davanti a Portovenere (SP), e arrivata al largo di Portoferraio all’Isola d’Elba, con un giro di boa fissato sull’allineamento per 240 gradi bussola da Punta Falconaia e il finish tra una boa “in prossimità”, come si leggeva nelle istruzioni di regata, e la barca giuria.

 

Erano 75 miglia in totale di regata d’altura, con una partenza caratterizzata da un vento molto leggero, intorno ai 6 nodi, e un arrivo faticoso, segnato dal vento sostenuto intorno ai 20 nodi con raffiche fino a 25, che è montato nella notte e non ha mai smesso di soffiare sulle prue delle 15 imbarcazioni coinvolte, con conseguente onda lunga da affrontare e bolina stretta da mantenere, visto che la direzione del vento era Sud-Est costante.

 

Inizialmente, rotta per 160 gradi, in un unico bordo con mure a dritta, fino al traverso delle secche di Vada, poi una serie di bordi, complicati sempre dall’onda lunga fastidiosa, dovuta al vento teso.

Abbiamo scelto di restare all’incirca al centro del campo di regata, ma si sa, come tutte le strategie di gara la scelta poteva non corrispondere a un “buono” del vento e, in effetti, è stata un po’ deludente. Quella che ha premiato di più è stata la rotta secca verso la costa e poi sempre parallela e vicina alla costa, che consentiva di sfruttare le brezze e ridurre i salti del vento tipici della tarda mattinata.

 

In molti, comprese le due imbarcazioni della Marina Militare che hanno vinto, hanno scelto la rotta più esterna e al largo della costa, su una layline diretta verso Sud, per poi risalire. Consentiva di usare lo spinnaker a lungo, ma corrispondeva a una maggiore distanza da coprire, che con il poco vento iniziale poteva essere molto pericolosa. Invece, anche questa ha premiato, pur non risultando la più veloce.

 

Comunque, al di là delle strategie, quello che va considerato in queste regate sono le differenze tecniche fra le diverse imbarcazioni partecipanti, che, anche se colmate dal rating e dalle classifiche overall, restano evidenti.

È difficile fare dei paragoni precisi, anche solo per le modalità di navigazione con cui le sfidanti possono affrontare il vento, in base alle diverse velature di cui dispongono.

 

Il bello di fare un’esperienza velica simile è che ti riporta indietro nel tempo, alle tradizioni della marineria, per alcuni fattori (come per esempio il fatto che tutti i winch non abbiano il self tailing e richiedano il fissaggio della scotta con un mezzocollo dato sul verricello, piuttosto che un nodo in galloccia) e ti aiuta a sviluppare le abilità nautiche, visto che lavorare veloci con molti più comandi manuali da seguire e nodi da fare complica il gioco, però, allo stesso tempo ti mantiene nel presente: infatti, al contrario di quanto ci si sarebbe aspettato, il Sangermani del 1965 ha un gioco vele molto attuale.

 

Dunque si sono combinati il fascino del mogano dal sapore degli anni antichi, con quello della competizione accesa, che ha portato il prodiere a cambiare quattro vele di prua, compreso un code 1 montato sul frullino, il tutto in poche ore. Chiaramente le imbarcazioni in regata sono molto diverse tra loro, perciò questo tipo di giochi è possibile sugli sloop marconi e sui ketch.

 

Altre prevedono giochi differenti e ancora più complicati, come vale per Manitou, lo yawl ad armo ketch del 1937 appartenuto a Kennedy e risultato terzo classificata di tappa. Gli Sparkman & Stephens Yawls cambiano decisamente rispetto ai Sangermani, anche per un semplice fatto di epoche di costruzione. Infatti concorrono in classi differenti per il regolamento dell’A.i.v.e.: vintage e classic yacht. Un ragionamento analogo si fa per i Fife, di cui si ammira la livrea con la coda del dragone disegnata sulla murata al giardinetto di poppa e la testa sul mascone di prua.

In generale, gli equipaggi sulle imbarcazioni che partecipano a questo campionato sono per la maggior parte composti da professionisti e da velisti di alto livello, con esperienze fatte nei campionati IMS europei e mondiali, che possono vantare liste di imbarchi infinite. Però, proprio con la loro professionalità, sono in grado di ospitare e istruire a bordo anche appassionati meno esperti, che abbiano la voglia di mettersi alla prova. Diventa un’occasione per sfruttare qualche buon consiglio e migliorare la propria tecnica velica.

 

Non è impossibile trovare un imbarco nell’Aive, che non è affatto un campionato riservato a pochi come si potrebbe pensare: esiste anche una lista di candidature all’imbarco che funziona sul sito dell’Aive (www.aive-yachts.org). Vale la pena provare. Soprattutto per i più giovani.

 

Infine, un’altra differenza tra le regate classiche dei monotipi o dell’IMS è che nel circuito A.i.v.e. in ogni porto si assiste a una continua manutenzione delle barche con lavori e attrezzi anche particolari da falegnameria, che di certo non si vedono nel mondo delle barche moderne. E anche questo è affascinante, perché ha il sapore del mare di un tempo.

 

www.aive-yachts.org

 

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