10 March 2007

La coppia vincente

Il mare, per il settore motoristico, rappresenta un porto franco, una riserva, una sorta di non-luogo dove si concretizzano i desideri più alti. In effetti il settore del diporto è davvero strano (almeno per chi ha un approccio distaccato). Tanto strano da apparire un sogno. E per certi versi lo è. Gli ultimi Saloni della nautica hanno offerto una chiara chiave di lettura di quello che ci prospetta il futuro. Sì, perché in questo settore il presente sembra già passato...

Introduzione

Il mare, per il settore motoristico, rappresenta un porto franco, una riserva, una sorta di non-luogo dove si concretizzano i desideri più alti. In effetti il settore del diporto è davvero strano (almeno per chi ha un approccio distaccato). Tanto strano da apparire un sogno. E per certi versi lo è. Gli ultimi Saloni della nautica hanno offerto una chiara chiave di lettura di quello che ci prospetta il futuro. Sì, perché in questo settore il presente sembra già passato e quello che verrà solo l’antipasto per superare altre frontiere. Il volano di questo movimento è la concorrenza che qui offre il suo lato più genuino e, per certi versi, ingenuo. La rincorsa alle potenze ha, infatti, innescato una gara a distanza tra le case costruttrici che, a differenza di altri settori d’applicazione, sembrano aver accettato la sfida con spirito sportivo. Certamente non decubertiano, ci mancherebbe altro, ma con quel pizzico d’azzardo (sempre calcolato) che rappresenta il sale di una vera competizione. Sotto la lente d’ingrandimento dell’ultima edizione del Salone di Genova sono finiti i motori con potenze comprese tra i 420 e i 480 cavalli. Segmento in cui si affacciano unità a sei cilindri con cilindrate che gravitano attorno ai sei litri. E cioè, il Cummins Qsb 5.9, l’Iveco Motors Nef 450, lo Yanmar 6Ly3 e il Volvo D6-435, motore quest’ ultimo che, come vedremo più avanti, è a tutti gli effetti una voce fuori dal coro. Nel mondo reale, cioè quello terreno, un motore da sei litri non eroga potenze tanto elevate. Diciamo che cubature analoghe in versione elettronica e common rail si fermano più o meno a metà dei valori espressi dai marini. E la ragione è una sola: l’utilizzo medio annuo. Dato di fondamentale importanza per tarare le sollecitazioni (per cui le prestazioni) con l’affidabilità la durata e i consumi. Nel marino, com’è noto, l’utilizzo medio annuo è particolarmente contenuto e i consumi sono un argomento quasi irrilevante perché il mezzo non è strumentale (come un camion) e nemmeno utilitario come un’automobile di classe media. In uno scenario di questo tipo i motoristi hanno campo libero potendo ricercare prestazioni elevate senza legacci e costrizioni di sorta. Considerando che non ci sono limiti, se non quelli che vedremo più avanti, per ‘spillare’ tanti chilowatt da cilindrate contenute le strade sono fondamentalmente due. La prima è quella di aumentare la pme (pressione media effettiva), soluzione tecnica perseguita con l’ausilio di sistemi elettronici e d’iniezione spinti (vedi common rail). La seconda è quella di aumentare il numero di giri. Ma qui la situazione si complica. I motori ultra veloci, dai 3mila giri in su, hanno sempre rappresentato uno scoglio sia dal punto di vista strutturale che funzionale anche per cilindrate unitarie sotto il litro. Il problema fondamentale del diesel che gira alto, infatti, è la tenuta dell’ imbiellaggio e del banco a causa delle eccessive forze d’inerzia che si creano per la notevole massa dei componenti in moto alterno dimensionati per resistere a pressioni di combustione che possono arrivare a 200 bar. Per questi motivi le ‘budella’ dei 6 cilindri da sei litri in versione marina sono stati rivoluzionate, utilizzando materiali particolarmente resistenti e tecniche di fissaggio all’avanguardia. Altro elemento da tenere ben presente quando si aumenta il regime di rotazione è la possibilità concreta di uno scadimento dei valori di coppia. Non tanto quella di massima ma di quella nominale. La domanda, direbbe qualcuno, sorge spontanea. Ma che cos’è la coppia nominale? È il momento torcente a potenza massima. Per chi non è un seguace di Dante Giacosa, la coppia nominale, in altri termini non è altro che la quantità di Nm (Newtonmetro) che si registrano a regime nominale. Valore generalmente criptato sui dépliant informativi ma che ricopre una fondamentale importanza per la scelta della trasmissione da accoppiare al motore. Per chi volesse cimentarsi, la formula per calcolare la coppia nominale del proprio motore è molto facile. È sufficiente, infatti, moltiplicare la potenza (in cavalli) per una costante (716) e il risultato dividerlo per il numero di giri a potenza massima. Il risultato che si ottiene è espresso in chilogrammetri che si possono trasformare in Nm moltiplicando il valore ottenuto per 9,81. I motori della fascia tra i 420 e i 480 cavalli, citati poco fa, presentano regimi di rotazione compresi tra i 3.000 e i 3.500 giri con coppie massime tra i 1.000 e i 1.300 Nm. Si direbbe, a prima vista, che ci si trova di fronte a motori analoghi. Non è così. Perché la vera gara che è sotto gli occhi di tutti non si gioca tanto sulla potenza ma, soprattutto per questo segmento, sulla trasmissione da accoppiare.

