Intervista ad ernesto bertarelli
Ernesto Bertarelli, presidente di Alinghi, il Defender della 33a America’s Cup,
commenta la 32a edizione nell’intervista che segue.
Quali sono state per Lei la maggior attrazione e la magia dell’America’s Cup?
“L’America’s Cup è il più antico trofeo sportivo del mondo. In essa si fondono
in un unico insieme gli sforzi degli uomini che fanno parte di una squadra, la
tecnologia e gli imprevisti legati all’essenza stessa del mare e del vento.
Questo è quello che abbiamo scoperto nel corso di questa ultima fantastica
edizione”
Quali sono state le ragioni che l’hanno spinta a cambiare il format della 32a
America’s Cup?
“Il concetto di fondo di questo nuovo formato era quello di fare in modo che i
team avessero visibilità anche nel periodo tra le due edizioni. Volevamo essere
sicuri che tutti rimanessero attivi non soltanto da un punto di vista
prettamente sportivo ma anche nel comunicare la passione che abbiamo per questo
sport. Volevamo avere la possibilità di viaggiare, di trasmettere questa
passione e di far capire a quante più persone possibili che sport meraviglioso
è la vela.”
Quanto successo hanno avuto gli Act?
“Gli Act sono stati il più gran successo della 32a America’s Cup. Hanno
rappresentato la via per promuovere l’evento e per portare la Coppa in giro per
l’Europa, ma anche un mezzo per migliorare la qualità dei partecipanti ed
arrivare a quel livello di competitività che poi abbiamo rilevato nel corso
delle regate per l’America’s Cup.
Non credo che le regate con Emirates Team New Zealand sarebbero state così
combattute se non avessimo avuto l’opportunità di regatare negli Act e dunque
di verificare il nostro livello di preparazione diverse volte prima delle
regate finali. Credo che proprio per questo motivo alla fine siamo arrivati
all’ incredibile battaglia navale che tutti hanno potuto ammirare”.
Perchè avevate scelto Valencia come città ospite?
“Valencia ha avuto una parte importante nel successo di questa edizione dell’
America’s Cup. L’intera comunità ha veramente contribuito ad offrire il meglio
di tutta la Spagna in termini di condivisione degli obiettivi più ambiziosi per
lo sport. Hanno realizzato una location fantastica con tutte le infrastrutture
necessarie e un campo di regata eccezionale. Gli spagnoli poi si sono
innamorati della vela e ci hanno dimostrato tutto il loro supporto in ogni
occasione”.
.
Cosa ne pensa della trasformazione che ha avuto Valencia dal 2003?
“La prima volta che siamo stati qui abbiamo trovato una roccia scura senza
forma. Nel corso degli anni questa roccia è stata pulita e controllata da cima
a fondo. Noi abbiamo scoperto una gemma, una bellissima pietra che ha brillato
nel corso delle regate dell’America’s Cup.
Quando avete capito che Alinghi era in vantaggio rispetto ai Challenger?
“In qualche modo l’Act 13 ci ha ingannato. E’ vero che lo abbiamo dominato con
SUI91 e sapevamo che SUI100 era ancora più veloce di SUI91. Probabilmente ci
siamo rilassati leggermente e alla fine siamo rimasti davvero sorpresi dal
fatto che Emirates Team New Zealand fosse così veloce e così competitiva nelle
regate dell’America’s Cup. Tutto questo ci è costato un paio di regate in
termini di punteggio, ma alla fine abbiamo tirato fuori il meglio di noi e
abbiamo vinto”.
Gli Act a Malmo e Trapani sono tra i ricordi più belli, perché avete scelto
queste città?
“Il fine di queste pre regate era proprio quella di consentirci di viaggiare
in Europa, incontrare persone di diversi paesi e avere l’opportunità di entrare
in contatto con culture differenti. A Marsiglia si è svolto il primo Act, poi
Valencia, poi la Svezia e l’Italia. Ognuna di questa località ci ha offerto
qualcosa di molto diverso. Abbiamo avuto un grande successo in Svezia, un paese
dove praticamente tutti sono proprietari di una barca. Loro sono ovviamente
molto vicini al mare in tutti i sensi e comunque sono sportivi appassionati. Un
mese dopo eravamo nel sud dell’Italia dove tutti hanno potuto apprezzare la
passione degli Italiani per la competizione. Per i team e per lo sport in
generale è stata un’esperienza vibrante.
Quali sono i suoi ricordi preferiti di queste due regate?
“Dal punto di vista personale, considerate le mie origini, ho un affetto
speciale nei confronti dell’Italia. A parte questo, una cosa che mi ha fatto
molto piacere è stato vedere la città in uno stato di festa totale. I ragazzi
erano in strada e tutta la città ha contribuito in qualche modo a rendere
questa pre regata un evento davvero speciale. Credo che, al di là di ogni altro
aspetto, sia stato un evento a terra oltre che in mare. Tutto ciò ci ha fatto
capire quanto meraviglioso sia questo sport per il pubblico quando ospitano l’
evento”.
Come Le è sembrato il livello di preparazione dei challenger nella Louis
Vuitton Cup rispetto alla precedente edizione?
