22 July 2020

Speciale imbarcazioni elettriche, tutto quello che avreste sempre voluto sapere!

Batterie più potenti, autonomia e prestazioni in aumento. Trainato dall’automotive, anche il diporto sta abbracciando la mobilità elettrica. Ve la spieghiamo con interviste ai protagonisti e una sezione densa di novità. Buon viaggio (senza emissioni)

Leggi anche le altre sezioni del nostro super Speciale Elettrico:

  1. Le quattro interviste ai protagonisti del settore: il progettista italiano Sergio Cutolo, Christoph Ballin, fondatore di Torqeedo, Michael Frauscher di Frauscher Boats, Michael Köhler fondatore di Silent Yachts.
  2. La Sezione Novità con tutte le barche e gli accessori per navigare senza emissioni!

La propulsione elettrica offre moltissimi vantaggi e due soli grandi difetti: la velocità di ricarica delle batterie e l’autonomia. Accettato il fatto che non esistano ancora “serbatoi“ di energia elettrica tali da permettere a potenze propulsive elevate grandi autonomie, si tratta di veicolare la propulsione elettrica a un modo diverso di navigare, più lento e confortevole.

Questo non significa che le potenze messe in gioco dai motori elettrici siano basse, anzi, si può arrivare a valori stratosferici mantenendo dimensioni contenute, come dimostrano, per esempio, gli ormai collaudati Mermaid di Rolls Royce, dove all’interno del pod immerso che sostiene l’elica ci sono motori sincroni in grado di generare fino a 19,5 MW, niente meno che 26.000 cavalli.

Il problema è che per alimentarli ci sono turbine a gas che lavorano in continuo per generare l’energia elettrica sufficiente. O come la barca da corsa Jaguar Vector V20, che è capace di navigare a quasi 77 nodi di media sul miglio con una potenza installata di 295 cavalli in uno scafo di soli sei metri.

I pregi di un sistema propulsivo elettrico non si limitano a quelli più evidenti: una caratteristica intrinseca dei motori elettrici è quella di offrire una curva di coppia praticamente costante al variare del numero di giri di rotazione. Questo fatto permette al motore elettrico di mantenere un’efficienza alta a diversi regimi di rotazione del motore e quindi dell’elica.

Proprio da tale considerazione nasce anche un’ambiguità che spesso utilizzano i produttori di motori elettrici per confrontare i propri prodotti con i motori endotermici, un’ambiguità che scaturisce sia per una necessità di semplificazione, sia per poter valutare in termini realistici un’eventuale rimotorizzazione. Non è raro infatti vedere esposte delle schematizzazioni in cui si fa corrispondere un motore endotermico a un motore elettrico di potenza nettamente inferiore.

Per esempio, si può leggere che un fuoribordo elettrico di potenza propulsiva pari a 34 kW è comparabile ad un fuoribordo tradizionale di potenza pari ad 80 cv, una cosa che pare di per sé impossibile: come può un motore elettrico da 34kW (che corrispondono a circa 46 cv) essere uguale ad un motore tradizionale da 80 cv? L’ambiguità nasce proprio dal fatto che un motore elettrico lavora a coppia quasi costante al variare del numero di giri, mentre, per esempio, un motore fuoribordo alimentato a benzina, ha una curva di coppia che può anche esser molto ripida.

Poiché la potenza è il prodotto fra regime di rotazione e il valore di coppia a quel dato regime di rotazione, si capisce come, al di sotto del regime di rotazione a cui corrisponde la coppia massima, il motore elettrico abbia una potenza che è sempre superiore a quella di un motore endotermico. Ciò significa che in un confronto fra motore elettrico e motore endotermico di pari potenza, a tutti i regimi di rotazione intermedi prima di quello di potenza massima il motore elettrico è sempre più potente.

