Flyer 7.50
Il mondo della progettazione nautica, soprattutto quello delle imbarcazioni a
motore, è tendenzialmente conservativo. In primo luogo le carene sono spesso
tra loro molto simili, vengono riproposte nel tempo identiche o solo
leggermente modificate e in pochi si spingono a cercare nuove strade. E’ per
questo che l’arrivo sul mercato dei nuovi Airstep di Bénéteau non possono che
essere accolti con grande curiosità e interesse.
E’ il frutto di più di due anni di lavor...
Introduzione
Il mondo della progettazione nautica, soprattutto quello delle imbarcazioni a
motore, è tendenzialmente conservativo. In primo luogo le carene sono spesso
tra loro molto simili, vengono riproposte nel tempo identiche o solo
leggermente modificate e in pochi si spingono a cercare nuove strade. E’ per
questo che l’arrivo sul mercato dei nuovi Airstep di Bénéteau non possono che
essere accolti con grande curiosità e interesse.
E’ il frutto di più di due anni di lavoro della casa francese per mano di un
trio progettisti: Tronqueez, Jeantet e Tableau che hanno elaborato una nuova
formula per disegnare carene di piccole barche (almeno per ora) dal carattere
sportivo, ma essenzialmente pensate per la crociera. Vediamo di capire come
funzionano gli airstep.
L’idea di base è piuttosto semplice, si è cercato di creare una sorta di
cuscinetto d’aria tra la superficie dell’acqua e quello dello scafo, per
ridurre in maniera sostanziale la resistenza all’avanzamento. Per farlo sono
stati realizzati due bocchettoni sulla prua della barca, all’altezza della
falchetta, da cui l’aria entra che viene poi convogliata verso poppa, sotto la
carena. Qui l’aria esce da due fori a centro barca e comincia a funzionare come
un cuscino tra acqua e vetroresina: viene in particolare convogliata dietro due
"step" che, e questa è un’altra vera novità rispetto agli step tradizionali,
sono orientati verso prua e non verso poppa.
Non si cerca quindi di creare una semplice depressione (un gradino dietro al
quale viene formarsi un vuoto d’aria) ma si cerca invece di convogliare e
accelerare l’aria che arriva da prua. Il cuscino quindi entra realmente in
funzione e la barca tende a staccarsi dall’acqua. Questo in teoria, ma
funziona?
La barca
La barca
Prima di passare a esaminare gli esiti della prova, due parole sulla barca,
sulla tipologia del progetto. Abbiamo provato i Flyer 7,50 nelle acque di
Valencia in Spagna in due diverse versioni Open e Walkaround (anche se forse
sarebbe sta più adatta la definizione Cabin). La filosofia rimane ovviamente la
stessa, per una barca di 7,2 metri di lunghezza fuori tutto e 2,52 di larghezza
e che tra i due allestimenti il dislocamento varia di poco meno di 200 kg, sui
2.000 complessivi.
Il modello WA può contare su un vero e proprio piccolo rifugio a prua, arredato
con tavolino centrale abbassabile e trasformabile in cuccetta doppia, un bagno
marino e anche un piccolo cucinino. Nella versione open, dove lo volumetrie
sono leggermente più contenute (più bassa è infatti la tuga centrale, e anche i
passavanti laterali sono più profondi) rimane invece lo spazio per un grande
vano per stivare veramente tutto: bagagli, dotazioni e attrezzatura sportiva.
In coperta la barca ha un impianto tradizionale, con una postazione di guida
ben studiata, con il pilota efficacemente protetto, leve, volante e
strumentazione ben posizionate.
Nella versione Open l’allestimento è maggiormente orientato verso un uso
sportivo e per la pesca. La seduta per pilota e copilota è quindi unica e
dietro di sé ha lo spazio per stivare esche e altre attrezzature da pesca.
Nella versione WA invece sono previsti tre diversi sedili separati. Diverso
ovviamente anche il disegno del triangolo di prua che nel Walkaround diventa un’
unica grande superficie prendisole mentre nella versione open si può montare un
piccolo tavolino rotondo al centro della V formata dal divanetto. Il tavolo da
pranzo, nella versione WA, può essere invece allestito in pozzetto.
La prova
La prova
Ebbene sì, funziona. La carena Airstep regala effettivamente sensazioni diverse
dalle carene tradizionali, e anche buoni numeri. La prima sensazione alla guida
è quella di un’estrema facilità di conduzione, di morbidezza.
Una sensazione che abbiamo potuto rilevare soprattutto in condizioni di acqua
perfettamente piatta, qui si ha veramente la sensazione di essere staccati dall’
acqua. Tra le altre cose che ci hanno favorevolmente impressionato sono state
la notevole accelerazione e la discreta stabilità anche a barca ferma.
Abbiamo potuto provare le barche con sia con la doppia che la singola
motorizzazione, sempre Suzuki 4 tempi, due da 140 cv o uno solo da 250.
Leggermente migliori risultati, in termini di velocità pura, della prima
versione dove si sono sfiorati i 42 nodi mentre nel primo caso si sono di poco
superati i 40. Rimangono comunque numeri notevoli visto che siamo davanti a
tranquille barche per le vacanze in famiglia. Interessanti anche i dati dei
consumi, rilevati con un flussometro: a massima velocità i due 140 cv devono un
totale di 90 lt/h, contro gli 85 del 250.
La differenza rimane contenuta anche a regime di crociera “tranquilla” 5.000
giri e 32 nodi, si passa dai 64 lt/h della versione con doppi motori ai 52 lt/h
di quella singola.
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