12 March 2007

Flyer 7.50

Il mondo della progettazione nautica, soprattutto quello delle imbarcazioni a motore, è tendenzialmente conservativo. In primo luogo le carene sono spesso tra loro molto simili, vengono riproposte nel tempo identiche o solo leggermente modificate e in pochi si spingono a cercare nuove strade. E’ per questo che l’arrivo sul mercato dei nuovi Airstep di Bénéteau non possono che essere accolti con grande curiosità e interesse. E’ il frutto di più di due anni di lavor...

Introduzione

Il mondo della progettazione nautica, soprattutto quello delle imbarcazioni a motore, è tendenzialmente conservativo. In primo luogo le carene sono spesso tra loro molto simili, vengono riproposte nel tempo identiche o solo leggermente modificate e in pochi si spingono a cercare nuove strade. E’ per questo che l’arrivo sul mercato dei nuovi Airstep di Bénéteau non possono che essere accolti con grande curiosità e interesse. E’ il frutto di più di due anni di lavoro della casa francese per mano di un trio progettisti: Tronqueez, Jeantet e Tableau che hanno elaborato una nuova formula per disegnare carene di piccole barche (almeno per ora) dal carattere sportivo, ma essenzialmente pensate per la crociera. Vediamo di capire come funzionano gli airstep. L’idea di base è piuttosto semplice, si è cercato di creare una sorta di cuscinetto d’aria tra la superficie dell’acqua e quello dello scafo, per ridurre in maniera sostanziale la resistenza all’avanzamento. Per farlo sono stati realizzati due bocchettoni sulla prua della barca, all’altezza della falchetta, da cui l’aria entra che viene poi convogliata verso poppa, sotto la carena. Qui l’aria esce da due fori a centro barca e comincia a funzionare come un cuscino tra acqua e vetroresina: viene in particolare convogliata dietro due "step" che, e questa è un’altra vera novità rispetto agli step tradizionali, sono orientati verso prua e non verso poppa. Non si cerca quindi di creare una semplice depressione (un gradino dietro al quale viene formarsi un vuoto d’aria) ma si cerca invece di convogliare e accelerare l’aria che arriva da prua. Il cuscino quindi entra realmente in funzione e la barca tende a staccarsi dall’acqua. Questo in teoria, ma funziona?

La barca

La barca Prima di passare a esaminare gli esiti della prova, due parole sulla barca, sulla tipologia del progetto. Abbiamo provato i Flyer 7,50 nelle acque di Valencia in Spagna in due diverse versioni Open e Walkaround (anche se forse sarebbe sta più adatta la definizione Cabin). La filosofia rimane ovviamente la stessa, per una barca di 7,2 metri di lunghezza fuori tutto e 2,52 di larghezza e che tra i due allestimenti il dislocamento varia di poco meno di 200 kg, sui 2.000 complessivi. Il modello WA può contare su un vero e proprio piccolo rifugio a prua, arredato con tavolino centrale abbassabile e trasformabile in cuccetta doppia, un bagno marino e anche un piccolo cucinino. Nella versione open, dove lo volumetrie sono leggermente più contenute (più bassa è infatti la tuga centrale, e anche i passavanti laterali sono più profondi) rimane invece lo spazio per un grande vano per stivare veramente tutto: bagagli, dotazioni e attrezzatura sportiva. In coperta la barca ha un impianto tradizionale, con una postazione di guida ben studiata, con il pilota efficacemente protetto, leve, volante e strumentazione ben posizionate. Nella versione Open l’allestimento è maggiormente orientato verso un uso sportivo e per la pesca. La seduta per pilota e copilota è quindi unica e dietro di sé ha lo spazio per stivare esche e altre attrezzature da pesca. Nella versione WA invece sono previsti tre diversi sedili separati. Diverso ovviamente anche il disegno del triangolo di prua che nel Walkaround diventa un’ unica grande superficie prendisole mentre nella versione open si può montare un piccolo tavolino rotondo al centro della V formata dal divanetto. Il tavolo da pranzo, nella versione WA, può essere invece allestito in pozzetto.

La prova

La prova Ebbene sì, funziona. La carena Airstep regala effettivamente sensazioni diverse dalle carene tradizionali, e anche buoni numeri. La prima sensazione alla guida è quella di un’estrema facilità di conduzione, di morbidezza. Una sensazione che abbiamo potuto rilevare soprattutto in condizioni di acqua perfettamente piatta, qui si ha veramente la sensazione di essere staccati dall’ acqua. Tra le altre cose che ci hanno favorevolmente impressionato sono state la notevole accelerazione e la discreta stabilità anche a barca ferma. Abbiamo potuto provare le barche con sia con la doppia che la singola motorizzazione, sempre Suzuki 4 tempi, due da 140 cv o uno solo da 250. Leggermente migliori risultati, in termini di velocità pura, della prima versione dove si sono sfiorati i 42 nodi mentre nel primo caso si sono di poco superati i 40. Rimangono comunque numeri notevoli visto che siamo davanti a tranquille barche per le vacanze in famiglia. Interessanti anche i dati dei consumi, rilevati con un flussometro: a massima velocità i due 140 cv devono un totale di 90 lt/h, contro gli 85 del 250. La differenza rimane contenuta anche a regime di crociera “tranquilla” 5.000 giri e 32 nodi, si passa dai 64 lt/h della versione con doppi motori ai 52 lt/h di quella singola.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Le ultime prove