14 February 2012

Modalità di pagamento illeggitime?

Riceviamo e pubblichiamo una lettera del Professore ordinario di Diritto costituzionale nell'Università degli Studi Roma Tre Stefano Maria Cicconetti che solleva forti dubbi riguardo la modalità di pagamento della tassa di stazionamento...

Modalità di pagamento illeggitime?

Il decreto-legge, già convertito in legge da alcuni giorni, che ha introdotto la nuova tassa di stazionamento per le imbarcazioni, ha delegato l’Agenzia delle entrate a stabilire, con proprio decreto, le modalità di pagamento della suddetta tassa. A seconda di quanto al riguardo stabilirà tale decreto, potrebbe sorgere un grave problema di legittimità che darebbe adito a numerosi ricorsi di fronte agli organi di giustizia amministrativa.

 

Com’è noto, la legge determina in vario modo l’importo giornaliero della tassa a seconda della lunghezza delle imbarcazioni, della loro vetustà, della propulsione a vela o a motore e di un’altra serie di parametri che però non riguardano il problema oggetto di queste brevi note.

 

Quello che invece interessa sottolineare riguarda i due principi fondamentali espressamente previsti dalla legge: a) la tassa va pagata soltanto per il numero di giorni durante i quali l’imbarcazione è in acqua; b) la tassa non va pagata per il numero di giorni durante i quali l’imbarcazione è a terra. Da ciò scaturisce il carattere elastico della tassa, nel senso che la determinazione del suo importo è lasciata alla libera scelta dell’armatore, a seconda del numero di giorni di permanenza in acqua dell’imbarcazione che lo stesso riterrà più opportuno ai fini delle proprie esigenze.

 

Il rispetto di tali principi - condizione ineludibile per la legittimità del futuro decreto dell’Agenzia delle entrate -  dovrà perciò consentire la suddetta libertà di scelta per l’armatore e dunque, in concreto ed in analogia alle modalità a suo tempo previste per il pagamento della vecchia tassa di stazionamento, la soluzione più semplice e più rispettosa del dettato legislativo sembra essere quella del pagamento della nuova tassa mediante un apposito bollettino di conto corrente che fondamentalmente contenga l’indicazione del numero di giorni nei quali l’imbarcazione sarà in acqua e del conseguente importo che viene versato.

 

Tuttavia, voci ricorrenti fanno temere che la soluzione che verrà presa dall’Agenzia delle entrate potrebbe essere diversa da quella appena proposta, richiamandosi a quanto a suo tempo previsto da uno dei tanti testi ufficiosi circolati prima dell’adozione definitiva del decreto-legge da parte del Governo. Anche se va sottolineato che tale previsione non è stata più riproposta né in quest’ultimo, né nella relativa legge di conversione.

 

      In concreto, la tassa dovrebbe essere pagata anticipatamente, a partire dal prossimo primo maggio, per la durata dell’intero anno solare, salva la facoltà di detrarre dal pagamento per l’anno successivo l’importo corrispondente ai giorni nei quali l’imbarcazione è stata nel frattempo rimessata a terra.

 

Il decreto dell’Agenzia delle entrate che contenesse una tale o analoga disposizione sarebbe certamente illegittimo per  una serie di vizi tipici degli atti amministrativi quali, nella specie, violazione di legge, eccesso di potere, ingiustizia manifesta, disparità di trattamento e, non ultimo, ingiustificato arricchimento da parte dell’amministrazione.

 

L’ingiustificato arricchimento nasce dagli interessi che l’armatore deve pagare per procurarsi la somma necessaria per anticipare il pagamento dell’importo annuale ovvero dagli interessi ai quali deve rinunciare se già in possesso della somma stessa; interessi che, all’inverso, vanno invece a beneficio dell’amministrazione, che percepisce anticipatamente la tassa annuale, e che molto probabilmente non verranno restituiti l’anno successivo, data la difficoltà di determinarne il tasso e conseguentemente l’importo.

 

Violazione di legge perché, perlomeno per quanto attiene al primo anno, non viene tutelata l’effettiva libertà di scelta dell’armatore in ordine ai giorni di uso dell’imbarcazione in acqua e del relativo pagamento della tassa in stretta connessione ad essi; libertà di scelta che, come già illustrato in precedenza, la legge tutela in positivo (“si paga per ogni giorno di permanenza in acqua”) e in negativo (“non si paga per i giorni di rimessaggio a terra”).

 

Eccesso di potere perché la legge non prevede la soluzione che si sta criticando e addirittura, come già evidenziato in precedenza, non contiene alcun richiamo a quanto circolato ufficiosamente in testi anticipatori del testo definitivo del decreto-legge e della successiva legge di conversione. In questo caso, pertanto, sussistono elementi per ritenere violato il principio secondo cui il legislatore “ubi voluit dixit” e viceversa.

 

Disparità di trattamento e ingiustizia manifesta in relazione alle situazioni diversificate che possono verificarsi a livello individuale contrapposte all’obbligo di pagamento anticipato che sarebbe invece uguale per tutti. Ad esempio: l’armatore che volesse tenere in acqua l’imbarcazione soltanto per pochi giorni dovrà comunque anticipare la stessa somma che anticiperà un altro armatore che terrà invece lo stesso modello  d’imbarcazione in acqua per un numero molto maggiore di giorni. Ancora: l’armatore o il noleggiatore che tenga stabilmente la propria imbarcazione fuori dalle acque italiane e decida di transitarvi e/o soggiornarvi per pochi giorni dovrà pagare anticipatamente l’intero importo annuale della tassa? E che dire delle imbarcazioni straniere che si venissero a trovare nella stessa situazione, senza contare in questo caso il problema a livello europeo conseguente al divieto di doppia imposizione?  Ancora: l’armatore che, al termine della prima stagione di uso in acqua dell’imbarcazione, la vendesse, dovrà intraprendere un’azione di restituzione della tassa già pagata nei confronti dell’amministrazione oppure dovrà scalarla dal prezzo incassato dall’acquirente?

 

Al di là degli ulteriori rilievi d’illegittimità che potrebbero individuarsi, occorre sperare che il problema sollevato sia già ben presente a livello dell’Agenzia delle entrate e che, secondo buon senso e logica, la soluzione prescelta sia analoga a quella in precedenza suggerita. Soluzione che, oltre alla sua estrema facilità di attuazione, eviterebbe comunque il proliferare di un inevitabile contenzioso.

 

 Stefano Maria Cicconetti, Professore ordinario di Diritto costituzionale, Università degli Studi Roma Tre

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