Introduzione
Il mare, per il settore motoristico, rappresenta un porto franco, una riserva,
una sorta di non-luogo dove si concretizzano i desideri più alti. In effetti il
settore del diporto è davvero strano (almeno per chi ha un approccio
distaccato). Tanto strano da apparire un sogno. E per certi versi lo è. Gli
ultimi Saloni della nautica hanno offerto una chiara chiave di lettura di
quello che ci prospetta il futuro. Sì, perché in questo settore il presente
sembra già passato e quello che verrà solo l’antipasto per superare altre
frontiere. Il volano di questo movimento è la concorrenza che qui offre il suo
lato più genuino e, per certi versi, ingenuo.
La rincorsa alle potenze ha, infatti, innescato una gara a distanza tra le case
costruttrici che, a differenza di altri settori d’applicazione, sembrano aver
accettato la sfida con spirito sportivo. Certamente non decubertiano, ci
mancherebbe altro, ma con quel pizzico d’azzardo (sempre calcolato) che
rappresenta il sale di una vera competizione. Sotto la lente d’ingrandimento
dell’ultima edizione del Salone di Genova sono finiti i motori con potenze
comprese tra i 420 e i 480 cavalli. Segmento in cui si affacciano unità a sei
cilindri con cilindrate che gravitano attorno ai sei litri. E cioè, il Cummins
Qsb 5.9, l’Iveco Motors Nef 450, lo Yanmar 6Ly3 e il Volvo D6-435, motore quest’
ultimo che, come vedremo più avanti, è a tutti gli effetti una voce fuori dal
coro.
Nel mondo reale, cioè quello terreno, un motore da sei litri non eroga potenze
tanto elevate. Diciamo che cubature analoghe in versione elettronica e common
rail si fermano più o meno a metà dei valori espressi dai marini. E la ragione
è una sola: l’utilizzo medio annuo. Dato di fondamentale importanza per tarare
le sollecitazioni (per cui le prestazioni) con l’affidabilità la durata e i
consumi. Nel marino, com’è noto, l’utilizzo medio annuo è particolarmente
contenuto e i consumi sono un argomento quasi irrilevante perché il mezzo non è
strumentale (come un camion) e nemmeno utilitario come un’automobile di classe
media. In uno scenario di questo tipo i motoristi hanno campo libero potendo
ricercare prestazioni elevate senza legacci e costrizioni di sorta.
Considerando che non ci sono limiti, se non quelli che vedremo più avanti, per
‘spillare’ tanti chilowatt da cilindrate contenute le strade sono
fondamentalmente due. La prima è quella di aumentare la pme (pressione media
effettiva), soluzione tecnica perseguita con l’ausilio di sistemi elettronici e
d’iniezione spinti (vedi common rail). La seconda è quella di aumentare il
numero di giri. Ma qui la situazione si complica. I motori ultra veloci, dai
3mila giri in su, hanno sempre rappresentato uno scoglio sia dal punto di vista
strutturale che funzionale anche per cilindrate unitarie sotto il litro.
Il problema fondamentale del diesel che gira alto, infatti, è la tenuta dell’
imbiellaggio e del banco a causa delle eccessive forze d’inerzia che si creano
per la notevole massa dei componenti in moto alterno dimensionati per resistere
a pressioni di combustione che possono arrivare a 200 bar. Per questi motivi le
‘budella’ dei 6 cilindri da sei litri in versione marina sono stati
rivoluzionate, utilizzando materiali particolarmente resistenti e tecniche di
fissaggio all’avanguardia. Altro elemento da tenere ben presente quando si
aumenta il regime di rotazione è la possibilità concreta di uno scadimento dei
valori di coppia. Non tanto quella di massima ma di quella nominale.
La domanda, direbbe qualcuno, sorge spontanea. Ma che cos’è la coppia nominale?
È il momento torcente a potenza massima. Per chi non è un seguace di Dante
Giacosa, la coppia nominale, in altri termini non è altro che la quantità di Nm
(Newtonmetro) che si registrano a regime nominale. Valore generalmente criptato
sui dépliant informativi ma che ricopre una fondamentale importanza per la
scelta della trasmissione da accoppiare al motore. Per chi volesse cimentarsi,
la formula per calcolare la coppia nominale del proprio motore è molto facile.
È sufficiente, infatti, moltiplicare la potenza (in cavalli) per una costante
(716) e il risultato dividerlo per il numero di giri a potenza massima. Il
risultato che si ottiene è espresso in chilogrammetri che si possono
trasformare in Nm moltiplicando il valore ottenuto per 9,81. I motori della
fascia tra i 420 e i 480 cavalli, citati poco fa, presentano regimi di
rotazione compresi tra i 3.000 e i 3.500 giri con coppie massime tra i 1.000 e
i 1.300 Nm. Si direbbe, a prima vista, che ci si trova di fronte a motori
analoghi. Non è così. Perché la vera gara che è sotto gli occhi di tutti non si
gioca tanto sulla potenza ma, soprattutto per questo segmento, sulla
trasmissione da accoppiare.
La giusta trasmissione
La giusta trasmissione
Come già accennato, elevati regime di rotazione influenzano negativamente la
coppia massima e quella nominale (in sostanza le abbassano). Diminuzione che se
in linea generale è considerata uno scadimento inaccettabile, nei motori marini
da diporto questa diminuzione è, con i dovuti distinguo, ben accetta
soprattutto per chi guarda al futuro e vuole proporre qualcosa di nuovo. Come
Volvo (su tutti) e Cummins, gli unici costruttori che hanno voluto distinguersi
dalla concorrenza proponendo un pacchetto capace di sostituire, entro certi
limiti, le installazioni entrobordo, considerate frutto di una tecnologia
matura e con margini di perfezionamento minimi.
