Giancarlo Pedote: così mi preparo al Vendée Globe!

Mentre il Covid19 impazza cambiando agenda e routine di tutti, l’ambizioso progetto Vendée Globe di Giancarlo Pedote va avanti. Ovviamente da casa!

Nonostante il varo della barca e tutte le attività connesse siano state sospese, Giancarlo Pedote, velista toscano iscritto al Vendée Globe, non è certo rimasto fermo.

Come ci ha raccontato lui stesso le sue ore lavoro non sono diminuite, anzi, sono aumentate. Meteo, allenamenti, preparazione mentale, pianificazione degli interventi, conference call con tecnici e sponsor e l’isolamento con la famiglia, a Lorient, in Francia, dove vive ormai da anni.

Lo abbiamo sentito per una bella intervista sulle prossime attività in vista della partenza del giro del mondo in solitario e senza scalo fissata (salvo sorprese) per il prossimo 8 novembre 2020 alle ore 13:02.

Nell’ultima regata sei stato fermato da una collisione con un oggetto semi sommerso, può la tecnologia evitare questi pericolosi impatti?

«Ci stiamo arrivando. Ho appena montato una telecamera a infrarossi in testa albero capace di “vedere” gli oggetti in acqua. Funziona sul principio che il mare è un elemento sempre dinamico i cui pixel, quando vengono ripresi con la telecamera e analizzati dal software, sono in continua mutazione. Quando il software rileva invece pixel statici, questi non vengono più classificati come acqua in movimento, cioè mare, ma come un oggetto fermo. E quindi emette un allarme fino a circa 600 metri di distanza da questo. Se fai due conti con la velocità a cui viaggia la barca, gran parte del tempo oltre i 20 nodi, non sono tanti per intervenire. Al momento l’interfaccia con l’autopilota non è ancora affidabile, quindi non è consigliabile affidarvisi. È infatti un prodotto ancora in via di sviluppo e non ancora perfetto. Parlando con chi l’ha già provata, a volte emette falsi allarmi, speriamo che prima della partenza il prodotto sia il più a punto possibile».

L’intervallo di tempo ideale per intervenire?
«Bisognerebbe avere almeno un minuto: immaginando che tu stia dormendo e calcolando il tempo che serve ad alzarsi, reagire, uscire in pozzetto, staccare il pilota automatico o comunque compiere un’operazione credo che un minuto sia un lasso di tempo interessante, al di sotto la situazione può essere più difficile da gestire».

La telecamera serve solo di notte?

«No, la telecamera si usa sempre, giorno e notte. In queste barche non si rimane molto tempo al timone, è una zona talmente bagnata che è quasi impossibile resistere a lungo. Quindi l’idea è tenere la telecamera sempre operativa».

Le aziende di elettronica sono interessate a questa tecnologia?

«Sì, sono interessate soprattutto a lavorare su un’interfaccia con l’autopilota, ma come dicevo è ancora un progetto in fase di sviluppo e quindi è presto».

Si chiama Oscar la nuova telecamera a raggi infrarossi capace di avvisare con circa 600 metri di anticipo la presenza di oggetti a pelo d’acqua.

Sarà utile anche nel diporto?

«Tutto dipende dalla velocità di navigazione: i nostri impatti sono fatali poiché arrivano a oltre 20 nodi. Se incontri un pezzo di legno, anche grosso, a velocità di crociera, diciamo intorno ai 6 nodi, con barche da crociera che hanno solo chiglia fissa e senza appendici tipo foil o derive mobili, non si generano danni veramente gravi come i nostri. E se non si va molto a Sud, dove ci sono gli iceberg, credo che il diporto non ne abbia ancora bisogno».

Quale sistema userai per guardare sott’acqua?
«Stiamo optando per una telecamera da integrare nello scafo e che farò scendere in acqua per riprendere un lato o l’altro della chiglia e vedere se ci sono alghe, sacchetti o altro che possa rallentare la barca. Eventuali danni, e le riparazioni, sono invece valutabili più dall’interno. Ma in caso di necessità bisogna essere pronti a un tuffo in mare per un controllo più approfondito».

Quali sistemi elettronici hai a bordo?

«Ho diversi tipi di apparecchiature: due autopiloti, uno Standard C due Fleet per le comunicazioni satellitari con la terraferma, un Vhf, due computer, un monitor, un iPad e vari strumenti in comunicazione tra di loro, tipo il software di navigazione con tutti i parametri della stazione del vento, dell’anemometro, i dati della rotazione dell’albero e molto altro».

