04 November 2014

L'Italia che eccelle - Marcello Persico di Persico Marine

Prosegue il nostro appuntamento con le interviste alle aziende italiane coinvolte nella Volvo Ocean Race. È la volta di Marcello Persico, responsabile di Persico Marine, divisione nautico dell’azienda bergamasca coinvolta nella costruzione dei Vo65...

L'italia che eccelle - marcello persico di persico marine

Prosegue il nostro appuntamento con le interviste alle aziende italiane coinvolte nella Volvo Ocean Race. È la volta di Marcello Persico, responsabile di Persico Marine, divisione nautico dell’azienda bergamasca coinvolta nella costruzione dei Vo65.

 

Sig. Persico da quanto la vostra azienda è impegnata nella vela e che percentuale rappresenta ?

«Abbiamo iniziato a fare chiglie nel 1993-94, sia per Il Moro di Venezia sia per Wally, ma all’epoca non era ancora un “business vero”. La nostra attività principale è sempre stata l’automotive. Nel 2000 abbiamo iniziato a fare stampi per yacht a motore come Riva, Ferretti e altri. Quando nel 2008 il mercato delle barche a motore da 30-50 piedi si è fermato, abbiamo fatto leva su quanto avevamo maturato nell’ambito dei materiali compositi puntando tutto sulle imbarcazioni da regata.  Quindi abbiamo assunto Mark Somerville, che era il responsabile tecnico di Team Oracle per importare del know how, e abbiamo cominciato con il Vor70 di Abu Dhabi per la scorsa edizione della Volvo Ocean Race, che è stata la prima barca completa da noi costruita. La vela rappresenta il 10% del nostro fatturato».

 

Come è avvenuto il contatto per la Volvo Ocean Race?

«È stato un processo lungo che ci ha visti coinvolti dall’inizio. La scelta è ricaduta su cantieri con elevate caratteristiche di qualità di produzione e di affidabilità aziendale, essendo un progetto su due edizioni non si poteva rischiare di scegliere realtà che magari tra due anni non ci sarebbero più state. le barche devono essere affidabili, uno sponsor che investe 10-20 milioni di euro non può permettersi che la sua barca non arrivi alla fine della tappa».

 

Cosa fate nel processo di costruzione di un Vo65?

«Noi abbiamo realizzato lo stampo dello scafo, che deve essere garantito per durare 20 stampate (quindi 20 barche, n.d.r.).  È uno stampo monolitico in carbonio, credo sia lo stampo più bello che abbiamo mai fatto. Finito lo stampo, la produzione di ogni scafo dura otto settimane: laminiamo con pelle esterna di carbonio, nomex e pelle interna. Poi riceviamo le paratie strutturali dal cantiere Decision in Svizzera, a quel punto togliamo la barca dallo stampo e montiamo il bompresso. In parallelo facciamo i daggerboards (derive, n.d.r.) e costruiamo le scasse all’interno dello scafo. Quindi spediamo tutto a Green Marine, in Inghilterra, che a sua volta riceve e monta la coperta fatta da Multiplast e gli impianti e finisce la barca».

 

Un processo estremamente efficiente!

«Si, secondo me ci sono due concetti innovativi in questo progetto: il primo è il One Design, che è quello che vedono i clienti-regatanti, e il secondo è il consorzio di aziende, l’unico modo per avere sette barche sulla linea di partenza costruite in appena un anno e mezzo».

 

Quali garanzie ci sono che le barche siano veramente tutte uguali?

«Ci sono tutti una serie di controlli di qualità che abbiamo dovuto implementare per questo progetto. Un esempio, per ogni componente c’è un codice a barre che ne racchiude la tracciabilità fin dal rotolo di carbonio, le specifiche, l’operatore che lo ha lavorato, il ciclo di cottura del forno e molto altro. Per i pezzi da 1.500 kg abbiamo avuto delle variazioni nell’ordine di appena 5 kg un pezzo dall’altro. Credo che alla fine siano venuti dei prodotti veramente eccellenti. Certo, poi per quanto bene possa essere fatto un prodotto gli equipaggi tireranno al massimo cercando il punto di rottura per poi fermarsi subito prima. Se uno vuole rompe anche il cemento armato!»

 

Nella passata edizione della Volvo si erano viste troppe avarie?

«Sì, non c’è stata una tappa dove le barche siano arrivate tutte sane. Questo non andava bene agli sponsor e si è quindi deciso di cambiare. Ora i VO65  hanno il doppio delle paratie interne rispetto a quelle della passata edizione».

 

La famiglia Persico non viene dal mondo della vela, un mondo fatto spesso da persone che mettono la passione davanti anche a ragionamenti imprenditoriali. La presenza di aziende come la vostra, diciamo più “neutrale” verso questo mercato, porta un valore aggiunto in termini di qualità?

«Sì, veniamo da una realtà molto industriale e tuttora stiamo cercando di fare una sfida: dare un approccio industriale a un ambiente molto spinto dalla passione. Spesso nei cantieri si vede gente che ama la vela, però bisogna fare i conti con la realtà e la sostenibilità economica. Inoltre ora siamo arrivati a delle esigenze di qualità, performance e tolleranza tali che bisogna avere macchinari specifici e lavorare con mentalità imprenditoriale. Noi cerchiamo di avere il giusto compromesso, perché comunque nell’ufficio tecnico abbiamo un ragazzo che ha fatto due Olimpiadi (Edoardo Bianchi, Tornado nel 2004 e 2008, n.d.r.), abbiamo Mark Somerville, che è da vent’anni in Coppa America, abbiamo un altro ragazzo che ha sempre fatto regate e quindi il dna di Persico che viene dall’automotive si sposa in maniera bilanciata con persone che hanno passione e si muovono da sempre nella vela».

 

Lamberto Cesari

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Le ultime prove