La giusta trasmissione

La giusta trasmissione Come già accennato, elevati regime di rotazione influenzano negativamente la coppia massima e quella nominale (in sostanza le abbassano). Diminuzione che se in linea generale è considerata uno scadimento inaccettabile, nei motori marini da diporto questa diminuzione è, con i dovuti distinguo, ben accetta soprattutto per chi guarda al futuro e vuole proporre qualcosa di nuovo. Come Volvo (su tutti) e Cummins, gli unici costruttori che hanno voluto distinguersi dalla concorrenza proponendo un pacchetto capace di sostituire, entro certi limiti, le installazioni entrobordo, considerate frutto di una tecnologia matura e con margini di perfezionamento minimi. I costruttori di motori devono oggi assecondare sia l’utente finale, proponendo sistemi che consentano un facile governo dell’imbarcazione, sia il cantiere che richiede una facile installazione con costi contenuti e una grande affidabilità su tutta la driveline. Laddove è possibile il cantiere opta per il piede poppiero. E le motivazioni sono note a tutti. L’installazione entrobordo costringe il cantiere a operazioni onerose, come l’allineamento del motore alla linea d’asse, la ‘costruzione’ dell’impianto di raffreddamento e di scarico. Il tutto con la complicazione di avere più interfacce con cui operare. Altre complicazioni sono nate recentemente con la normativa europea che regola le emissioni gassose e sonore. Nel caso del piede poppiero le certificazioni in tema di emissioni sono rilasciate dal costruttore del motore così come quelle del rumore se lo scarico è sul piede (in caso contrario la certificazione è fatta a parte), mentre nel caso della linea d’asse al costruttore è fatto obbligo solo il rilascio della certificazione inerente le emissioni gassose, quelle sul rumore sono infatti a carico esclusivo del cantiere che si vede costretto a rivolgersi a terzi, con i costi che questo comporta. La scelta del piede assicura una decurtazione dei costi d’installazione rispetto alla classica linea d’asse di circa il 40 per cento. Ma il piede ha un limite di ‘sopportazione’ meccanica che si misura non tanto in termini di potenza ma soprattutto di coppia. Il limite massimo si aggira attorno a circa 1.000 Nm o poco meno. E infatti per i motori più potenti, come quelli analizzati in precedenza, l’ unica opzione è ancora la linea d’asse. Ma non per tutti. Volvo (ecco perché è una voce fuori dal coro) ha messo sul mercato il sistema Ips che non è un piede poppiero ma è certamente il sostituito d’eccellenza della linea d’asse e garantisce un facile governo dell’imbarcazione e un’installazione semplice. L’ Ips è infatti montata in un’apertura ricavata nello scafo dell’imbarcazione. La trasmissione è poi installata da sotto, con l’applicazione di due robusti anelli di gomma che servono sia da tenute che da ammortizzatori delle vibrazioni. Una volta fissato l’anello di bloccaggio l’installazione è già pronta, senza che siano necessari ulteriori fori o interventi con vetroresina nello scafo. La risposta di Cummins si chiama Zeus e ricalca in linea di massima (le eliche qui non sono traenti) il progetto