27 February 2008

Estate storta

Una collisione lontano dalla costa, un incendio a bordo, furti, truffe. Non serve incrociare le dita, l’estate è il periodo più caldo per tutti gli incidenti e i sinistri marittimi. Come reagire quando le cose vanno male davvero. “Ci hanno sfiorato in alto mare, a 10 miglia dalla costa. Ci hanno mancato per un pelo, poteva essere una strage. Abbiamo avvisato la Capitaneria locale”. Questa in sintesi la lettera di uno skipper che ha vissuto la drammatica esperi...

Introduzione

Una collisione lontano dalla costa, un incendio a bordo, furti, truffe. Non serve incrociare le dita, l’estate è il periodo più caldo per tutti gli incidenti e i sinistri marittimi. Come reagire quando le cose vanno male davvero. “Ci hanno sfiorato in alto mare, a 10 miglia dalla costa. Ci hanno mancato per un pelo, poteva essere una strage. Abbiamo avvisato la Capitaneria locale”. Questa in sintesi la lettera di uno skipper che ha vissuto la drammatica esperienza di un quasi investimento nelle acque della Toscana. (Pubblichiamo il testo per intero nella rubrica La voce dei lettori sulla rivista). Quante volte si rischia e tutto va liscio per un soffio? E se l’abbordaggio si verifica? Quante volte è successo nei mari italiani negli ultimi anni, quali i punti pericolosi? Abbiamo chiesto l’opinione di chi lavora sulle navi e i dati ufficiali delle Capitanerie sugli episodi degli ultimi mesi. I mesi estivi sono il periodo delle denunce per furti di imbarcazioni. Vediamo cosa fare nel caso. Le truffe sono anch’esse in aumento, è possibile tuttavia cercare di difendersi e soprattutto nelle fasi di compravendita agire con cautela e fare dei controlli. Se un sinistro o un incidente si verifica o si è vittime di imbrogli o furti ecco che scendono in campo le assicurazioni. Nell’articolo centrale i consigli su come affrontare il rapporto con le compagnie.

Quasi collisioni

Quasi collisioni L’opinione di chi vede le unità da diporto dalla plancia di una nave. Come affrontare il rischio di “abbordi in mare”. Ogni anno una decina di episodi nel nostro Paese. Ma molto più numerosi gli incidenti sfiorati. Le statistiche sono numeri aridi ma all’occorrenza bisogna saperli leggere. Sull’argomento collisioni in mare, ci siamo rivolti alla banca dati Sar (Search and Rescue) attraverso le Capitanerie. Nel 2006 si sono verificate 10 collisioni tra barche da diporto e 5 tra unità da diporto e altre unità. Non sono moltissime, ma il traffico nel Mediterraneo è in espansione, e soprattutto le navi corrono di più di una volta. Nel Mar Ligure i traghetti veloci percorrono la rotta Savona-Bastia più volte al giorno in poco più di tre ore ad alta velocità. Gli aliscafi utilizzati per le comunicazioni con le isole minori arrivano a 40 nodi. Se la collisione avviene si può perdere l’imbarcazione, anche la vita. Durante la stagione estiva le coste del Mediterraneo diventano incredibilmente affollate. Gli italiani rispolverano la loro indole marinara e sciolgono gli ormeggi, dalle grandi unità a barchini di pochi metri. Come tutti gli anni, a settembre faremo i conti con il bollettino delle chiamate di soccorso, degli interventi delle motovedette e degli elicotteri, e ci racconteremo della bella paura presa (se c’è andata bene). L’affollamento del mare sottocosta è un bel problema, e in molti casi ci sono rischi di collisioni, non solo tra imbarcazioni e natanti, ma anche tra imbarcazioni e navi, che in genere producono danni più gravi. Quindi nella fascia fino a tre miglia dalla costa le probabilità sono per uno scontro tra barche da diporto, al largo con navi o unità da lavoro. I dati indicano chiaramente che la maggior parte dei sinistri e delle quasi collisioni si verifica in agosto. Nell’agosto 2006 sono state soccorse 678 barche da diporto, in gennaio 22. L’ufficiale di plancia Ci racconta l’ufficiale di plancia: «Molto spesso le imbarcazioni che incrociamo sono condotte da persone che non hanno alcuna idea di cosa sia navigare. Prendiamo le barchine e i gommoni a noleggio, che avendo il motore di potenza limitata possono essere condotti senza patente: tante volte sono affidati a gente che li usa come un’automobile, non hanno conoscenza dei segnali, e se ricevono qualche osservazione rispondono con arroganza. Li vediamo spesso passare pochi metri dalle boe di segnalazione dei sub in immersione, atterrare sulle spiagge con l’acceleratore a manetta, e fare la barba agli scogli incuranti del possibile travolgimento di qualche bagnante. Un’ altra categoria di quelli “che non accostano mai” sono i pescatori alla traina. Il semplice fatto di avere una lenza fuori bordo pare li autorizzi ad andare dritti. Da qualche parte, probabilmente, hanno letto che le imbarcazioni intente alla pesca hanno delle precedenze, ma pare non si siano occupati di approfondire più di tanto. Nella migliore delle ipotesi si tratta di persone che si mettono in barca pochi giorni all’anno... » Incrociare un nave In altura non è infrequente l’incontro con traghetti e navi. E’ possibile osservare, dal ponte di una nave che s’avvicina alla costa, un certo nervosismo a bordo delle barche da diporto che tagliano la rotta. Le manovre d’evasione sono nervose, poco fluide, a volte si intuisce che il timoniere non ha le idee chiare su come comportarsi. Alla base di quest’insicurezza ci sono due ragioni: la scarsa conoscenza del regolamento per evitare gli abbordi in mare, e una conoscenza ancor più scarsa sul comportamento evolutivo delle navi. Vediamo alcune cognizioni base. In genere i traghetti e le navi passeggere non sostano in rada: hanno le loro banchine, e la loro puntualità è un punto di forza del loro sforzo commerciale. Nei porti hanno sempre la precedenza, e per governare devono procedere con una certa velocità. Approssimandosi alle aree portuali il diportista deve sempre controllare che non ci siano navi in manovra, e in questo caso è necessario stare alla larga.