In una regata come il Vendée Globe quanto tempo si passa al timone?

«In un giro del mondo il 95 per cento del tempo della regata si naviga con l’autopilota e solo nel 5 per cento sei al timone, di solito in condizioni di vento piuttosto leggero. Il pozzetto non è riparato e in situazioni dure viene continuamente spazzato dalle onde; mentre timonare dall’interno della tuga non ti permette di percepire bene il vento apparente, e quindi alla fine il pilota automatico è meglio dell’uomo».

Capitolo prevenzione uomo a mare, come hai affrontato questo tema così delicato?

«Ho installato due Jackline molto centrali: partono dal roof e vanno fino a prua passando vicino all’albero. Inoltre il cordone ombelicale con i due moschettoni della cintura di sicurezza che mi lega alle Jackline è molto corto: in caso di caduta accidentale è importante restare all’interno delle draglie.

Cerco di essere sempre legato quando mi sposto a prua, soprattutto se devo lavorare. Il bello di queste barche è che puoi stare sempre legato, mentre come sui multiscafi, penso al tri Multi50, essere legati può essere pericoloso in caso di ribaltamento di 180° perché non riesci a nuotare e a uscire. Qui il rischio di un ribaltamento del genere è remoto.Quindi sono sempre legato, tranne quando resto dentro al pozzetto o sotto alla tuga, due zone protette da cui non puoi finire in acqua. Per quanto riguarda sistemi indossabili, a volte nei momenti più intensi indosso un Plb con Ais, ma la realtà è che quando la flotta è sparpagliata, come nel grande Sud, sono strumenti che servono a poco, il tempo di sopravvivenza in acqua è limitato, il presupposto è che non devi cadere».

Quali strumenti consigli a chi va in crociera con la famiglia?

«Se fossi io lo skipper farei innanzitutto indossare cinture di salvataggio autogonfiabili e prendere la buona abitudine di tenere tutti legati alle Jackline. Bisogna predisporre la barca per eseguire tutte le manovre da legati e far si che le persone non finiscano in mare e, in caso di scivolata, non vadano oltre le draglie. Per questo si cerca di fissare le Jackiline il più centrali possibili e avere cordone ombelicali molto corti. Quando la navigazione si fa impegnativa e pericolosa meglio non tenere tutti in pozzetto: bambini e persone meno esperte devono scendere sottocoperta, anche per avere il pozzetto più libero possibile per le due o tre persone di cui si ha bisogno per assicurare la navigazione, chiaramente ben legate. Altro elemento importante: prima dell’arrivo del brutto tempo occorre aver preparato la barca a dovere, e quindi aver tirato su e legato bene il tender nel punto stabilito; messo a posto il suo motore; assicurata l’àncora con una cima di sicurezza per evitare che sbatta sfondando la prua nel momento meno opportuno. Inoltre oggi esistono dispositivi indossabili, come i Plb Ais, a poco prezzo e quindi sicuramente opterei per quel tipo di tecnologia. In caso di navigazione notturna trovo utili quei bastoncini luminosi legati a un cordino: una volta attivati se fatti ruotare producono un fascio luminoso importante, visibile da aerei ed elicotteri in caso di ricerche. Sono utili anche i mini fuochi a paracadute. Infine è bene stivare tutti questi dispositivi in un marsupio stagno da indossare durante i turni in pozzetto. È bene non sottovalutare mai le situazioni».

In questo periodo di isolamento come ti dividi tra lavoro e famiglia?

«Durante il giorno lavoro e cerco di stare con i bambini, insieme a mia moglie li aiutiamo con i compiti e giochiamo con loro. Di notte invece recupero il tempo che non sono riuscito a ottimizzare durante la giornata. Sto lavorando molto all’organizzazione della cambusa e dei vestiti, sto studiando la meteo e il materiale di rispetto da imbarcare durante il giro del mondo: tutti temi sui quali è possibile continuare a lavorare e che spesso, purtroppo, rischiano di essere accantonati per privilegiare le priorità legate all’imbarcazione. Altri lavori, invece, possono essere adattati per continuare ad essere fatti anche da casa: l’allenamento fisico, ad esempio, sicuramente va adattato. Le sessioni di allenamento in piscina e corsa di gruppo lasciano spazio ad allenamenti di rafforzamento muscolare e sessioni di cardio in garage o in salotto. Insomma, da quando è iniziato l'isolamento le mie ore di lavoro non sono affatto diminuite, anzi sono aumentate».

Per seguire Giancarlo andate sul suo sito https://www.giancarlopedote.it/

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