Già alla fine del XIX secolo, alcuni dei mastri d’ascia più illuminati avevano
provato a realizzare piccoli yacht da regata con zavorra mobile da spostarsi a
babordo o a tribordo a seconda delle mura alle quali ci si trovava a navigare.
Una soluzione che aumentava la capacità raddrizzante e quindi le prestazioni. I
panetti di piombo, dotati di una maniglia in legno, venivano spostati a mano
dai marinai, un lavoro che doveva essere lungo, faticoso e pericoloso, che
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Introduzione
Già alla fine del XIX secolo, alcuni dei mastri d’ascia più illuminati avevano
provato a realizzare piccoli yacht da regata con zavorra mobile da spostarsi a
babordo o a tribordo a seconda delle mura alle quali ci si trovava a navigare.
Una soluzione che aumentava la capacità raddrizzante e quindi le prestazioni. I
panetti di piombo, dotati di una maniglia in legno, venivano spostati a mano
dai marinai, un lavoro che doveva essere lungo, faticoso e pericoloso, che
andava ripetuto ad ogni virata. Quando lo yacht sbandava in maniera eccessiva
la zavorra si spostava da sola rischiando di sfondare il fasciame o di far
ribaltare la barca.
Negli anni la zavorra è passata dalla sentina alla deriva e dalla deriva a
grosse torpedini appese all’estremità di ali sempre più sottili. Le moderne
barche da regata contengono nella torpedine oltre il 40 per cento del loro
intero dislocamento e nei più recenti Coppa America arrivano a superare l’80
per cento. Spostare sopravento una simile quantità di zavorra significa
incrementare la potenza di una barca in modo decisamente importante. Le prime
applicazioni di chiglia basculante sono state sui Minitransat, i piccoli
mostri che attraversano l’Atlantico e che fanno della “potenza” una necessità
per planare, poi è stata la volta degli Open 60, che qualche problemino di
messa a punto in più l’hanno avuto a causa delle grandi sollecitazioni
strutturali e delle forti velocità innescate da queste barche.
Oggi, a distanza di molto tempo, la chiglia basculante, pur se utilizzata da un
numero di barche sempre maggiore e non solo da regata, rimane una tecnologia
costosa sia dal punto di vista economico che tecnologico e, in termini
assoluti, è divenuta una necessità per tutti i monoscafi che vogliono
raggiungere prestazioni elevate. Nonostante lo scetticismo che ancora ruota
intorno all’affidabilità e alla robustezza di questo tipo di rimpianto, anche
chi profondamente contrario alla canting keel, come l’armatore di Alfa Romeo
Neville Crichton, è dovuto ricorrere a questo artifizio per la sua nuova barca:
«…voglio vincere, qualsiasi cosa io possa credere giusta o sbagliata di una
tecnologia che è permessa dal regolamento e che rappresenta la differenza fra
vincere e perdere, poco importa: io non posso far altro che usare questa
tecnologia».
Qualcuno ci ha provato anche su barche non proprio destinate alla regata, è il
caso di Juno, uno dei primissimi yacht ad avere la funzione di deriva
svincolata da quella di zavorra, voluto da Sandro Buzzi con progetto di Britton
Chance. Come poi il Wally Tiketitan. Sono barche in cui la superficie di deriva
necessaria di bolina è ottenuta con lame aggiuntive, perché ovviamente quella
di sostegno della zavorra non è più in grado di assolvere completamente alla
funzione di superficie laterale. Questa variazione del piano di deriva pone a
sua volta qualche questione, ma migliora la versatilità complessiva del
sistema: il centro di deriva può essere avanzato di bolina e arretrato al
lasco, come ben sperimentato dagli open 60 e dai Vor 70.
L’applicazione del sistema a chiglia basculante è, in effetti, un argomento
sempre meno controverso, che sta trovando una sua reale collocazione nella
tipologia di barche nelle quali viene impiegato. Già molti maxi montano questo
tipo di sistema con risultati ottimi per quanto concerne le performance e
sempre migliori per quanto riguarda l’affidabilità, anche se casi eclatanti non
mancano, come quello di Skandia nella Sydney Hobart del 2004 e come gli
angoscianti e continui problemi fatti registrare dai Vor 70, che hanno avuto
come apice l’abbandono di Movistar nell’Atlantico. Del resto, gli Open 60 hanno
ormai la chiglia basculante da diverse generazioni e, oltre ad una provata
affidabilità, hanno dimostrato una longevità sorprendente. Vanno tenute
presenti comunque le forti differenze di carico, e quindi di struttura, tra un
maxi di trenta metri e un più normale diciotto metri da condurre in solitario.
Massimo raddrizzamento
Massimo raddrizzamento
La risultante delle azioni aerodinamiche che agiscono sulle vele si può
scindere in due componenti, una longitudinale in direzione del moto, che è la
forza propulsiva, e una in direzione trasversale al moto, quella che dà vita al
momento sbandante. Il momento sbandante è contrastato da un momento
raddrizzante, combinazione delle azioni generate da una zavorra e da una forma
geometrica della carena che sposta sottovento il centro di galleggiamento
trasversale all’aumentare dell’inclinazione.