Distanze

Distanze di sicurezza Le distanze di sicurezza crescono proporzionalmente con il dislocamento, perciò se 10 metri sono abbastanza per due barche da diporto, con le navi l’ordine di grandezza è delle centinaia di metri. Attendere che la nave si liberi dal porto non è solo una utile precauzione, ma è anche una conseguenza logica del regolamento. Le navi in manovra hanno a riva il segnale “H”, che testualmente significa “ho il pilota a bordo”. Per altre navi l’arrivo coincide spesso con una sosta in rada. Le zone per la fonda di solito sono ben indicate sulla carta nautica, quindi controllatela prima. Chi esce a vela davanti a un porto commerciale per fare due bordi farebbe bene a verificare dove sono le zone d’ancoraggio riservate alle navi. Non si tratta, sia chiaro, di aree interdette, ma solo di aree da considerare un po’ a rischio. Le navi in arrivo, infatti, potrebbero dirigersi verso quell’ area, a velocità ridotta, e perciò con minore capacità evolutiva. Una volta dato fondo faranno marcia indietro, e in questo caso è meglio non passare attorno alla poppa. Per andare alla fonda non è sempre necessario avere il pilota a bordo: non fidiamoci troppo dell’assenza di segnali. Capita spesso, quando c’è molto traffico diportistico, che tante imbarcazioni diano fondo a lato della diga foranea allargandosi sempre di più fino occludere l’accesso al porto. Anni fa, alle Eolie, qualche cosa di simile rese una manovra d’entrata così complicata che un aliscafo finì per fracassarsi sulla diga foranea. Certo si potrebbe chiedere all’Autorità Marittima di intervenire, ma riteniamo che un comportamento responsabile sia più sicuro di un’ingiunzione. Quando si dà fondo bisogna sempre assicurarsi di non costituire intralcio per nessuno, anche se il vento dovesse girare. Negli stretti, anche se non segnalato sulle carte, è possibile che ci siano ordinanze che prescrivano l’obbligo da parte del naviglio da diporto di dare precedenza a quello commerciale. In caso di dubbio, controllate le ordinanze locali, oggi molto più accessibili di un tempo (tutte le ordinanze sono on line sul sito www.guardiacostiera.it). In altre circostanze la nave potrebbe issare un cilindro nero. Questo segnale, proprio solo delle navi a propulsione meccanica, indica che la stessa ha difficoltà di manovra per via del pescaggio. In tal caso ha precedenza. Un aspetto spesso poco compreso è la visibilità di chi è in plancia. Molte navi, specie se di una certa lunghezza, hanno difficoltà a vedere un oggetto che si trovi nei pressi della prua. La loro zona cieca è abbastanza ampia, e ne va tenuto conto.

