27 November 2007

Ristoranti a bordo

Prima Classe Grandi chef, servizio raffinato, sontuosità in ogni dettaglio. Nell’epopea dei transatlantici l’arte culinaria è declinata alla sua più alta espressione e i ristoranti della first class sono luoghi unici. Per una crociera irripetibile. Gloria Swanson, ne “Il viale del tramonto” diretto da Billy Wilder, guardando sè stessa in un vecchio film muto, maledice l’avvento del sonoro che ha distrutto tanti miti della settima arte, da Rodolfo Valentino a Joh...

Prima Classe

Prima Classe Grandi chef, servizio raffinato, sontuosità in ogni dettaglio. Nell’epopea dei transatlantici l’arte culinaria è declinata alla sua più alta espressione e i ristoranti della first class sono luoghi unici. Per una crociera irripetibile. Gloria Swanson, ne “Il viale del tramonto” diretto da Billy Wilder, guardando sè stessa in un vecchio film muto, maledice l’avvento del sonoro che ha distrutto tanti miti della settima arte, da Rodolfo Valentino a John Gilbert: «Io sono sempre grande. E' il cinema che è diventato piccolo». Il mito si alimenta di fatti realmente accaduti e di leggende. La grande epopea dei transatlantici che solcavano l’oceano ospitando i passeggeri della “first class” (o “class cabine”) in un mondo a parte, anche di questo si è nutrita e non è un gioco di parole: l’arte culinaria declinata alla sua più alta espressione. Ben altra “cosa”, sono ora, le navi da crociera e i menù dei loro ristoranti. Non se ne abbiano gli armatori dei colossi che incrociano nelle acque caraibiche, il confronto è impossibile perché altri e affatto diversi sono i parametri dell’intendere “l’art de vivre” a bordo di una nave. I cuochi dell’Aquitania davanti alla torta a forma della nave

Sontuosità

La cucina, centinaia di cuochi e assistenti, una vera città nella città Gloria Swanson-Norma Desmond aveva una Isotta Fraschini costruita per lei sola, realizzata a mano, foderata di leopardo con finiture in liriodendro. La più costosa delle vetture oggi in vendita racchiude in sé una tecnologia sbalorditiva ma solo in rarissimi casi la materializzazione dell’opera d’arte. La straordinaria sontuosità del Rex, del Conte di Savoia, delle Queen Mary e Queen Elizabeth, dell’Ile de France, del Normandie, del Leviathan, della United States, del Bremen, condensava il gusto estremo dell’accoglienza. Il marketing giocava le sue carte sull’eccellenza del servizio destinato al pubblico più facoltoso e dunque, anche sull’unicità del convivio. Un esempio: nella cantina del Normandie, gioiello della Compagnie Générale Transatlantique le bottiglie di Borgogna, Bordeaux, Chablis Gran Cru, le casse di champagne Pommerol, Chrystal e Krugg furono stivate un anno prima del viaggio inaugurale perché il contenuto non soffrisse il trasporto e le variazioni di temperatura. Il caveau del transatlantico fu il primo locale con aria climatizzata a umidità costante. Il salone ristorante del France in una foto del 1912

