Obiettivo convergenza

Pubblichiamo il testo integrale dell'intervista a Lamberto Tacoli, presidente di Nautica Italiana che lancia un messaggio di accelerazione per arrivare al 2018 pronti ad affrontare le sfide del futuro in nome di una condivisione di fatto e non solo di intenti nell'interesse del settore
Un passo indietro. Nel 2015 nasce Nautica Italiana (affiliata a Fondazione Altagamma), un’associazione che riunisce l’eccellenza del comparto nautico italiano con l’obiettivo di sostenere il made in Italy. Aderiscono 25 marchi, molti dei quali fuoriusciti dalla storica Ucina. La presidenza è affidata a Lamberto Tacoli, all’epoca numero uno del cantiere CRN e oggi al timone di Perini Navi.

Tacoli in conferenza stampa dichiarava: «all’interno di N.I. c’è tanta Ucina, verso cui c’è grande riconoscenza. Speriamo ci sia la possibilità di collaborare insieme e nel massimo rispetto». E a proposito del Salone: «da sempre vi partecipano le aziende e non le associazioni e la linea guida sarà la stessa. Siamo tutti affezionati a Genova, non c’è alcun tipo di ostracismo semmai la massima apertura».

Sono passati due anni, di questi auspici cosa rimane? Poco. La frattura tra le due anime di categoria si è fatta più profonda, a tal punto che neanche la disponibilità dei fondi governativi destinati al Nautico e al Viareggio Yachting Rendez-Vous (organizzato per Nautica Italiana da Fiera Milano e in sinergia con Fondazione Altagamma) lo scorso maggio, è valsa un accordo. Una perdita grave per il settore.
Oggi, dopo diversi tentativi di riavvicinamento, ritardi, passi avanti e indietro, la volontà è di ricominciare da capo per cercare di arrivare al 2018 con un programma condiviso su argomenti specifici di comune interesse.

L'intervista nella sede di Nautica Italiana a Milano

Abbiamo incontrato Lamberto Tacoli, nella sede milanese di Nautica Italiana, per capire come procede il percorso di convergenza.
Due anni di vita, 97 soci. Siete soddisfatti?
«Senza dubbio è una crescita importante destinata ad aumentare e di cui andiamo fieri. Siamo, però, in una fase in cui i rancori tra le due associazioni devono essere messi da parte per lavorare insieme a beneficio di un’industria di cui dobbiamo essere fieri».
Quali sono le resistenze che impediscono un accordo tra Nautica Italiana e Ucina?
«Ho lavorato in Ucina per vent’anni, sono stato vicepresidente e l’ho sempre sostenuta. Come nelle coppie migliori a un certo punto i rapporti si rompono. Il motivo? Non c’era più condivisione su certi problemi. Trovavo esasperante la centralità genovese: troppo spesso si parlava e si parla di nautica solo in riferimento a Genova. Il disegno di Nautica Italiana, invece, è come dice il nostro slogan “360 gradi 365 giorni all’anno”. Dobbiamo avere la consapevolezza di essere i primi produttori al mondo, se siamo leader è perché siamo bravi. È fondamentale trasmettere l’idea che avere una barca, di qualsiasi dimensione, è una cosa bella esattamente come accade negli Usa dove la barca è una commodity, non un lusso. Questo era il mio disegno anche ai tempi di Ucina, che non si basava su un’idea distruttiva, ma su un allargamento di orizzonti. Come è andata lo sappiamo tutti, la scissione è avvenuta e un gruppo di marchi importanti ha lasciato».
Perché Genova non vi piace?
«N.I. non era e non è contro Genova. La proposta iniziale prevedeva, infatti, un evento in quella sede, ma in data diversa rispetto al Nautico per non essere “compresso” tra i saloni francesi. La situazione non è andata in quella direzione e quindi eccoci a Viareggio che non è in alcun modo paragonabile né ritenuto concorrenziale al Nautico per location, layout, tipologia, calendario e partecipanti.
Genova rimane la sede ideale per un pubblico nazionale alla ricerca di barche medio piccole e di tutto ciò che vi gravita intorno. Non è né un evento alto di gamma né un appuntamento internazionale ed è per questo che “piace tanto” ai politici. Se fosse di nicchia non si farebbe così rumore...».

