(Ri)partire dalla base
di Pietro Tenconi, Zodiac
L’Italia, malgrado i suoi 8.000 chilometri di coste, non ha cultura nautica così come la nostra classe politica (che è espressione del Paese) e da questa ignoranza nasce l’idea che nautica è sinonimo di armatori ricchi ed evasori, da cui tutte le scellerate campagne di disinformazione (vi ricordate il manifesto di Rifondazione Comunista “Anche i ricchi piangono”?), per non dire le leggi sciagurate (vedi in ordine di tempo governo Monti) e le azioni invasive della Guardia di Finanza lungo le banchine dei porti o presso i rivenditori di barche.
Ho vissuto otto anni a Trieste, una città dove il numero di “proletari” proprietari di un’imbarcazione tra i 5 e i 9 metri è significativa. Sono tutti da considerare evasori o sono persone normali che rappresentano l’asse portante del settore?
Questa premessa serve a creare un collegamento con il Salone di Genova. Salone che, sebbene in crisi rispetto agli anni d’oro, è riuscito ad avere una sua ragione grazie alla piccola nautica con aree dedicate alla vela, ai motori fuoribordo e ai gommoni. Queste infatti si sono rivelate le più visitate e le più discusse, mentre gli spazi degli yacht sembravano scollati dal resto della manifestazione.
Partirei proprio da questo scenario per rilanciare il mercato ossia la piccola nautica come base per la ripartenza. Oggi le barche di dimensioni più importanti (dai 50’ in su) hanno una domanda interna quasi inesistente a causa della politica dei controlli in mare, della morte del leasing e non per ultimo per le difficoltà economiche. I grandi yacht continuano a rappresentare un mercato destinato prevalentemente all’export. Il mercato interno, invece, è quello composto da tanti signori Rossi che sognano la barca per navigare in vacanza.
Qualcun altro, sempre in queste pagine ha scritto che è la piccola nautica ad assicurare il ricambio generazionale. Ciò significa lavorare per garantire continuità alla crescita del settore.
Negli anni scorsi, quando il comparto cresceva, si è operato per portare a casa il massimo senza preoccuparsi di curare e far crescere la base. Tanto che nei marina erano addirittura scomparsi i posti barca per le imbarcazioni sotto i 10 metri.
Quindi come agire in tempi brevi? Non c’è niente da inventare, basta guardare i paesi vicini.
• Scivoli di alaggio agibili e facilità di accesso per auto e carrello. Questo servizio non deve essere gratis, ma proposto a costi calmierati e gestito dai Comuni che potrebbero addirittura ricavarne un’entrata.
• Costi degli ormeggi trasparenti e giusti. Nei marina francesi non si paga uno sproposito, i servizi sono ottimi (lo sa bene chi è scappato dall’Italia durante il governo Monti).
• Rete dei porti. Sempre in queste pagine ho letto che molti la invocano. Anche se non tutti vogliono aderirvi non è un problema: chi è in rete usufruirà di questa visibilità, gli altri staranno a guardare.
• Regole semplici da applicare per la navigazione e per mettere fine alla situazione che ogni Capitaneria di Porto è una Repubblica Marinara a se stante, con potere di emanare “direttive” con valore locale. UCINA sta lavorando con le autorità per semplificare le regole. In Francia o in Inghilterra, ad esempio, tutto è più semplice e di facile applicabilità.
• Un’unica forza dell’ordine operativa in mare e non più le sei o sette esistenti, al servizio dell’utente (che è quello che paga le tasse) e non di repressione.