Ma se cado in acqua, di notte, dopo quanto tempo divento “invisibile”? Quando
scompaio alla vista di chi è ancora a bordo della mia barca? Servono le boette,
quelle obbligatorie, da tenere sul pulpito di poppa insieme a cima galleggiante
e salvagente? Esistono altri strumenti più utili, più intelligenti, da
utilizzare anche se non imposti dalla legge?
Siamo andati a scoprirlo, nelle acque davanti a Marina di Ravenna, con l’Altair
Jeanneau 52.2 di Vela e Motore. Il ...
Introduzione
Ma se cado in acqua, di notte, dopo quanto tempo divento “invisibile”? Quando
scompaio alla vista di chi è ancora a bordo della mia barca? Servono le boette,
quelle obbligatorie, da tenere sul pulpito di poppa insieme a cima galleggiante
e salvagente? Esistono altri strumenti più utili, più intelligenti, da
utilizzare anche se non imposti dalla legge?
Siamo andati a scoprirlo, nelle acque davanti a Marina di Ravenna, con l’Altair
Jeanneau 52.2 di Vela e Motore. Il test si è svolto in maniera molto semplice:
abbiamo prima “abbandonato” due “provisti” su un gommone ancorato a circa mezzo
miglio della costa, con l’Altair ci siamo poi lentamente allontanati verso il
largo, lasciando alle spalle dei due naufraghi una striscia di costa
completamente buia. A varie distanze abbiamo rilevato la visibilità delle
boette luminose e di altre luci di sicurezza studiate apposta per la nautica,
attivate alternativamente.
Per rilevare esattamente la distanza che separava le due barche abbiamo
attivato il pulsante MOB (Man Overboard) sul Gps di bordo dell’Altair,
(ovviamente in corrispondenza del punto dove si era ancorato il gommone) e in
questo modo abbiamo memorizzato l’ipotetico punto “dell’uomo a mare”. Un’idea
nata non solo per facilitare la conduzione del nostro test ma anche per
verificare l’utilità di questo dispositivo che, come avremo modo di raccontarvi
meglio dopo, è sicuramente indispensabile per garantire la sicurezza di chi va
per mare.
Abbiamo deciso di testare l’efficacia di strumenti “normali” cioè dal costo
ragionevole, facili da reperire sul mercato, semplici da installare e
utilizzare.
In altre parole quello che ci può ragionevolmente aspettare che un normale
diportisti prima acquisti e poi utilizzi.
Sottolineiamo subito che il nostro test non voleva essere una gara tra marchi
ma semplicemente l’analisi del funzionamento di diverse tipologie di prodotti:
all’interno della vasta offerta del mercato ne abbiamo scelti alcuni
rappresentativi. Punto di riferimento era ovviamente le boetta luminosa,
obbligatoria per chiunque navighi ad oltre tre miglia dalla costa. Sono luci ad
attivazione automatica, quando lanciate in mare e ribaltate si accendono da
sole.
Abbiamo utilizzato tre modelli della Trem, unica ad avere in catalogo oltre
alla versione a luce fissa (omologata CE secondo la normativa 96/98 CE e 98/85
CE) anche quelle lampeggiante e stroboscopica. Per quanto riguarda le dotazioni
di bordo abbiamo poi verificato anche la visibilità di due diversi tipi di aste
Ior gonfiabili (una inglese della Ocean Safety, e due, tra loro molto simili di
Plastimo e Osculati), mentre come strumenti di sicurezza personale (quindi da
tenere addosso e non sulla barca) abbiamo provato due torce a mano
stroboscopiche (sempre Plastimo e Osculati), i “mini razzi” della Miniflare e
la luce ad attivazione automatica per giubbotti salvagente autogonfiabili della
Aquaspec.
Misure
Misure
La notte del nostro test c’erano una luna crescente quasi piena, mare poco
mosso (con 40/50 cm d’onda), 10/12 nodi di vento che garantivano una discreta
visibilità. La temperatura dell’acqua era di 10° C. Allo sguardo di chi era in
piedi nel pozzetto dell’Altair il gommone (di circa 5 metri) a luci spente è
scomparso a 200/220 metri di distanza. Vista la temperatura dell’acqua ci è
stato impossibile prendere le misure con un vero uomo a mare, ma questa è
comunque una prima misura di riferimento e si può (ottimisticamente) pensare
che la testa di un naufrago, nelle nostre più che favorevoli condizioni, sia
visibile fino a circa 100 metri.
Nel nostro progressivo allontanarci dal gommone abbiamo rilevato che fino a
500/600 metri tutte le luci erano ancora visibili in maniera accettabile, utile
per individuare realmente l’uomo a mare. Da li in poi i rendimenti cominciano a
peggiorare decisamente. A 800 metri la boetta lampeggiante è già quasi
impercettibile. I suoi periodi di eclissi si sommano a quelli creati dalle onde
che la fanno scomparire alla vista di chi è in barca. Leggermente meglio quella
strobo, discreta quella a luce continua. Una bella sorpresa è stata l’Aquaspec,
piccola lucina personale che a 800/900 metri di distanza si distingueva nel
buio meglio delle boette omologate. La tenevamo a circa 20 cm dalla superficie
dell’acqua, all’altezza a cui sarebbe stata se normalmente installata su un
giubbotto di salvataggio e orientata verso la barca. Tra i suoi limiti c’è però
la non visibilità per tutti e 360° dell’orizzonte, anche se installata
correttamente sulla parte più alta del giubbotto resta comunque parzialmente
oscurata dalla testa del naufrago.
