Fondali senza segreti
Settembre 2001, il titolo Echi Profondi
introduceva un test di 10 pagine e otto ecoscandagli di nuova generazione, per
l’epoca. I prezzi andavano da un minimo di 686.000 lire a un massimo di
1.267.000. Tutti rigorosamente con schermo in bianco e nero. Di colore, in quel
periodo, neanche a parlarne, era un lusso dei costosissimi modelli
professionali. Settembre 2005, altra prova (con titolo Il fondale in diretta),
dieci modelli con una proporzione colore/bianco e nero cambiata nettamente: 7 a
3. I prezzi andavano da un minimo di 346 euro a un massimo di 1.188. Giugno
2009, ancora dieci modelli per tutte le tasche, per ogni utilizzo ed esigenza,
soprattutto quelle “amatoriali”. Le categorie sono due: multifunzione
chartplotter/fishfinder e solo eco. Le differenze di prezzo sono decise. Per i
primi ci vuole una cifra che va dai 900 ai 1.500 euro, per gli altri tra i 300
e 540 euro, con l’eccezione di un modello entry level in bianco e nero che ne
costa solo 100.
Ovviamente il mercato propone molti altri modelli e questo non vuol essere un
test comparativo né di confronto bensì una guida ai prodotti più interessanti
per il diportista. Differenze tra le due categorie? Soprattutto di praticità
nella gestione delle schermate. I multifunzione hanno schermi più grandi, tra i
5” e i 7”, più agevoli da consultare e dalla risoluzione maggiore. Vanno meglio
su barche di medie dimensioni, in cui c’è bisogno anche di carteggiare, per
spingersi in battute di pesca che non siano solo una facile, per quanto
gustosa, traina costiera. Possono memorizzare waypoint, rotte, secche. Un
sistema completo per gestire tutta la giornata, dal raggiungimento della zona
di pesca allo studio del fondale, alla ricerca di pesce. I più piccoli hanno
display tra i 4,3” e i 5”, sono ideali per barche dove lo spazio a disposizione
non eccede, dove c’è bisogno di uno strumento più compatto come barche aperte,
gommoni, piccoli fisherman. E per chi vuole spendere meno. Nella nostra prova
abbiamo cercato di esaminare prodotti di “primo prezzo”, ovvero in kit con
trasduttori di plastica da specchio di poppa. Sono più economici e più facili
da installare. Ma per chi vuole prestazioni maggiori e immagini più nitide
esistono trasduttori con prestazioni superiori. Sono quelli passanti in bronzo.
Non possono essere montati su tutti i tipi di carene, costano cari – qualche
centinaio di euro – e richiedono installazioni molto precise, visto che si deve
bucare lo scafo.
Come scegliere
Prima di esaminare alcuni trucchi è importante fare una breve premessa per
meglio comprendere il funzionamento di questi strumenti. Esistono tre dati
tecnici fondamentali: la potenza (Watt), la frequenza del sonar (Hz) e l’angolo
del cono con cui il segnale viene emesso, misurato in gradi. Nella scelta del
modello di eco e di trasduttore più adatto alle nostre esigenze di pesca è
quindi fondamentale ricordare questi tre dati tecnici e comprenderli a fondo.
Uno dei principali errori commessi da chi si avvicina per la prima volta a
questo settore è la falsa convinzione che strumenti più potenti garantiscano
prestazioni migliori in senso assoluto. La potenza non è direttamente
proporzionale alla capacità di leggere con precisione i fondali più profondi,
infatti il suono ha maggiore capacità di propagarsi in un fluido più è bassa la
sua frequenza. Ne consegue che è la frequenza che, abbinata alla potenza dello
strumento, incide in modo deciso sulle prestazioni degli ecoscandagli. Le
frequenze disponibili sul mercato sono le più varie e ne esistono da 400, 200,
125, 50 e anche 28 kHz. Si potrebbe ora pensare che la soluzione migliore sia
scegliere un ecoscandaglio ad alta potenza e con bassa frequenza, ma questa
soluzione non è sempre ideale per due motivi. Il primo è che un’alta potenza
porta a qualche problema quando si pesca su bassi fondali. Quindi per chi
pratica la traina con il vivo, o qualsiasi tipo di traina lenta con esche
affondate - di solito praticata su batimetriche comprese tra i 20 e i 30 metri
- gli eco troppo potenti non rappresentano la soluzione ideale. Il secondo
problema è invece che le basse frequenze hanno un cono d’uscita del suono più
ampio degli altri strumenti.