I costruttori di motori devono oggi assecondare sia l’utente finale, proponendo
sistemi che consentano un facile governo dell’imbarcazione, sia il cantiere che
richiede una facile installazione con costi contenuti e una grande affidabilità
su tutta la driveline. Laddove è possibile il cantiere opta per il piede
poppiero. E le motivazioni sono note a tutti. L’installazione entrobordo
costringe il cantiere a operazioni onerose, come l’allineamento del motore alla
linea d’asse, la ‘costruzione’ dell’impianto di raffreddamento e di scarico.
Il tutto con la complicazione di avere più interfacce con cui operare. Altre
complicazioni sono nate recentemente con la normativa europea che regola le
emissioni gassose e sonore. Nel caso del piede poppiero le certificazioni in
tema di emissioni sono rilasciate dal costruttore del motore così come quelle
del rumore se lo scarico è sul piede (in caso contrario la certificazione è
fatta a parte), mentre nel caso della linea d’asse al costruttore è fatto
obbligo solo il rilascio della certificazione inerente le emissioni gassose,
quelle sul rumore sono infatti a carico esclusivo del cantiere che si vede
costretto a rivolgersi a terzi, con i costi che questo comporta. La scelta del
piede assicura una decurtazione dei costi d’installazione rispetto alla
classica linea d’asse di circa il 40 per cento. Ma il piede ha un limite di
‘sopportazione’ meccanica che si misura non tanto in termini di potenza ma
soprattutto di coppia. Il limite massimo si aggira attorno a circa 1.000 Nm o
poco meno.
E infatti per i motori più potenti, come quelli analizzati in precedenza, l’
unica opzione è ancora la linea d’asse. Ma non per tutti. Volvo (ecco perché è
una voce fuori dal coro) ha messo sul mercato il sistema Ips che non è un piede
poppiero ma è certamente il sostituito d’eccellenza della linea d’asse e
garantisce un facile governo dell’imbarcazione e un’installazione semplice. L’
Ips è infatti montata in un’apertura ricavata nello scafo dell’imbarcazione. La
trasmissione è poi installata da sotto, con l’applicazione di due robusti
anelli di gomma che servono sia da tenute che da ammortizzatori delle
vibrazioni. Una volta fissato l’anello di bloccaggio l’installazione è già
pronta, senza che siano necessari ulteriori fori o interventi con vetroresina
nello scafo.
La risposta di Cummins si chiama Zeus e ricalca in linea di massima (le eliche
qui non sono traenti) il progetto della Volvo. Questo tipo di sistemi, secondo
i più, nel prossimo futuro sostituirà, per una determinata fascia di potenza,
la linea d’asse. E la fascia di potenza che per prima beneficerà di questa
nuova tecnologia è quella compresa tra i 400 e i 480 cavalli, appunto i motori
presentati in queste pagine. Voci insistenti di corridoio giurano che altre
case motoristiche stanno studiando nuovi pod drive (così sono stati battezzati)
e che alcuni progetti stanno per essere testati in acqua. A livello puramente
motoristico il motore più potente di tutto il segmento è lo Yanmar 6Ly3, un 5,8
litri realizzato appositamente per usi marini che rappresenta la svolta all’
elettronica del costruttore giapponese (a parte i 12 e i 16 litri di origine
Scania). I 480 cavalli a 3.300 giri sono infatti il valore per ora più alto
anche se Cummins ha già in acqua una versione del suo Qsb 5.9 accreditata a
470-480 cavalli. Nell’immediato futuro il 5,9 litri americano potrà avvalersi
della trasmissione Zeus così da gareggiare ad armi pari con Volvo. A rubare la
scena Iveco Motors che ha recentemente messo a listino il Nef 450 dove il
numero della sigla corrisponde alla potenza in cavalli. Si tratta di un sei
cilindri elettronico che dall’alto dei suoi 1.300 Nm di coppia massima si pone
al vertice del lotto. A chiudere c’è Volvo con il suo D6- 435 che trova nell’
Ips un grande valore aggiunto.
Per capirne di più
Che cos’è la coppia? E la potenza? Termini di uso comune che a volte siamo usi
prendere come postulato. La coppia rappresenta la capacità del motore di
produrre lavoro, mentre la potenza è la misura della quantità di lavoro che il
motore compie in un certo periodo di tempo. Parlando, per esempio, di un’
imbarcazione, la coppia definisce la capacità o meno di spostare il carico, in
altre parole l’uscita dall’acqua. La potenza, invece, si sviluppa durante lo
spostamento del carico. Che cos’è la pressione media effettiva?
La pressione media effettiva è legata alla reale pressione con cui i gas
combusti spingono il pistone e quindi con la coppia erogata. La pme permette
anche di riassumere in un unico parametro la bontà con cui è progettato il
motore, cioè con quale efficienza questo riesce a fruttare l’energia del
combustibile. La pme è inversamente proporzionale al numero di giri e trova il
suo apice in corrispondenza della coppia massima (punto in cui si registra il
minor consumo specifico). I motori presenti in questa panoramica presentano
pressioni comprese tra i 20,08 bar del Nef 450 e i 22,5 dello Yanmar 6LY3.
Che cos’è la velocità lineare del pistone? Misurata in metri al secondo, la
velocità del pistone definisce la sollecitazione di un motore. In pratica è la
‘strada’ che il pistone compie in un determinato lasso di tempo. Si calcola
moltiplicando il valore della corsa (in millimetri) per il numero di giri
massimo dividendo il tutto per 30mila. I motori marini con cilindrata unitaria
di un litro circa presentano una velocità del pistone di circa 12 metri al
secondo. L’Oscar per il più ‘veloce’ se lo aggiudica il Caterpillar C18 capace
di 14 m/s.