“I challenger erano molto più preparati rispetto al 2003. Questo non riflette
necessariamente risultati e i punteggi perché alcuni dei team più preparati
sono usciti dall’evento al termine dei round robin. Penso in particolare a
Mascalzone Latino - Capitalia Team, che ad oggi ha probabilmente una delle
barche più veloci della flotta. Non sono però arrivati in semifinale. Credo che
in molti siano rimasti sorpresi di quanto sia stato difficile regatare nelle
Semifinali e quanto fosse complesso vincere, proteggere il vantaggio o superare
un avversario. Tutto questo si è poi dimostrato ancora più vero nelle regate
dell’America’s Cup, dove non soltanto era necessaria un’ottima velocità della
barca, ma era importante anche essere tatticamente molto brillanti”.
E’ rimasto sorpreso da qualche risultato in particolare della Louis Vuitton Cup?
“Sono rimasto colpito positivamente dal risultato del team spagnolo. La loro è
stata davvero una campagna di successo. Credo abbiano raggiunto tutti i
risultati che si erano proposti e sicuramente diventeranno un team molto forte
nel futuro prossimo. I tre big team erano pronti e si sono dati battaglia senza
esclusione di colpi. Una regata che senz’altro ricordo in modo particolare è
quella tra Luna Rossa Challenge e BMW ORACLE Racing, regata che, al di là del
risultato, ha dimostrato chiaramente quanto siano complesse le condizioni meteo
a Valencia.
E’ più difficile sfidare o difendere?
“Credo sia molto più difficile difendere piuttosto che sfidare. Se in qualità
di Defender perdi l’America’s Cup non hai più nulla cui aggrapparti, hai perso
tutto”.
Una difesa vincente da più soddisfazione di una vittoria come challenger?
“Sicuramente la difesa dell’America’s Cup qui in Europa è qualche cosa di
molto diverso dalla vittoria dell’ultima volta. Potrebbe essere perché è più
vicina e quindi il ricordo è più vivo, ma anche perché questa volta abbiamo
incontrato qualche difficoltà in più per vincere”.
Come si possono paragonare le vittorie di quest’anno e quella del 2003?
“La vittoria del 2003 è come la storia di Cenerentola: era girato tutto a
meraviglia e dalla parte nostra ovviamente. Si è trattato della cavalcata più
dolce di sempre per un Challenger che ha vinto un’America’s Cup; E’ stato un
sogno che è diventato realtà. Questa volta abbiamo dovuto costruire la nostra
vittoria. Negli ultimi quattro anni tutti nel team hanno dovuto lavorare
duramente con l’impegno e la concentrazione necessari per raggiungere il nostro
obiettivo”.
Che voto dà alle prestazioni di Alinghi?
“Credo che le nostre performance siano state eccezionali, in modo particolare
quando, sul 2 a 1 per gli avversari, il team ha continuato a rimanere
concentrato e a credere nella sia forza. Noi avevamo sicuramente la barca più
veloce con qualche margine su ETNZ, più di quanto alcuni possano pensare.
Abbiamo dovuto impegnarci al massimo per sconfiggere una barca neozelandese
molto restia a farsi battere”.
Qual è il suo ricordo preferito della 32a America’s Cup?
“E’ presto per dirlo, ma ogni regata dell’America’s Cup è stata un’esperienza
unica e sorprendente. Credo che il momento in cui ho capito che avevamo davvero
molte possibilità di vincere sia stato dopo la regata n°3. L’abbiamo persa, ma
per qualche ragione ho capito che eravamo più forti di prima e mi sono reso
conto che avremmo vinto di nuovo la Coppa”.
Qual è secondo Lei la differenza tra Alinghi e gli altri team?
“Credo che per capirlo dovreste sperimentarlo di persona. E’ una squadra
costruita sulla diversità dei suoi caratteri; sulle diverse esperienze e
competenze dei suoi dipartimenti, dei suoi tecnici, degli ingegneri, dei
velisti. E’ inoltre un insieme di persone che condividono valori molto forti,
la passione per lo sport e hanno una comune visione di dove andare”.
Se Valencia fosse scelta ancora come la città dove organizzare la
manifestazione, in che modo la Formula 1 e l’America’s Cup lavoreranno insieme?
“Per certi versi sono sport molto simili: tutti e due molto tecnici. Noi
usiamo il vento e loro la benzina e in questo senso c’è ovviamente qualche
differenza. Il successo in questi sport arriva come il prodotto finale dell’
insieme di competenze ed esperienze di un gruppo di persone. Credo che siano
due sport che possono convivere felicemente insieme”.
Come si svolgerà la selezione della località dove svolgere l’evento?
“Il procedimento di selezione della località per la prossima edizione è già
cominciato. Stiamo diligentemente esaminando le differenti opzioni e
sceglieremo il posto che ci offrirà le migliori garanzie”.
Cosa riserva il futuro ad Alinghi?
“Credo che il futuro di Alinghi sia roseo. Abbiamo vinto l’America’s Cup, come
squadra non potremmo chiedere di più. Il team è compatto, solido, abbiamo
sicuramente un futuro. Questa è una certezza”.
Il filmato dell'intervista è disponibile a richiesta. Il file audio è on line
nella sezione media del sito www.alinghi.com.