Viareggio, sede eletta a permanente?
«Lo deciderà il mercato. La scorsa edizione, per essere stata organizzata in poco tempo e senza risorse, si è chiusa più che positivamente: ci siamo presentati con 72 barche in acqua, 117 espositori, 160 marchi presenti e 18 mila visitatori. Un miracolo. Oggi, contiamo su un periodo di preparazione più lungo, sulla ripresa in atto, su una stagionalità (maggio) ancora interessante per fare business e lavoriamo su una previsione di 150/160 yacht a regime, tra cui Princess e Sunseeker. Con Fiera Milano e il territorio stiamo facendo massa critica per pianificare una manifestazione migliore racchiusa in un contenitore come Viareggio, una città con una potenzialità unica essendo il polo dove si concentra un terzo della produzione mondiale. La nostra ambizione è richiamare una clientela qualificata e internazionale».
Viareggio, però, è una città con molta ruggine. Non rischiate che vi vengano mosse le stesse critiche legate a Genova?
«Senza dubbio la città dovrebbe avere un appeal più gradevole. Con il sindaco e con i primi cittadini di Lucca, Forte dei Marmi e Pietrasanta ci stiamo lavorando, ci sono molte idee in cantiere che promettono bene e a basso costo. Mi aspetto che il territorio reagisca positivamente e che il progetto funga da stimolo non solo per il miglioramento del contesto, ma anche per il resto del Paese».
A proposito di sinergie la collaborazione con il territorio ha funzionato anche a Genova.
«Certo, il governatore della Liguria Toti ne ha fatto un cavallo di battaglia, e mi fa piacere perché faccio il tifo per tutta la nautica. Così mi auguro che vada altrettanto bene Viareggio, ma ribadisco: non dobbiamo focalizzarci sempre su una o due manifestazioni. Sarebbe un errore, l’Italia offre location incredibili per eventi dedicati all’eccellenza. Un esempio, il settore dei battelli pneumatici meriterebbe un palcoscenico adeguato: da Capri a Portofino, dalla Sicilia alla Sardegna, la lista è lunga».
Perché avete scelto di non essere gli organizzatori del Versilia Yachting Rendez Vous?
«Non volevamo seguire il format di Ucina: vincolare il nostro budget all’evento e garantire sconti di partecipazione solo agli associati. L’autonomia finanziaria di N.I. prescinde dal successo della manifestazione, così abbiamo scelto un partner indipendente e riconosciuto come Fiera Milano, lasciando ai nostri associati la libertà di esporre dove preferiscono. A costo di ripetermi è il mercato che sceglie, infatti, grazie alla ripresa alcune aziende di N.I. sono tornate a Genova (ad esempio Azimut, Aprea, Baglietto etc.)».
Non crede che in Italia ci siano troppi saloni?
«No al contrario, un evento rinforza l’altro. Ci lamentiamo di due manifestazioni quando tra Francia e Principato di Monaco se ne svolgono diverse concentrate in pochi mesi: Cannes, Monaco, La Rochelle e Parigi».
Genova ha un marchio molto forte, difficilmente sostituibile.
«Sì, ma per la fascia medio piccola. All’inizio avevamo pensato a Genova, in un momento diverso dell’anno, ma la maggioranza degli associati Ucina, soprattutto i piccoli, non ha visto di buon occhio un appuntamento a primavera. Siamo convinti che l’Italia, possa contenere più vetrine».