Sarà utile anche nel diporto?
«Tutto dipende dalla velocità di navigazione: i nostri impatti sono fatali poiché arrivano a oltre 20 nodi. Se incontri un pezzo di legno, anche grosso, a velocità di crociera, diciamo intorno ai 6 nodi, con barche da crociera che hanno solo chiglia fissa e senza appendici tipo foil o derive mobili, non si generano danni veramente gravi come i nostri. E se non si va molto a Sud, dove ci sono gli iceberg, credo che il diporto non ne abbia ancora bisogno».
Quale sistema userai per guardare sott’acqua?
«Stiamo optando per una telecamera da integrare nello scafo e che farò scendere in acqua per riprendere un lato o l’altro della chiglia e vedere se ci sono alghe, sacchetti o altro che possa rallentare la barca. Eventuali danni, e le riparazioni, sono invece valutabili più dall’interno. Ma in caso di necessità bisogna essere pronti a un tuffo in mare per un controllo più approfondito».
Quali sistemi elettronici hai a bordo?
«Ho diversi tipi di apparecchiature: due autopiloti, uno Standard C due Fleet per le comunicazioni satellitari con la terraferma, un Vhf, due computer, un monitor, un iPad e vari strumenti in comunicazione tra di loro, tipo il software di navigazione con tutti i parametri della stazione del vento, dell’anemometro, i dati della rotazione dell’albero e molto altro».
In una regata come il Vendée Globe quanto tempo si passa al timone?
«In un giro del mondo il 95 per cento del tempo della regata si naviga con l’autopilota e solo nel 5 per cento sei al timone, di solito in condizioni di vento piuttosto leggero. Il pozzetto non è riparato e in situazioni dure viene continuamente spazzato dalle onde; mentre timonare dall’interno della tuga non ti permette di percepire bene il vento apparente, e quindi alla fine il pilota automatico è meglio dell’uomo».