Viareggio Yachting Rendez-Vous

Viareggio, sede eletta a permanente?
«Lo deciderà il mercato. La scorsa edizione, per essere stata organizzata in poco tempo e senza risorse, si è chiusa più che positivamente: ci siamo presentati con 72 barche in acqua, 117 espositori, 160 marchi presenti e 18 mila visitatori. Un miracolo. Oggi, contiamo su un periodo di preparazione più lungo, sulla ripresa in atto, su una stagionalità (maggio) ancora interessante per fare business e lavoriamo su una previsione di 150/160 yacht a regime, tra cui Princess e Sunseeker. Con Fiera Milano e il territorio stiamo facendo massa critica per pianificare una manifestazione migliore racchiusa in un contenitore come Viareggio, una città con una potenzialità unica essendo il polo dove si concentra un terzo della produzione mondiale. La nostra ambizione è richiamare una clientela qualificata e internazionale».
Viareggio, però, è una città con molta ruggine. Non rischiate che vi vengano mosse le stesse critiche legate a Genova?
«Senza dubbio la città dovrebbe avere un appeal più gradevole. Con il sindaco e con i primi cittadini di Lucca, Forte dei Marmi e Pietrasanta ci stiamo lavorando, ci sono molte idee in cantiere che promettono bene e a basso costo. Mi aspetto che il territorio reagisca positivamente e che il progetto funga da stimolo non solo per il miglioramento del contesto, ma anche per il resto del Paese».
A proposito di sinergie la collaborazione con il territorio ha funzionato anche a Genova.
«Certo, il governatore della Liguria Toti ne ha fatto un cavallo di battaglia, e mi fa piacere perché faccio il tifo per tutta la nautica. Così mi auguro che vada altrettanto bene Viareggio, ma ribadisco: non dobbiamo focalizzarci sempre su una o due manifestazioni. Sarebbe un errore, l’Italia offre location incredibili per eventi dedicati all’eccellenza. Un esempio, il settore dei battelli pneumatici meriterebbe un palcoscenico adeguato: da Capri a Portofino, dalla Sicilia alla Sardegna, la lista è lunga».
Perché avete scelto di non essere gli organizzatori del Versilia Yachting Rendez Vous?
«Non volevamo seguire il format di Ucina: vincolare il nostro budget all’evento e garantire sconti di partecipazione solo agli associati. L’autonomia finanziaria di N.I. prescinde dal successo della manifestazione, così abbiamo scelto un partner indipendente e riconosciuto come Fiera Milano, lasciando ai nostri associati la libertà di esporre dove preferiscono. A costo di ripetermi è il mercato che sceglie, infatti, grazie alla ripresa alcune aziende di N.I. sono tornate a Genova (ad esempio Azimut, Aprea, Baglietto etc.)».
Non crede che in Italia ci siano troppi saloni?
«No al contrario, un evento rinforza l’altro. Ci lamentiamo di due manifestazioni quando tra Francia e Principato di Monaco se ne svolgono diverse concentrate in pochi mesi: Cannes, Monaco, La Rochelle e Parigi».
Genova ha un marchio molto forte, difficilmente sostituibile.
«Sì, ma per la fascia medio piccola. All’inizio avevamo pensato a Genova, in un momento diverso dell’anno, ma la maggioranza degli associati Ucina, soprattutto i piccoli, non ha visto di buon occhio un appuntamento a primavera. Siamo convinti che l’Italia, possa contenere più vetrine».

Nautica Italiana e Ucina, un riavvicinamento difficile


Ad oggi un riavvicinamento tra N.I. e Ucina sembra ancora lontano.
«Nella mia lettera aperta a Carla Demaria del 3 ottobre scorso, ho deciso di rendere pubblica la posizione di N.I. con la proposta di sedersi a un tavolo per cercare di tornare a dialogare per il bene di tutti. Il Governo si è dimostrato molto disponibile nei confronti delle due associazioni e non è ammissibile non aver colto l'opportunità nell’interesse degli associati (vedi fondi del Ministero dello sviluppo economico n.d.r.)».
Come intendete procedere?
«Vorremmo dar corso a tavoli di confronto su argomenti specifici e comuni con due priorità: un format condiviso legato agli eventi del 2018 (Salone di Genova / Viareggio) e l’impegno a supportare il Governo nelle azioni di rinnovamento legislativo a supporto del settore. Non è ammissibile presentarsi a Roma in momenti e tempi diversi senza alcuna condivisione. Ucina e N.I. hanno entrambe un peso rilevante: la prima per storia e continuità, la seconda per l’importanza rappresentativa dei nostri soci. Circa i tempi al momento c’è la nostra disponibilità siamo in attesa di una risposta di Ucina».
A proposito di normativa, il Governo ha approvato il nuovo Codice della Nautica in cui Ucina ha svolto un ruolo determinante.
«Avere il Codice della Nautica approvato nei tempi della delega del Governo è stato un grande traguardo, tuttavia per completare il percorso è necessario ancora un lavoro considerevole a partire dall'attuazione del Registro Telematico e dalla stesura dei decreti attuativi previsti senza i quali la riforma è ancora parziale. In questa fase crediamo che tutti gli attori in campo debbano dare il proprio contributo, per il bene del settore. Nessuno escluso».
Siete disposti a rinunciare a qualcosa per raggiungere un accordo? Ad esempio il progetto di organizzare un salone a Milano?
«N.I. non ha mai inserito nel suo programma un evento a Milano. La proposta è stata piuttosto di Paolo Borgio (di Fiera Milano) che da tempo guarda con interesse a una manifestazione nautica nel quartiere di Rho sul format di Düsseldorf, ma riferita alle barche medio piccole. Non dimentichiamo che i maggiori produttori hanno sede in Lombardia… Per N.I. il problema non sussiste, piuttosto potrebbe riguardare Ucina preoccupata di salvaguardare Genova da un eventuale competitor».
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