Equipaggi

Equipaggi ridotti Una particolarità delle navi che solcano il Mediterraneo è che sono autorizzate ad avere una tabella d’armamento ridotta. La ragione per cui le autorità facciano questo “sconto” non è chiara, ma il risultato è infausto. Il ritmo di lavoro, ripartito tra un numero minore di persone, crea problemi, specie quando si terminano le operazioni commerciali e si cominciano quella di navigazione. Gli ufficiali accumulano 18, 20 ore di lavoro continuato, e poi debbano rimettersi in mare. A questo pare sia imputabile il fatto che oltre il 70% dei sinistri marittimi avvenga proprio nelle prime 24 ore di navigazione. In molti casi sappiamo di navi dove ci sono solo comandante e il primo ufficiale che si alternano in turni di sei ore. Considerando che a bordo c’è molto altro da fare, oltre a portare la nave, è chiaro che dopo qualche tempo il carico di lavoro finisce per logorare l’attenzione e la concentrazione del personale. Su molte navi il servizio di vedetta è stato praticamente soppresso: la navigazione elettronica si fa risparmiando sui marinai, perciò sul ponte c’è solo l’ufficiale. Un cronometro segna il tempo e ogni quarto d’ora dev’essere resettato, altrimenti dà l’allarme e sveglia il comandante. In questo modo si dovrebbe far fronte a un eventuale malore dell’ufficiale di guardia. Insomma, guardie sempre più ridotte all’osso.

Chiamata Vhf

La chiamata Vhf Pensateci quando incrociate una nave. E soprattutto, è importante capire se vi abbiano visto o meno. La nave che vi ha avvistato manovra da lontano, e lo fa con accostate ampie e definite, proprio per non lasciare dubbi sulle sue intenzioni. La nave che sembra non averci vista va svegliata, chiamandola per Vhf. Non è necessario conoscere il nome, basta indicare la posizione relativa. Per esempio una chiamata potrebbe essere così: “Nave sulla mia sinistra: qui imbarcazione a vela sul vostro fianco di dritta”. A dispetto della bandiera, sarebbe bene parlare sempre in inglese. Sul ponte potrebbe esserci un ufficiale indiano, filippino... La lingua, per chi va per mare, è sempre l’inglese. Episodi registrati Questi i dati relativi a collisioni e sinistri in mare nel 2006. (Fonte: Guardia Costiera). Collisioni tra unità da diporto • Numero eventi 10 • Unità coinvolte 52 • Persone soccorse 14 Collisioni tra unità da diporto e altre unità • Numero eventi 5 • Unità coinvolte 5 • Persone soccorse 27 Altri tipi di sinistri (unità arenate, incagliate, incendi a bordo, falle) • Unità coinvolte 639 • Persone soccorse 556 Acque a rischio La navigazione sotto costa è sempre quella più pericolosa. Per limitare il rischio d’imbattersi nei folcloristici commodori domenicali è sufficiente allargare la rotta qualche miglio dalla costa. Diverso è l’incontro con le navi. Le incontriamo quando entrano e escono dai porti, ma anche negli stretti, tra cui quello di Messina e le Bocche di Bonifacio. L’area tra Genova, Savona e Capo Corso è parecchio trafficata. Sono incontri che vanno valutati con attenzione, e non è sufficiente ragionare solo in termini di precedenze. Il regolamento per la prevenzione degli abbordi in mare, o più esattamente la Colreg 77, tale è io suo nome, è molto chiaro in proposito. Esso avverte che lo scopo principale è evitare l’abbordo osservando tutte le regole della buona arte navale, e che l’obbligo di scongiurare la collisione è di tutti. Inoltre, qualora per evitare la collisione fosse necessario andare in barba alle regole stesse, bisogna farlo. Tra le leggi del mare la Colreg 77 è, a nostro avviso, una delle più sagge, perché mette il giudizio del comandante e la sua perizia al di sopra del codice stesso quando dice che la stretta osservanza del Regolamento non può essere preso a scusante per non aver evitato la collisione.
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