Il comportamento delle due torce stroboscopiche a mano è molto simile quello
della boetta strobo. A 1.300 metri (0.7 miglia) la boetta galleggiante
lampeggiante diventava del tutto invisibile, della stroboscopica rilevavamo un
lampo ogni 25/30 secondi (in maniera a nostro avviso inutile per il reale
recupero dell’uomo a mare, visto che noi in più sapevamo anche esattamente
verso dove puntare lo sguardo), e la fissa arrivava ad eclissi di 9/10 secondi,
restando quindi efficace ai fini dell’individuazione del naufrago (così come l’
Aquaspec, che confermava un buon rendimento).
Anche a questa distanza il comportamento delle due torce stroboscopiche a mano
era molto simile a quello della “collega” galleggiante.
A 1.600 metri (0,86 miglia) tutte le luci diventano invisibili, si riuscivano
solo a intravedere le luci fisse in testa alle aste Ior, anche se con eclissi
molto lunghe. Già a 1.800 metri scomparivano anche queste. Si facevano invece
vedere, e anche benissimo i razzi Miniflare a mano: lanciati leggermente
controvento pigliano una parabola molto alta per una durata di 8 secondi. Noi
abbiamo rilevato una loro perfetta visibilità a 2 miglia (e non siamo andati
oltre), ma sicuramente, grazie alle loro 3.000 candele, sono visibili anche da
molto più lontano (10 miglia secondo il costruttore).
Conclusioni
Conclusioni
Nel complesso la visibilità di queste luci si è dimostrata inferiore a quanto
ci aspettavamo. Per quanto riguarda le dotazioni di bordo (non personali) le
prime considerazioni, più ovvie, ci dicono che tra le boette galleggianti
quella obbligatoria a luce fissa è meglio sia di quella lampeggiante che di
quella stroboscopica. Quest’ultima decisamente più potente delle 3 candele
degli altri due modelli, non è comunque risultata più visibile dalla barca,
probabilmente la sua efficacia è più facilmente percettibile dall’alto, in caso
di ricerca da parte dell’elicottero. A suo favore comunque la durata, 89 ore
contro le 43 della fissa e le 71 della lampeggiante. Anche le aste Ior non
hanno dato grandi risultati in termini di pura visibilità, poco più della
boetta obbligatoria. Un confronto decisamente poco vantaggioso visto prima di
tutto il prezzo (circa 300 euro, a seconda delle marche) e anche il maggior
ingombro a bordo.
Inoltre non essendo equiparate dalla legge alla boetta obbligatoria dovrebbero
essere imbarcate come dotazione accessoria, oltre a questa. Uno scenario poco
probabile, visto la scarsa propensione del diportista italiano a spendere per
le dotazioni di sicurezza, e anche, alla luce della nostra prova, della loro
utilità in termini di visibilità. A favore delle aste Ior va però detto che
possono essere molto utili al naufrago, come punto di riferimento e come
elemento galleggiante a cui aggrapparsi in attesa di soccorso. L’altezza delle
luci gliele le rende più facilmente identificabili anche dal suo poco
vantaggioso punto di osservazione. A loro svantaggio ci sono però anche, in
caso di vento teso, un notevole scarroccio (nonostante l’ancoretta galleggiante
di cui sono dotate) e la loro naturale tendenza ad abbattere e
sdraiarsi sottovento (due aspetti, questi ultimi, che non abbiamo potuti
provare nel corso della nostra prova ma che sono evidentemente connessi alla
natura di questi prodotti).
Tra le dotazioni personali i migliori risultati sono venuti dalla lucina
Aquaspec (e in commercio esistono molti altri prodotti simili, e tutte le
grandi marche hanno in catalogo qualcosa di simile) e dai razzetti Miniflare (e
anche qui il mercato offre una notevole possibilità di scelta per prodotti
equivalenti). La prima infatti è molto visibile e va utilizzata insieme ai
giubbotti salvagente autogonfiabili, per un’accoppiata sicuramente vincente che
garantisce, già al momento dell’impatto con l’acqua, visibilità e
galleggiabilità.
Se in più in tasca si hanno dei razzetti Miniflare (o altri prodotti simili) ci
si garantisce anche l’avvistamento da parte della barca anche a lunga distanza.
Sarà poi la lucina del salvagente a guidare l’avvicinamento a breve distanza.
Le torce stroboscopiche personali, da tenere nelle tasche della cerata, sono un’
utile alternativa a luce da salvagente.