In una barca che naviga a regime, momento sbandante e momento raddrizzante sono
in equilibrio, equilibrio che si raggiunge grazie al fatto che, all’aumentare
dello sbandamento, l’efficienza del piano velico diminuisce (diminuisce quindi
anche la forza sbandante), mentre generalmente aumenta il momento raddrizzante.
Maggiore è il momento raddrizzante, maggiore è la forza aerodinamica che può
generare il piano velico a pari condizioni di navigazione: di fatto, la
stabilità laterale è uno dei fattori che più profondamente influenzano le
prestazioni di una imbarcazione a vela. L’aumento del raddrizzamento si può
ottenere sia cercando forme di carena particolarmente larghe, sia aumentando e
abbassando la quantità di zavorra.
La prima soluzione consente una costruzione leggera e tale da garantire angoli
di sbandamento contenuti, ma paga una forte asimmetria nelle andature a scafo
sbandato, tali da aumentare la resistenza all’avanzamento soprattutto nelle
andature di bolina. La seconda consente di realizzare carene più strette e
performanti nelle andature controvento, ma richiede una aumento del
dislocamento e quindi un forte aumento della resistenza all’avanzamento. La
soluzione di utilizzare della zavorra ad acqua in serbatoi laterali riempiti
solo dal lato sopravento, permette di ottenere un elevato raddrizzamento già a
piccoli angoli di sbandamento con un miglioramento delle performance del piano
velico, ma comporta un incremento del dislocamento proporzionale all’aumento
del raddrizzamento. Uno yacht che sbanda poco è in grado di sfruttare in
maniera più efficace le potenzialità del proprio piano velico. Allo stesso
modo, il sistema a chiglia basculante aumenta il momento raddrizzante
soprattutto ai piccoli angoli di sbandamento, spostando la zavorra sopravento,
senza richiedere l’imbarco di pesi ulteriori e permettendo forme di carena meno
vincolate alle necessità della stabilità di forma e maggiormente indirizzate
all’efficienza idrodinamica.
Del resto, sistemi analoghi sono quelli impiegati sulle derive e in modo più
esasperato sugli skiff, dove l’equipaggio sposta il proprio peso sopravento per
raddrizzare la barca; anche nei grandi yacht, in regata si sposta sopravento
tutto quanto possibile, dalle vele ai viveri. L’impiego della chiglia
basculante, oltre a garantire un aumento sostanzioso delle performance,
consente di navigare con lo scafo meno sbandato, al limite senza sbandamento,
con un aumento della vivibilità a bordo non certo trascurabile. Di fatto, pur
se a beneficiare delle chiglie basculanti sono nella maggior parte dei casi
barche da regata, ci sono alcuni cantieri e progettisti che impiegano la
canting keel anche su imbarcazioni per la crociera veloce, dove l’aumento del
raddrizzamento è asservito, prima ancora che alla ricerca delle
prestazioni,alla possibilità di tenere lo scafo orizzontale a favore di maggior
comfort in navigazione.
Problemi e pregi
Problemi e pregi
Basculare una chiglia zavorrata significa introdurre carichi notevoli sulle
strutture della barca, carichi che dipendono dalla movimentazione della chiglia
stessa e dall’aumento del raddrizzamento, ovvero carichi introdotti dal piano
velico e, in generale, dal rig. Spostare sopravento di qualche decina di gradi
una deriva profonda e zavorrata con diverse tonnellate, significa dover fornire
ai pistoni idraulici che la movimentano, e che lavorano con una leva molto
sfavorevole, una potenza stremamente alta.
Dai primi Minitransat che ruotavano la loro piccola chiglia con un sistema di
paranchi, si è passati oggi a estremi come quelli di Mari Cha IV, il ketch di
140 piedi che basculla di 40° per lato una chiglia profonda 6.5 metri acui è
appeso un bulbo di 10 tonnellate. Il suo unico martinetto idraulico lavora a
trazione e compressione generando una forza di decine di tonnellate,
introducendo nella struttura carichi molto violenti che si ripercuotono in
maniera diretta su tutta la zona limitrofa dello scafo. Basti pensare a cos’è
accaduto ai Vor 70, i cui equipaggi hanno lottato per tenere a galla barche
che, oltre alle avarie dell’impianto, hanno subìto importanti e delaminazioni
nelle zone intorno alla struttura della canting keel. Non è poi da trascurare
il fatto che la chiglia ruota intorno ad un perno attraverso il quale passa la
gran parte degli sforzi a cui è soggetta la barca in navigazione, carichi che
crescono enormemente quando si considerano le accelerazioni inerziali dovute
al moto ondoso.
Se già il dimensionamento della scassa è causa di complessi calcoli
strutturali, la valutazione delle condizioni reali di utilizzo è la vera
problematica che devono affrontare i progettisti e gli strutturisti: non è
infatti scontato definire in quali situazioni navigherà la barca e,
soprattutto, come si comporterà a livello di beccheggio rollio e imbardata nel
passaggio fra le onde, caratteristiche non conoscibili a priori, poiché
dipendono dalle qualità geometriche e inerziali dell’intera barca in relazione
al moto ondoso specifico e alla velocità di navigazione.
