02 May 2016

Un Oceano molto lontano

Claudio Regini, Augusta Marzioli e la loro bimba di tre anni hanno mollato i comodi ormeggi adriatici per girare il mondo con un Bavaria 38 del 2000. Dopo la partecipazione all’Arc hanno navigato nel Mar dei Caraibi, traversato il canale di Panama e arrivati alla Galapagos

Un oceano molto lontano

Non nascondo la verità, fino a un anno fa ho quasi sempre navigato in quel grosso lago chiamato Adriatico. Gli aspetti che lo caratterizzano sono noti. Una meteorologia estiva quasi sempre prevedibile, con poco vento e qualche temporale e locali rinforzi, ma dalla breve durata. Veloci traversate per andare da una sponda all'altra, solo per poche ore il cellulare risulta senza campo. Ridossi protetti e ben cartografati, tanto da poter atterrare anche di notte. E poi marina sparsi come Autogrill in autostrada, con tutti quei bei pezzi di ricambio in acciaio inox luccicante, forse un pochino cari.

 

Qualche mese fa ho attraversato come armatore/skipper l'Atlantico, partecipando all'ARC (Atlantic Rally for Cruisers) con una partenza burrascosa (a causa del meteo) e un arrivo in volata. Era la mia prima navigazione oceanica, ancora molti meccanismi psicologici e della barca andavano settati per questo genere di traversate. Intanto è necessario instaurare una disciplina quasi marziale a bordo, evitando che alcuni sfigati si sobbarchino tutto il lavoro di pulizia e di cucina, mentre altri privilegiati se ne stanno a pancia all'aria. Non è facile rimproverare un adulto perché non fa o fa male i compiti assegnatigli, è molto meglio agire in anticipo. È difficile però non passare da rompipalle, specie quando fai notare che alla barca ci tieni più che alla casa. Diventi quindi un po’ nervoso se qualcuno prepara il caffè e poi appoggia la cuccuma direttamente sul tavolino inclinato, rovesciandone inesorabilmente il contenuto in dinette, tra cuscini e paioli.

 

Altro aspetto fondamentale è la comunicazione in mezzo all'oceano, non tanto per postare su Facebook il pesce del giorno, ma più per ricevere il meteo. Si apre un capitolo complesso, fatto di paragrafi costosi e tecnicamente ostili. Il simpatico e user-friendly mondo delle app è distante anni luce. In mezzo al mare è fondamentale passare bene il cavo dell'antenna, ed essere consapevoli che tanto prima o poi la salsedine ossiderà quella bella saldatura a stagno che a casa sarebbe durata tre generazioni.

 

Ultimo aspetto a cui il crocerista medio non è abituato è il costante controllo dell'usura della barca. È quanto mai vero il detto che tutto ciò che non c'è non si rompe, e su questo ho basato alcune scelte sull'equipaggiamento della barca. Ma posso altresì confermare che tutto quello che c'è si rompe. Bisogna quindi evitare che si rompano quelle cose senza le quali viene giù l'albero, si perde il timone o affonda la barca. Per il resto ci si deve armare di pazienza, sperare nella fortuna e rimboccarsi le maniche.

 

Dopo altre traversate di alcuni giorni nel mar dei Caraibi, caratterizzate tutte da un aliseo molto generoso (cioè sempre sopra i 25 nodi, ma mai oltre i 40) sono approdato a Panama. Deve essere chiaro che già da questo punto i simpatici, riforniti e carissimi negozi di materiale nautico mediterranei non sono che un lontano miraggio. Anche i siti completissimi con consegna entro domani alle 12, da cui mi sono rifornito per anni e anni, qua non funzionano. Le spese di trasporto salgono, i tempi di spedizione sono sconosciuti e allungati dalle pratiche doganali. Insomma è chiaro che da questo punto in poi ci si deve arrangiare parecchio. Lo si intuisce anche dall'attrezzatura delle barche dei veterani, sono lontane dai nostri standard di perfezione, ponti puliti e sartie volanti. Sembrano più dei bazar del bricolage, con il ponte ben ingombro di quelle che da lontano sembrano cianfrusaglie (e forse in fondo in fondo lo sono).

 

Dopo le emozioni e le ansie del canale di Panama giungo finalmente in Pacifico. Si avverte subito un'onda lunga, ma veramente lunga, che proviene da SW. Questa simpatica presenza si intrufola nei pochi porti e in quasi tutte le baie, rendendo rocamboleschi gli atterraggi con il tender. L'acqua è verde e fredda, e la marea è oltre i due metri, insomma direi che l'accoglienza potrebbe essere rivista.

 

Poi finalmente salpiamo l'ancora e mettiamo la prua verso le Galapagos. La barca (un Bavaria 38 del 2000) è bella carica, sia perché a bordo siamo in sette con le relative scorte di viveri e acqua, sia perché ci sono ampie possibilità di bonacce e quindi imbarchiamo più gasolio di una petroliera. Ed ecco che il Pacifico ci fa vedere il suo lato migliore, complice la stagione (è indispensabile essere nel posto giusto al momento giusto, ma questo vale anche in Mediterraneo). L'onda lunga nemmeno si avverte, anche se si vede chiaramente. Il vento viene prima dal lasco di dritta e poi da bolina di sinistra, ma è sempre sotto i 15 nodi e non alza mai mare corto. Si viaggia sempre oltre i 5 nodi, magari sbandati, ma senza sbattere sulle onde. Il mare è tornato blu, e il cielo non è da meno. Di giorno il sole ci illumina e di notte le stelle ci guidano (si fa per dire, uso il Gps). A bordo, nonostante l'equipaggio sia nuovo e ci siano due sconosciuti, vige l'armonia. La barca viene pulita quotidianamente, i pasti sono ottimi, abbondanti e puntuali. Tutti partecipano alla vita di bordo, merito della nuova ricetta di disciplina che è in fase sperimentale. Le comunicazioni col mondo esterno avvengono in maniera precisa, agevole, puntuale ed economica. Alcune apparecchiature come il telefono satellitare e il modem Pactor sono state messe da parte. Utilizzo un tracker Gps che può mandare e ricevere brevi sms e la radio SSB direttamente collegata al PC per il meteo. Anche l'attrezzatura di coperta è finalmente adeguata al tipo di navigazione, le manovre sono rapide e precise. Insomma finalmente mi posso godere la navigazione senza eccessive preoccupazioni, mentre il pc scarica le carte meteo, mia figlia impara l'inglese grazie ai due membri dell'equipaggio, il tracker fa sapere ad amici e parenti dove siamo e nel forno si cuoce il pane!

 

Gran parte del merito va comunque a questo sconfinato Oceano, che ci spinge dolcemente sotto il sole verso la meta. Ci sono volute solo diecimila miglia per trovare questo equilibrio, ma ne è valsa assolutamente la pena.

 

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