della Volvo. Questo tipo di sistemi, secondo i più, nel prossimo futuro sostituirà, per una determinata fascia di potenza, la linea d’asse. E la fascia di potenza che per prima beneficerà di questa nuova tecnologia è quella compresa tra i 400 e i 480 cavalli, appunto i motori presentati in queste pagine. Voci insistenti di corridoio giurano che altre case motoristiche stanno studiando nuovi pod drive (così sono stati battezzati) e che alcuni progetti stanno per essere testati in acqua. A livello puramente motoristico il motore più potente di tutto il segmento è lo Yanmar 6Ly3, un 5,8 litri realizzato appositamente per usi marini che rappresenta la svolta all’ elettronica del costruttore giapponese (a parte i 12 e i 16 litri di origine Scania). I 480 cavalli a 3.300 giri sono infatti il valore per ora più alto anche se Cummins ha già in acqua una versione del suo Qsb 5.9 accreditata a 470-480 cavalli. Nell’immediato futuro il 5,9 litri americano potrà avvalersi della trasmissione Zeus così da gareggiare ad armi pari con Volvo. A rubare la scena Iveco Motors che ha recentemente messo a listino il Nef 450 dove il numero della sigla corrisponde alla potenza in cavalli. Si tratta di un sei cilindri elettronico che dall’alto dei suoi 1.300 Nm di coppia massima si pone al vertice del lotto. A chiudere c’è Volvo con il suo D6- 435 che trova nell’ Ips un grande valore aggiunto. Per capirne di più Che cos’è la coppia? E la potenza? Termini di uso comune che a volte siamo usi prendere come postulato. La coppia rappresenta la capacità del motore di produrre lavoro, mentre la potenza è la misura della quantità di lavoro che il motore compie in un certo periodo di tempo. Parlando, per esempio, di un’ imbarcazione, la coppia definisce la capacità o meno di spostare il carico, in altre parole l’uscita dall’acqua. La potenza, invece, si sviluppa durante lo spostamento del carico. Che cos’è la pressione media effettiva? La pressione media effettiva è legata alla reale pressione con cui i gas combusti spingono il pistone e quindi con la coppia erogata. La pme permette anche di riassumere in un unico parametro la bontà con cui è progettato il motore, cioè con quale efficienza questo riesce a fruttare l’energia del combustibile. La pme è inversamente proporzionale al numero di giri e trova il suo apice in corrispondenza della coppia massima (punto in cui si registra il minor consumo specifico). I motori presenti in questa panoramica presentano pressioni comprese tra i 20,08 bar del Nef 450 e i 22,5 dello Yanmar 6LY3. Che cos’è la velocità lineare del pistone? Misurata in metri al secondo, la velocità del pistone definisce la sollecitazione di un motore. In pratica è la ‘strada’ che il pistone compie in un determinato lasso di tempo. Si calcola moltiplicando il valore della corsa (in millimetri) per il numero di giri massimo dividendo il tutto per 30mila. I motori marini con cilindrata unitaria di un litro circa presentano una velocità del pistone di circa 12 metri al secondo. L’Oscar per il più ‘veloce’ se lo aggiudica il Caterpillar C18 capace di 14 m/s.
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