L’inclinazione sopravento della chiglia, oltre a consentire un aumento del
raddrizzamento, diminuisce l’efficienza del piano di deriva riducendone la
superficie utile e rendendo necessario l’impiego di una o due ali che possono
essere retrattili, fisse o mobili attorno al loro asse. Ali retrattili, o
foils, vengono immerse in acqua quando la chiglia è ruotata sopravento; sono
doppie nel caso si impieghino profili asimmetrici. Diviene sempre più attuale,
soprattutto sulle barche grosse, la disposizione di un’ala prodiera a incidenza
variabile che assolve la funzione di secondo timone. Un aspetto negativo legato
alla canting keel è l’aumento del numero di meccanismi imbarcati per i quali è
necessaria un’attenta manutenzione.
Per quanto possa essere ben fatta una canting keel sarà sempre più delicata di
una soluzione e chiglia fissa: bisognerà quindi stare molto accorti sia a non
toccare il fondale sia nella gestione della movimentazione con mare formato o
nelle manovre più veloci. Nonostante l’impiego di plc dedicati, e quindi di
software che gestiscono il basculamento in condizioni di uso normale e in
situazioni di emergenza, rappresenti uno dei grossi passi avanti nello sviluppo
della tecnologia della chiglia basculante, la gestione della navigazione
diviene inevitabilmente più complessa, di conseguenza la competenza di chi
governa deve essere maggiore.
Un esempio concreto
Raddrizzamento e carichi del Rig
Un confronto fra le due curve di raddrizzamento ricavate per la barca con
chiglia fissa e quella con chiglia basculante dà un’idea di quali siano gli
effetti diretti apportati da una soluzione a canting keel. E’ immediato notare
quanto il raddrizzamento della versione della barca con canting keel sia più
elevato e traslato verso sinistra: con chiglia basculata a 40° sopravento e
angolo di sbandamento nullo si ottiene un valore del raddrizzamento che la
versione con chiglia fissa ottiene solamente una volta sbandata di ben 20°.
Quando la barca con chiglia basculata sbanda di 14°, quella con chiglia fissa
genera lo stesso raddrizzamento a ben 47°, decisamente molti, tali da
costringere l’equipaggio a ridurre le vele o a lascare la randa. Per contro, si
nota che il massimo angolo di stabilità positiva nel caso di barca con chiglia
basculata di 40 gradi è di soli 136 gradi, mentre quello della barca a chiglia
fissa è di ben 163 gradi. La prima conseguenza è che la maggior potenza
garantita dalla soluzione a canting keel introduce ulteriori carichi sul rig,
che quindi dovrà essere adeguatamente dimensionato.
Utilizzando i metodi esposti sul numero di aprile 2006 di Vela e Motore, si
ricava che, a parità di intensità del vento e di andatura, le lande della
versione a con canting keel devono sopportare un carico maggiorato del 30%
rispetto a quello della versione a chiglia fissa; allo stesso modo, strallo di
prua e volanti dovranno essere dimensionati per un carico di rottura che cresce
del 65%. Valori importanti, che danno un’idea della crescita esponenziale delle
sollecitazioni a cui si trova sottoposta tutta la barca. E’ quindi evidente che
una barca con canting keel deve essere progettata in modo specifico e che deve,
quindi, avere strutture adeguatamente dimensionate e quindi più pesanti di
quelle dedicate ad una barca con chiglia fissa.
Le prestazioni
Un confronto fra le prestazioni ottenibili dalle due barche mette in evidenza
il sostanzioso aumento di velocità a tutte le andature e in tutti i regimi di
vento. Queste curve sono indicative e ricavate da un programma di predizione
delle velocità sulle geometrie della barca presa come esempio e valutata nelle
due diverse configurazioni.
La simulazione prevede l’uso di un gioco di vele che comprende randa genoa a
bassa sovrapposizione e grande gennaker in testa d’albero. Le curve rosse si
riferiscono alla versione dotata di canting keel e con chiglia basculata quanto
serve a massimizzare le performance caso per caso. La curva blu si riferisce
alla barca allestita con deriva fissa. Si nota come con nove nodi di vento e al
gran lasco le prestazioni delle due barche tendano a sovrapporsi, questo a
causa del fatto che la barca a deriva basculante è costretta a ridurre l’angolo
di inclinazione della deriva fino a portarla in posizione verticale a causa del
poco vento e quindi della poca pressione sulle vele.
Le performance della barca con chiglia basculante sono mediamente superiori di
circa il 10% nelle andature dalla bolina larga al lasco, mentre il divario si
riduce nelle andature di bolina stretta. Le prestazioni della barca nelle due
configurazioni sono decisamente elevate, si tratta infatti di un racer estremo,
scelto per evidenziare le differenze fra una soluzione e l’altra. Su
imbarcazioni meno spinte, in cui viene associata una canting keel ad una carena
larga dall’elevato raddrizzamento di forma, l’aumento di prestazioni è meno
evidente, soprattutto nelle andature di bolina.
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