In Pratica
In pratica
Facendo due rapidi conti si può dire che una barca a vela che navighi a 6 nodi
in circa 7 minuti perde di vista, nelle condizioni meteomarine quasi ideali del
nostro test, tutti i dispositivi luminosi che abbiamo provato. Una barca a
motore che navighi a 26 nodi ce ne impiega meno di due. Ipotizzando una
situazione di mare, vento e visibilità ben peggiori (quelle in cui ci si può
aspettare che qualcuno dell’equipaggio cada in mare) i tempi vanno
probabilmente più che dimezzati.
La morale è ovvia, meglio non cadere in mare. Visto che però questo comunque a
volte accade, vediamo cosa abbiamo imparato dal nostro test (ma, sottolineiamo,
non vogliamo fare una lezione sul recupero di uomo a mare, che può essere
oggetto di altri articoli, ma semplicemente riportare la nostra esperienza
pratica). Primo, meglio, visti i tempi medi in cui si perde di vista il
naufrago, utilizzare le cinture di salvataggio che tengono sempre l’uomo in
contatto con la barca.
Secondo, tra le procedure di emergenza fondamentali c’è l’attivazione del MOB,
con la semplice pressione di un tasto sul Gps si memorizza la posizione dell’
uomo a mare. Il Gps all’istante ci fornirà in automatico la rotta di
avvicinamento e la distanza dal punto. Questo è importante perché già nei primi
momenti di confusione dopo la perdita dell’uomo, avremo modo di aver un punto
di riferimento da seguire, senza dover fare nessun tipo di calcolo al
carteggio, e anche se tutti i dispositivi visivi fossero già diventati
“invisibili”.
Terzo, visto che la boetta è obbligatoria, meglio usarla al massimo delle sue
potenzialità, può diventare un efficace strumento di sicurezza. Quindi
scegliete il modello a luce continua, assicuratevi che sia in buono stato (pile
cariche, lampadina integra, guarnizione non “cotta”), che la cima galleggiante
sia ben colta, che tutto l’insieme (con anche il salvagente) sia facile da
gettare in acqua e che non sia assicurato alla barca.
Lo stesso vale ovviamente per chi volesse intraprendere la spesa e l’
installazione di un’asta Ior. Qui ovviamente i controlli sono più complessi.
Quarto, visto che la pelle è la vostra, dotatevi dei vostri personali strumenti
di sicurezza.
Dal nostro test emerge che un “trio” vincente è: giubbotto autogonfiabile ad
attivazione automatica, la sua lucina (tipo Aquaspec) anche lei ad attivazione
manuale più i razzi personali (quelli Miniflare sono un prodotto bello ma un
po’ troppo costoso). In questo modo ci si garantiscono galleggiabilità,
individuazione dalontano e da vicino. Nell’insieme sono tre strumenti poco
ingombranti e ragionevolmente economici. Se in più da bordo attivano il MOB e
lanciano prontamente la boetta lampeggiante in acqua, allora qualche speranza
“di farcela” c’è.
Infine un’idea, perché non rendere riconoscibile con un codice tipico le luci
per segnalare l’uomo a mare (quindi con un caratteristico periodo e colore), da
non confondere da tutte le altre, prima di tutto quelle dei pescatori? Magari
non passerebbero inosservate da tutti, così come è successo durante il nostro
test.
Ipotermia
I tempi dell’ipotermia
In realtà non si hanno dati del tutto certi. Non è facile sapere con esattezza
quali sono i tempi dell’ipotermia, tecnicamente quando il corpo scende sotto i
35°C, due in meno rispetto ai 37°C fisiologici, arrecando i primi seri danni al
corpo umano. La banca dati scientifica si basa sull’esperienza di alcuni
tragici episodi storici (come l’affondamento di alcuni traghetti di linea nel
Nord Europa) e addirittura sui mostruosi esperimenti che i nazisti portarono
avanti, utilizzando i prigioneri come cavie, durante la seconda guerra
mondiale. La condizione di ipotermia è molto più probabile in acqua che non
fuori, per la sua maggiore conducibilità del calore (il corpo si raffredda 25
volte più velocemente in acqua che non in aria). Questi sono i valori base che
vengono attualmente considerati come validi:
Temp. corp. sintomi
37°C temperatura corporea normale
36/35°C brividi e tremori
35/32°C confusione mentale, amnesia
33°C cessazione tremore, rigidità muscolare, pulsazioni irregolari
31°C semi-incoscienza
30°C incoscienza
28/25°C morte apparente, arresto cardio circolatorio
Con l’acqua del mare a 10° C, come nel corso della nostra prova (febbraio a
Marina di Ravenna) dopo circa due ore e mezzo si entra nella fascia di “alta
probabilità di morte per ipotermia”. A 17/18° C, il tempo sale a 8/9 ore. Nei
mari Italiani in agosto di notte ci sono circa 19°C. Le zone più sensibili alla
perdita di calore sono: la testa, l’inguine, le ascelle e i lati del torace. Se
si cade in mare di notte il giubbotto salvagente è lo strumento che garantisce
galleggiabilità e la minor dispersione possibile di calore. Per ottenere i
miglior risultati in quest’ottica bisogna assumere la posizione HELP (Heat
Escape Lessening Position), quindi il più raggomitolati possibile, con le gambe
vicine al torace, le braccia conserte.
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