Come tornare a essere il Bel Paese?
Attraverso una rete nazionale dei porti con prezzi allineati, abbonamenti e servizi condivisi per pianificare la crociera
La crisi economica potenziata dall’ottusità legislativa ha quasi azzerato il mercato nautico interno e pesantemente scoraggiato gli stranieri nello scegliere l’Italia come meta delle proprie vacanze in barca.
E’ tuttavia passato anche il momento di continuare a lamentarsi sui danni micidiali inflitti al settore nautico dall’ignoranza della politica.
Come rimediare? Come tornare a essere il paese “più bello del mondo”? Con i suoi 8.000 km di coste e la più grande industria nautica globale?
In attesa che i cantieri meglio strutturati (quelli che grazie alla capacità di esportare riescono ad affrontare la congiuntura) rivitalizzino parte della clientela italiana, troviamo motivi convincenti per rilanciare il turismo nautico.
Teniamo presente che il 70% di tutte le barche da diporto del mondo si trovano stabilmente o di passaggio in Mediterraneo, e quindi non dimentichiamo la nostra centralità.
Tali motivi devono essere non solo convincenti, ma anche “percepibili” facilmente, in modo da attrarre rapidamente il diportista straniero e invertire la fuga dalle nostre marine.
Seguendo l’esempio della Croazia che, anni fa, ha saputo trasformare il proprio litorale in un sistema di porti collegati tra loro e dai servizi eccellenti, sarebbe indispensabile che le marine italiane creassero una rete con presupposti commerciali e azioni di marketing condivisi: prezzi allineati, offerte promozionali, abbonamenti (boat pass…), siti web comuni che consentano la pianificazione della crociera, disponibilità dei servizi h 24/24, compresi quelli doganali e amministrativi.
E’ sorprendente notare come solo una piccola parte delle grandi compagnie internazionali di noleggio abbiano scelto l’Italia per aprire le proprie basi preferendo invece Croazia, Grecia e Turchia: è evidente che il rapporto costi/benefici che siamo in grado di offrire ci penalizza. Cerchiamo quindi di attirare questi player con incentivi, anche fiscali.
D’altra parte è illusorio che quest’azione di coordinamento possa essere portata a termine dalle singole realtà imprenditoriali che si dovrebbero spontaneamente intendere tra loro. Basterebbe la litigiosità italiana a rendere velleitario il tentativo.
E’ dunque indispensabile una guida politica, dipendente dal ministero più affine, che attraverso corretti incentivi e la formalizzazione di norme rigorose e certe, inneschi e gestisca il processo.
Le norme in campo nautico sono incerte, controverse e contradditorie. Ogni paese che si affaccia sul Mediterraneo legifera a suo modo e impone tributi diversi (basti pensare alle aliquote iva sul noleggio che, nel solo ambito comunitario, variano dal 6,5% della Grecia al 22% dell’Italia).
Sarebbe indispensabile che una rappresentanza, dotata della adeguata forza politica, innescasse, in sede UE, un processo volto a uniformare le norme che regolano la navigazione da diporto in acque comunitarie. Il semestre italiano di presidenza UE potrebbe essere un’occasione?
Si potrebbe almeno tentare.