Ibrido

La propulsione elettrica si declina in più branchie interconnesse, dall’ibrido plug in a quella full electric, passando per soluzioni intermedie più o meno efficaci. La soluzione ibrida prevede l’utilizzo combinato di motori endotermici ed elettrici in una collaborazione che può variare in funzione delle necessità e delle condizioni di carica delle batterie, più spesso utilizzando la propulsione elettrica per i trasferimenti lenti e quella endotermica per quelli veloci o per ricaricare le batterie.

Le versioni full electric, cioè dove i motori elettrici sono gli unici ad essere collegati meccanicamente alle eliche, possono essere dotate di range extender, cioè generatori o gruppi elettrogeni in grado di ricaricare le batterie. Nei casi più estremi, ma non si parla più di full electric, dove i pacchi batteria sono piccoli o le potenze in gioco sono alte, si può arrivare a soluzioni in cui i pacchi batteria fungono da tampone e la potenza dei motori richiede che i generatori o i gruppi elettrogeni siano sempre in funzione.

Quest’ultima soluzione è quella utilizzata dalle navi e, anche se può sembrare assurdo trasformare l’energia dei combustibili fossili in energia meccanica e quindi in energia elettrica (come fanno i gruppi elettrogeni) e poi di nuovo energia elettrica in meccanica (come fanno i motori elettrici), c’è il caso che in un bilancio energetico possa convenire produrre elettricità con un generatore ottimizzato a funzionare in una sola condizione e ridurre le componenti di lunghe catene di trasmissione meccanica.

In questo contesto, anche su yacht di dimensioni medie e grandi, è possibile realizzare sistemi completamente elettrici dotati di gruppi elettrogeni che hanno il solo compito di entrare in funzione per ricaricare le batterie qualora la carica accumulata in banchina non fosse sufficiente o, addirittura, consentire ai motori elettrici di lavorare a massima potenza in modo continuativo.

Autonomia

Ad oggi, il vero ostacolo alla diffusione dei sistemi di propulsione elettrica è legato al fatto che un serbatoio di carburante è ben più piccolo e veloce da riempire di un pacco batterie di equivalente energia.

Ma è importante osservare come negli ultimi cinque anni l’evoluzione dei sistemi di batterie e dei relativi controller abbia avuto un’accelerazione esponenziale. Un’evoluzione che sta interessando anche i sistemi di ricarica veloce nonché la sicurezza e l’affidabilità. In poco tempo si è passati a batterie più sicure, più piccole, più leggere e in grado di sostenere velocità di ricarica elevatissime.

Le infrastrutture portuali di cui necessitano le barche a propulsione elettrica per potersi ricaricare non sono poi così rare e, dalla tradizionale colonnina a 220V alle colonnine trifase per maxi yacht a elevato amperaggio, non si può dire che ci siano problemi di rifornimento. Il rifornimento veloce, però, è un’altra cosa e qui bisognerà attendere che le colonnine per la ricarica veloce siano installate e che i costruttori si uniformino ad uno standard unico, che sarà quasi sicuramente quello già sviluppato in campo automotive.

L’idea poi di utilizzare pannelli solari o pale eoliche per generare la potenza necessaria alla propulsione non è cosa ancora attuabile su imbarcazioni che non siano sperimentali; infatti, in condizioni ottimali, ci vogliono fra i sette e i nove metri quadrati dei pannelli solari più efficienti (quelli al silicio monocristallino) per poter ottenere 1 kW dall’energia solare.

Si tratta di superfici molto grandi, non proporzionate alla richiesta di potenza che ha una imbarcazione che può dedicare tali aree all’installazione di pannelli solari. Non è però da sottovalutare il contributo alla riduzione di consumi o alla ricarica delle batterie che sistemi a pannelli solari o eolici possono offrire tanto in navigazione, quanto, e soprattutto, durante i periodi di inattività dei propulsori.

Nella navigazione a vela, invece, si possono sfruttare idrogeneratori efficienti, che sono in grado di ricaricare le batterie in modo efficace: se un idrogeneratore è in grado di produrre fino a 600 W (e in commercio ce ne sono diversi in grado di farlo), significa che in una navigazione a vela di 5 ore si possono accumulare anche 3 kWh nelle proprie batterie.

