La nautica ha bisogno di consenso
Perché un settore come il nostro che distingue l’Italia genera solo disagio? Perché non siamo bravi a farci conoscere
di Giorgio Casareto
Alla domanda di quali siano le misure necessarie per il miglioramento del sistema portuale turistico in Italia, sento spesso rispondere che basterebbe guardare alla Francia e alle sue modalità di sviluppo, ma non credo che questo sia il solo messaggio chiave.
Ciò che ci penalizza non è (solo) l’approccio al territorio, ma anche l’atteggiamento verso la nautica. Prima di parlare di tasse, aliquote, agevolazioni etc. vitali per gli operatori del settore in vista della ripresa dobbiamo concentrarci sulle persone. Mi riferisco alla gente comune, che quando fa un giro in porto o vede una barca, subito riconduce i diportisti a un contesto negativo di lusso e di eccessivo privilegio.
L’impressione è che la nautica sia solo autoreferenziale, senza considerare che esiste un mondo che la circonda e del cui riconoscimento ha grande bisogno. Una barca è prima di tutto emozione, navigare è emozione e anche un porto lo è. E sono queste emozioni che ci guidano. Una vettura e una moto sportiva, un capo firmato, un gioiello generano sentimenti spesso forti, anche nelle persone che non ne entreranno mai in possesso. Però, attraverso quell’emozione, partecipano a uno spirito di identità nazionale perché orgogliosi dell’eccellenza del proprio paese.
Perché tutto questo non accade quando si parla anche di barche? Perché un settore che distingue l’Italia genera così grande disagio? Perché non siamo bravi a farci conoscere.
Occorre, quindi, parlare a queste persone e aprire le porte del nostro mondo, far sapere chi siamo, come realizziamo i nostri prodotti, la ricchezza che generiamo e quante famiglie vivono grazie al nostro lavoro.
Dobbiamo guadagnarci un consenso e un rispetto che ci appartengono di diritto per il contributo economico che diamo al Paese, liberandoci dell’etichetta di privilegiati.
Infine, a livello più tecnico, ecco alcuni spunti che possono servire al decollo del sistema portuale:
• armonizzazione dell’Iva allo stesso livello delle strutture alberghiere (10%);
• criteri di calcolo imposte (IMU, Tarsu, canoni demaniali) analoghi e coerenti per tutti i porti. Oggi strutture site nel raggio di 50 km hanno livelli di imposizione difformi tra loro a scapito di una corretta concorrenza;
• l’introduzione nel Codice della Navigazione con poche norme che consentano ai marina di essere tutelati nei casi di morosità, oltre al conferimento di status normativo del contratto di ormeggio che, inesistente sotto il profilo giuridico, viene equiparato ad altri quali i campeggi;
• un network a gestione centralizzata tra porti strategicamente distribuiti sul territorio per presentarsi come unico interlocutore in grado di proporre un pacchetto vacanza a chi naviga lungo le nostre coste. Il tour-operator della portualità.
Oggi, parlare di vera ripresa è prematuro, ma certamente è il momento di sostenere i primi segnali positivi che arrivano dal mercato.