La cucina

La cucina, centinaia di cuochi e assistenti, una vera città nella città Non erano, quelli, gli anni dei precotti. Tutto, dai croissant al pane ai gelati, veniva confezionato a bordo senza possibilità di “riciclo”. Un detto forse di grana grossa ma efficace, sottolineava che sulle navi italiane “ i menù non comprenderanno mai le polpette”.La cucina di bordo non conosceva il riposo, agli ordini di monarchi assoluti, gli chef, non di rado a ruolino con stipendi anche più corposi di quelli dei comandanti. Le compagnie se li contendevano dopo averli “strappati” agli migliori alberghi di Parigi e Londra, ai ristoranti più esclusivi. La cucina, centinaia di cuochi e assistenti, una città nella città, inviolabile ai “non addetti addetti ai lavori”, che si assopiva per due, tre ore, nel cuore della notte dopo aver preparato sino a quattromila piatti, mentre i croissant lievitavano sotto i teli bianchi della pasticceria. Non c’era momento, in navigazione, che non fosse accompagnato dal servizio delle cucine, a partire dalla colazione, sontuosa e internazionale, così come imponeva lo standard dell’offerta. Quei cinque giorni “dovevano” essere indimenticabili, non solo nella cangianza dei colori dell’oceano, delle feste di bordo, delle attrazioni, delle celebrità presenti a bordo - Marlene Dietrich, nel 1935, portò con sé sul Normandie 82 bauli di effetti personali - ma per tutti i cinque sensi con cui l’uomo si relaziona al mondo. La tipografia, installata nei ponti inferiori stampava quotidianamente i menu su carta pregiata, arricchita da incisioni d’autore. Nomen omen: otto portate a pranzo e altrettante a cena per il menu “suggestion”, sino a quaranta per quello “à la carte”. Piatti come quadri, contorni come tavolozze di pittori, dolci come sculture. La nave: il transatlantico France. Il luogo: le acque della Corsica. La data: aprile 1969. Lo chef: Henry Le Huédé. Un dettaglio: il fois gras in forma di piccoli cuscini sormontati dalla croce della Légion d’Honneur disegnata con scaglie di tartufo precedono i semifreddi, arnie di zucchero filato affollate di api di pasta di mandorle. Bimbi a bordo? Nessun problema: diete personalizzate. Un passeggero diabetico? La cucina seguirà le indicazioni del medico di bordo. Passeggeri ebrei? Ecco la dieta kasher, cui sovrintende un cuoco-rabbino che taglia, impasta e cuoce con utensili dedicati. Il menu del New York dell’Hamburg Amerika Linie

Sogno oceanico

Ogni serata doveva essere un sogno oceanico La qualità come variabile indipendente: tovaglie di fiandra e di cotone egiziano, piatti della miglior ceramica decorati con i colori della compagnia, bicchieri di cristallo, forchette, coltelli e cucchiai di sheffield, eliminati dal servizio alla prima rigatura che ne offusca la brillantezza. La qualità e il modo: una formidabile équipe assegna i posti ai tavoli secondo le indicazioni del responsabile di sala che si relaziona con il commissario principale orchestrando una sinfonica, complice ripartizione che tiene conto di età, sesso, professione, stato civile, predisposizione al dialogo, cultura personale, hobby e, perché no, conto in banca. A tavola per conoscersi, per piacersi, per corteggiarsi, per concludere buoni affari. Ogni serata “deve” essere irripetibile, nella dimensione di un sogno oceanico vissuto ad occhi aperti. Il Rex del comandante Tarabotto detiene il Nastro Azzurro? L’aperitivo è a base di curacao blu che, opportunamente mixato, acquista la nuance perfetta, identica a quella del trofeo assegnato alla nave più veloce nella traversata oceanica. Dal ponte passeggiata alla sala di lettura, al fumoir, dalla biblioteca al giardino d’inverno: tè russo, indiano, cinese con deliziose pastafrolle, tazze di densa cioccolata belga con buccia d’arancia candita. Il brodo, di verdura o carne secondo le preferenze di ciascuno, nelle giornate fredde, da sorbire accomodati sulle chaise longue, nel tepore dei plaid cammello. La regola: anticipare i desideri del passeggero, creare la condizione che renda unica e personale la sua navigazione. Quella sovrana eleganza, scandita dal tintinnio dei flute, nel luccichio dei gioielli, nelle stratificazioni svolazzanti delle eau de parfum, nello spunto sottile dei sigari Montecristo, assaporati insieme a un Calvados Hors d’Age, a un Armagnac. Un’euforia crescente, foriera di piccole e grandi avventure. La vita è anche questo, quello che accade nel frattempo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Le ultime prove