Intervista a ferragamo
Ci sono gli Swan e le altre barche… nella vela. Più o meno da quarant’anni le
cose funzionano così. In pochi anni il cantiere fondato a Pietarsaari dal
finlandese Pekka Kosenkyla nel 1966, a 170 chilometri dal circolo polare
artico, ha conquistato una leadership assoluta. Altri hanno senz’altro
innovato, hanno costruito il progresso e cambiato le barche a vela, ma quel
senso di intrinseca qualità non riesce a restituirlo nessun marchio. Perché la
storia di Nautor si intreccia con quella dei progettisti migliori, con scelte
di rigore, di innovazioni collaudate. Dal 98, anno di una forte crisi del
lavoro in Finlandia (Nautor era sostanzialmente a capitale pubblico) è divenuto
azionista di maggioranza (una maggioranza vera) Leonardo Ferragamo. Da allora
sono stati anni anche difficili che hanno visto molti cambiamenti: la creazione
di una divisione dedicata ai one off, l’inseguimento del mercato verso
dimensioni sempre più importanti. La creazione di nuovi monotipi. Secondo noi
ancora oggi lo Swan resta lo Swan: nel senso di quella barca a vela con la tuga
filante, appena pronunciata, come siamo abituati a immaginarla in rada, che
sfida ogni tempo, pronta a partire e a non patire… Un po’ come l’intramontabile
48 Jacobite che ha vinto la Swan Cup tra i Classic. Per la cronaca Aqua
Equinox, un 56, ha vinto tra i racer, DSK Comifin tra i 45 e Moneypenny tra i
601. In totale a porto Cervo sono arrivati 116 Swan, probabilmente la regata
più importante, almeno per numeri, della stagione dello Yacht Club Costa
Smeralda. Proprio a Porto Cervo abbiamo incontrato Leonardo Ferravamo dove ha
navigato con il più recente Cuordileone, uno Swan 601 con Paul Cayard nel ruolo
di tattico.
Quando ha iniziato a pensare a Nautor Swan come una cosa sua?
«L’avventura con Swan inizia molto tempo prima della acquisizione del marchio e
del cantiere: sono sempre stato appassionato da queste barche. Come armatore le
avevo apprezzate da lungo tempo. Questo mi ha portato ad avvicinarmi e
comprendere questa realtà: quando ho visto il cantiere mi ha semplicemente
strabiliato per le capacità artigianali, per il grande ‘commitment’ alla
qualità. Ho cominciato a sognare, a cercare quali aggiunte, quali contributi
potevo dare al cantiere. Da questo è nata l’avventura: dalla convinzione che
finlandesi e italiani hanno delle forti caratteristiche, non sovrapponibili.
Avevo il sogno di vedere un’interazione tra le due culture. Ci ho creduto
moltissimo e credo che quello che è successo nell’azienda in questi anni sia
soprattutto il risultato di questa miscela».
Quali sono le chiavi di questo grande successo?
«Credo che alla base ci sia una grande passione. Quando nei progetti c’è
passione si emana quell’energia positiva che si trasforma in voglia di vincere,
di fare meglio degli altri. E’ un concetto molto generico, ma è davvero la base
del successo. Ma l’ho percepito fin dalla prima volta, vedendo queste persone
lavorare. Lo facevano con una professionalità e una capacità che non avevo mai
visto altrove. Questo è senz’altro uno dei primi elementi. Poi nella storia
della Nautor hanno sempre trovato fantastici armatori che hanno aggiunto
passione e contenuti, che sono poi alla base del successo di Swan».
Gli Swan sono certamente di lusso... ma di che tipo?
«E’ un bel lusso, nel senso che è un lusso vero: non c’è ostentazione, solo l’
esibizione di un marchio o di valori che non sono rappresentati dal marchio.
Nel marchio Swan c’è affidabilità, consistenza, contenuto. E poi il marchio non
si vede, non è scritto in tutta la barca eppure si riconosce subito dalla
personalità. Gli Swan hanno una loro identità che li ha portati a riconoscersi
nel tempo. E ad affermarsi attraverso questa loro identità. Partì anche questo
da una visione, che non è mai cambiata in quarant’anni. E’ un valore di tante
aziende e prodotti e credo lo sia stato anche per Nautor».
Rolex ha iniziato a sponsorizzare le regate proprio attraverso la Swan Cup,
dopo qualche anno di incomprensione siete tornati assieme.
«Sono ormai diversi decenni che Rolex ha creduto in Swan, la prima regata è
stata proprio qui a Porto Cervo, e abbiamo un’ottima relazione con loro. Anche
i loro prodotti puntano alla continuità e all’identità, questo li ha portati ad
essere un marchio straordinario. Sono le cose che, in maniera diversa,
cerchiamo di fare anche noi. E’ proprio attraverso questa coniugazione dello
spirito e delle competenze finlandesi e italiane che cerchiamo di ottenere
questa evoluzione. Negli ultimi anni abbiamo spinto l’evoluzione, supportata da
coraggio e da una visione nuova del prodotto, e alla fine tutti i nuovi modelli
rappresentano questo. Tutti i contenuti intrinseci finnici da una parte con
affidabilità, solidità, performance. Dall’altra, diciamo dal versante italiano,
c’è estetica e attenzione alla modernità, ai materiali, allo stile. Adesso
facciamo tutto quello che la tecnica ci mette in grado di fare, con scelte
comunque fatte in modo molto cauto e collaudato».
Siete soddisfatti del successo dei 45?
«Con la classe Swan 45 abbiamo avuto un grande successo. La chiave è stata
sicuramente una grande azione di marketing, e il fatto che la Nautor offre un
45 piedi, di tradizione, di grande qualità e affidabilità, che coniuga le
performance di una barca sportiva ai comfort per una crociera familiare. Il
tutto unito alla possibilità di fare regate in tempo reale, con una folta
flotta (in Sardegna erano oltre 30 gli scafi sulla linea di partenza) con la
regola dell’owner / driver e la presenza di professionisti a bordo».
E il 601?
«Con i 601 l’idea è di cercare di replicare il riuscito progetto dei 45,
offrendo però prestazioni ancora più elevate dal punto di vista tecnico e della
velocità, con il maggiore comfort che offrono i 60 piedi. Tre comode cabine con
due bagni, un ampia dinette, una cucina molto ben fornita e una zona carteggio
di elevata tecnologia, fanno di questa barca un altro potenziale successo. A
Porto Cervo ci sono quattro scafi, ma prevediamo la realizzazione di altre
imbarcazioni, cercheremo di creare anche con i 601 una classe, così come
abbiamo fatto con i 45. Da non dimenticare il 42 piedi per il New York Yacht
Club».