Impatto ambientale

È indubbio il fatto che una imbarcazione a propulsione elettrica in navigazione generi un inquinamento ambientale molto limitato, quasi nullo. Molti dubbi vengono però sollevati dal fatto che l’energia elettrica va comunque ottenuta dalla trasformazione di altre fonti, dal nucleare ai combustibili fossili. Senza entrare nel merito della conversione di energia nucleare in elettrica, va detto che in termini di efficienza la conversione di energia elettrica delle centrali termoelettriche è migliore di quella che si può ottenere dalla conversione in energia meccanica dei moderni motori a combustione interna. E poi c’è la questione delle fonti di energia alternative, che in alcuni paesi d’Europa sono in grado di raggiungere il 60% del fabbisogno energetico complessivo nazionale.

La questione più spinosa è invece quella delle batterie e del relativo smaltimento a fine vita. Il gioco è sempre lo stesso: lo smaltimento e il riciclo delle diverse componenti senza grossi impatti ambientali è possibile, ma ancora costoso, un costo che si ripercuote sul costo all’acquisto già alto delle batterie. Un’interessante evoluzione si attende anche dai nuovi tipi di batterie al sale e al grafene, che potrebbero arrivare a rimpiazzare quelle che utilizzano il litio nelle diverse declinazioni.

Prospettive future

Il futuro della mobilità elettrica nel diporto coinvolge più compartimenti del sistema propulsivo, dalla batteria ai motori di nuova generazione fino all’elettronica di gestione. Proprio quest’ultima ha un ruolo fondamentale nella gestione dell’efficienza del sistema e, purtroppo, anche nell’assorbimento di energia.

Infatti, dall’energia che esce dalle batterie a quella che effettivamente arriva all’elica, una gran parte viene dissipata in calore dal motore e dalle linee di potenza, viene assorbita dai controller, dalle pompe di raffreddamento e dai circuiti periferici. Nuove logiche di funzionamento e di riutilizzo delle energie parassite possono migliorare l’efficienza dell’intero sistema e alcune aziende si stanno impegnando in tali direzioni con risultati incoraggianti.

Ma non è solo il sistema propulsivo a essere in continua evoluzione, lo è anche l’architettura navale stessa, tesa a massimizzare l’efficienza del movimento e quindi rivolta a un tipo di navigazione nell’intorno superiore della velocità di carena. Ciò comporta la realizzazione e lo studio di linee d’acqua dalle forme diverse, l’utilizzo di materiali compositi evoluti alla ricerca della leggerezza.

Di fatto, a livello progettuale, la propulsione elettrica offre dei vantaggi che possono essere enormi in termini di sfruttamento degli spazi interni e di coperta e di controllo della disposizione dei pesi. Le batterie possono essere posizionate dove conveniente e i motori occupano poco spazio e non ingombrano la coperta e possono essere messi vicini alle eliche senza necessitare di lunghe linee d’asse o trasmissioni complesse.

In certe applicazioni, dove si ha la possibilità di disegnare una carena ad hoc, l’impiego di pod immersi può rappresentare un grande passo avanti poiché si libera la barca dall’ingombro dei motori e i motori stessi, immersi in acqua, non necessitano di raffreddamento forzato, di pompe per il ricircolo dell’acqua e tutto quello che ciò comporta. Se in più i pod sono azimutali, non si deve neppure ricorrere all’impiego di timoni.

Un altro fronte interessante è quello della realizzazione di eliche progettate apposta per essere accoppiate a motori elettrici, che possono arrivare a regimi di rotazione molto bassi senza sistemi di riduzione. Poter contare su un motore a coppia costante e in grado di girare a bassi regimi permette di realizzare eliche sensibilmente più efficienti.

Proprio in questo ambito, in alcuni prototipi, si è arrivati ad ottenere efficienze dell’elica superiori al 70%, che è un valore molto alto, soprattutto se confrontato al 50% medio che contraddistingue le eliche tradizionali montate su barche dislocanti e semiplananti.

L’elettrico si diffonderà sempre di più in modalità ibrida

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