Per un’imbarcazione marcata CE, la sostituzione del motore può avvenire solo nei limiti di potenza e peso stabiliti dal fabbricante e riportati nella “Dichiarazione di conformità”.
- Se si installa un motore le cui caratteristiche di peso e potenza sono fuori dal range previsto dal fabbricante, l’unità deve essere rimarcata CE, secondo la procedura di “post-costruzione” (art. 9 del Codice della nautica – art. 8 direttiva 94/25/CE-2003/44/CE), con responsabilità a carico del “proprietario” della barca.
- Per un’imbarcazione non marcata CE, vale quanto stabilito nella Circolare ministeriale su riportata. L’Organismo Notificato procede agli accertamenti tecnici e se l’unità, nella nuova configurazione, risponde ai requisiti tecnici e di sicurezza, l’Ente tecnico emette un Certificato di idoneità. Non è necessario procedere alla marcatura CE della barca.
La questione riguardante l’aumento di potenza della motorizzazione entro il 15% di quella precedentemente in uso, che ogni tanto viene tirata in ballo, a dire che entro tale percentuale si può fare tutto, non è pertinente e riguarda altri aspetti della Direttiva che qui non stiamo a ripetere (vedi artt. 4 e 5 del Codice).
- Per un’unità marcata CE, se il nuovo motore è superiore anche di un solo cv rispetto a quanto dichiarato, la rimarcatura CE scatta automaticamente. Non ci sono tolleranze di sorta.
- Per le unità non marcate CE, la compatibilità “tecnica” del mezzo con una motorizzazione superiore a quella precedentemente in uso, è valutata solo dall’Organismo Notificato.
A quest’ultimo riguardo, riportiamo una nota tecnica relativa alla sostituzione dell’apparato motore, che abbiamo richiesto all’ing. Mazzino Bogi, direttore dell’Organismo Notificato Udicer/Nautitest per inquadrare meglio l’argomento: «Quando su di un motoscafo con motore entrobordo si sostituisce l’apparato di propulsione non bisogna dimenticare che a valle esistono, in genere, un riduttore di giri, un asse di trasmissione e un’elica, di cui occorre verificare l’idoneità. Questo poiché i particolari della linea d’asse esistente potrebbero risultare inadeguati quand’anche si montasse un propulsore di minor potenza. Per quanto concerne l’asse portaelica, si deve tenere presente che la sua capacità di scaricare sull’elica gli sforzi trasmessigli dal motore di propulsione è funzione della radice cubica del momento torcente cui viene assoggettato dal propulsore, e che questo momento è proporzionale in linea diretta alla potenza motrice e inversamente al numero dei giri impressigli al minuto. Pertanto, se il riduttore di giri avesse un rapporto di trasmissione superiore a quello precedentemente in opera, anche un motore meno potente potrebbe mettere in crisi la capacità di resistere dell’asse. Per questo motivo, la formula con cui viene verificato il diametro dell’asse portaelica deve essere del tipo: d = C (P/N)1/3 dove: C = coefficiente, funzione del tipo di asse e del materiale di cui è costituito; P = potenza sviluppata dal motore; N = numero dei giri effettuati dall’asse nell’unità di tempo.
A riguardo dell’elica, è aleatorio pretendere di riutilizzare quella già in opera intervenendo “chirurgicamente” sul suo diametro e/o sul suo passo: ne risulterebbe, nella quasi totalità dei casi, un’elica scarica oppure troppo “dura”, cioè tale o da non assorbire tutta la potenza disponibile ovvero da mandare in sovraccarico il motore; tanto più quando ci si limiti a ridurre il diametro delle pale lasciando inalterato il loro passo, ossia intervenendo, tra i due, sul parametro che meno incide sul corretto funzionamento dell’elica.
Due parole, infine sul materiale con cui deve essere realizzato l’asse portaelica. Si possono usare acciai di tipo resistente o non resistente alla corrosione; nel secondo caso trattasi di acciai ordinari ad elevata resistenza laminati o fucinati in barre, mentre nel primo caso può trattarsi di acciai inossidabili austenitici al Cr–Ni (AISI 304) o al Cr-Ni-Mo (AISI 316). Tra questi ultimi è raccomandabile il secondo, che meglio si oppone, in acque ricche di ioni sodio quali sono le acque del mare, alla corrosione puntiforme da cui non sono esenti gli acciai inossidabili, che pertanto possono riserbare qualche sorpresa nelle visite successive alla prima messa in opera. Non è conveniente rivolgersi ad acciai inossidabili più costosi, a basso tenore di carbonio o stabilizzati al titanio o al niobio, a meno che non si sia in presenza di particolari saldati. Esistono infine in produzione acciai inossidabili austenitici indurenti per precipitazione, con caratteristiche resistenziali molto elevate, e che quindi possono consentire di adottare diametri degli assi di minori dimensioni rispetto ai precedenti.
E’ di tutta evidenza l’opportunità sia di un corretto dimensionamento dell’asse portaelica sia di un periodico controllo delle sue condizioni di conservazione, in quanto una eventuale rottura in esercizio può portare al suo sfilamento dall’astuccio con conseguente allagamento dell’unità».