Di conseguenza quando si legge il fondo si crede di esaminare la porzione di
fondale proprio sotto la barca, mentre in realtà, se il cono è troppo ampio, la
porzione di fondale letta dall’eco aumenta in modo esponenziale. Questa volta
il problema è legato alle alte profondità, infatti leggendo lo scandaglio si
potrebbe essere convinti di calare i nostri filaccioni o bolentini di
profondità sulla cigliata di una secca mentre magari siamo a 50 metri dalla
stessa. Facciamo un esempio pratico per spiegare meglio: poniamo per assurdo di
avere una frequenza così bassa da emettere un cono con un angolo di 45°, questo
fascio di onde colpisce una fascia di fondo quasi pari alla profondità che
viene letta. Di conseguenza se stiamo calando le nostre esche su una secca
posta a 80 metri, quello che leggiamo sullo schermo del nostro eco è il fondo
sotto la nostra barca per un raggio di 40 metri. Per risolvere questo problema
ci vengono in aiuto gli strumenti con trasduttore a doppia frequenza e funzione
dual screen, infatti esaminando in contemporanea le due letture effettuate con
frequenze differenti si potranno notare le differenze e meglio comprendere la
conformazione del fondale. Appare quindi evidente che non esiste un
ecoscandaglio migliore di altri in senso assoluto, ma che in base al tipo di
pesca che pratichiamo, alle batimetrie su cui caliamo le nostre esche, e ai
luoghi in cui ci rechiamo di solito, occorrerà scegliere un eco con potenza e
frequenza coerenti con i nostri obiettivi.
Come riconoscere i pesci
Per molte tecniche di pesca risulta poi fondamentale capire quali siano i pesci
che passano sotto la nostra barca. Una volta ottenuta una certa esperienza
riusciremo infatti a capire, in base al tipo di segnale riportato sullo
schermo, se sotto di noi stia passando un tonno piuttosto che una ricciola o un
dentice. L’identificazione del pesce presente sotto la nostra barca dipenderà,
oltre che dalle informazioni riportate dall’eco, anche dalla conoscenza delle
abitudini delle prede e dal luogo in cui ci troviamo nel momento in cui viene
effettuata la lettura. Se stiamo pescando in drifting su un fondale di oltre
100 metri sarà improbabile che i pesci segnalati sullo schermo siano
rappresentati da ricciole o dentici, altresì se stiamo trainando un’esca viva
su un fondale di 25 metri difficilmente sarà un tonno a formare una V
rovesciata sul nostro schermo. Tutti i pesci di una certa dimensione sono
infatti letti dall’eco con una forma che ricorda una V rovesciata e in base
alle dimensioni e alla forma di questo segno dovremo arrivare a capire quale
sia la potenziale preda di passaggio sotto il nostro scafo. Più il pesce si
muove in modo veloce più la V rovesciata sarà stretta.
La V che indica la presenza di tonni è infatti strettissima, per via della
grande velocità di movimento di questo tunnide, mentre il dentice,
caratterizzato da basse velocità avrà V piuttosto ampie. Un caso particolare è
dato dalla ricciola che tende a cambiare spesso la profondità a cui staziona in
modo repentino. Il risultato in questo caso è rappresentato da strani archi
invece delle classiche V. Anche il tombarello, però, si comporta spesso nello
stesso modo e di conseguenza la traccia sullo schermo sarà uguale nel caso di
due pesci così diversi. Come si può allora capire quale delle due specie stia
nuotando sotto la nostra chiglia? In questo caso l’unica possibilità per il
pescatore è abbinare una certa deduttività a una buona esperienza che consenta
una corretta “pesatura” del pesce in base al segnale sullo schermo. In questi
casi un grande aiuto al pescatore è dato dagli schermi a colori che rendono la
“pesatura” della nostra potenziale preda più intuitiva e precisa.
Il trasduttore
Quando si deve posizionare il trasduttore sulla carena di solito occorre forare
lo scafo nella zona poppiera e lasciare che lo stesso lavori a diretto contatto
con l’acqua. Per evitare tutta una serie di problematiche legate a questa
prassi esiste una soluzione alternativa attuabile però solo se la nostra barca
ha una carena in vetroresina a sezione unica. In questo caso si può creare un
contenitore cilindrico di dimensioni ridotte riempito di acqua o olio di
vaselina dentro al quale posizionare il trasduttore e fissare poi il
contenitore nella parte interna della carena.
In questo caso il trasduttore non è a diretto contatto con l’acqua marina, ma
nonostante ciò il fascio di ultrasuoni passa senza problemi attraverso la
vetroresina garantendoci comunque una lettura del fondo ottimale. In questi
casi si è registrata al massimo una perdita di potenza del 5%, valore peraltro
compensabile dallo strumento stesso intervenendo sulla sua regolazione.