25 July 2012

Giochi paralleli alle Olimpiadi 2012

Sono carichi e preparatissimi gli atleti azzuri delle Paralimpiadi pronti per le regate. Tre le classi in gara: il singolo 2.4mR con Fabrizio Olmi, il doppio Skud 18 con Marco Gualandris e Marta Zanetti e un triplo, il Sonar con Antonio Squizzato, Massimo Dighe e Paola Protopapa...

Giochi paralleli alle olimpiadi 2012

Le classi dei Giochi Paralimpici saranno tre: il singolo 2.4mR con Fabrizio Olmi a difendere la bandiera italiana allenato da Filippo Maretti, il doppio Skud 18 con Marco Gualandris e Marta Zanetti allenati da Giulio Comboni, e un triplo, il Sonar con Antonio Squizzato, Massimo Dighe e Paola Protopapa allenati da Beppe Devoti.

Fabrizio Olmi, timoniere del 2.4, è alla sua terza Paralimpiade ed è uno dei più esperti timonieri di 2.4 del circuito internazionale.

Fabrizio, lei ormai è un veterano del 2.4: a quali Giochi ha già preso parte e come sono andati?
«Ad Atene nel 2004 sono arrivato dodicesimo, a Pechino decimo, e qui per seguire la progressione si punta ai primi otto! A Londra saremo in sedici, ma a differenza delle Olimpiadi, nelle nostre regate non c’è la medal race».

Come le sembra la preparazione rispetto agli avversari? Chi sono i favoriti?
«Direi che sono appena dietro il gruppo dei primi sei/sette che possono tutti arrivare a medaglia: tra di loro il livello è molto alto. Direi che i favoriti sono l’olandese e il francese, poi l’americano e la inglese (n.d.r. gareggiano maschi e femmine assieme)».

Dov’è che i migliori fanno la differenza?
«Come in tutte le classi, è importante il tempo dedicato alla barca. I primi ricevono più finanziamenti dalle federazioni, e riescono a navigare quasi a tempo pieno. Il gap poi si vede sia dal punto di vista tattico che di conduzione».

Parliamo della barca, il 2.4 mR.
«È un singolo con randa e fiocco (tangonato di poppa) di stazza internazionale, ed esiste una formula entro cui la barca deve rimanere, poi ognuno la può modificare secondo le disabilità. Il numero 2.4 nasce al termine di un calcolo che comprende tutte le misure. In Italia siamo circa una trentina, di cui metà disabili e metà normodotati (si regata alla pari!)».

Come è avvenuta la sua terza qualificazione olimpica?
«Si giocava su due regate, la World Cup di Hyères e l’Eurolymp al Garda:  alla prima sono andato bene e ho guadagnato tanti punti; poi l'Eurolymp non si è corsa e cosi mi sono qualificato».

Secondo lei il 2.4 è in grado di ammortizzare bene le diverse disabilità?
«Sì, anche ragazzi con paraplegie (su sedia a rotelle) come me o l'olandese riescono a essere tra i primi, o il norvegese a cui mancano le braccia (le mani escono dalle spalle): usa la bocca per certe manovre, con i paradenti».

Tecnicamente, quali sono i suoi punti forti e deboli?
«Rispetto ai primi fatico con più di 20 nodi, il mio vento preferito è tra gli 8 e i 15. Durante la regata il mio punto debole è la poppa, mentre stiamo lavorando bene alle partenze: a Medemblick ho preso un Ocs (On course side: partenza anticipata), ma era intenzionale, volevo forzare la partenza e allenare la confidenza nel partire in prima fila».

Paola Protopapa è invece prodiera del Sonar. E' un’atleta poliedrica, questa è la sua terza paralimpiade in quattro anni:  2008 nel canottaggio, Vancouver 2010 nello sci di fondo, e ora a Londra nella vela. Come é nata la passione per la vela? Su che barche ha regatato?
«La passione per lo sport mi è stata trasmessa da mio padre. Si giocava ai pirati che assaltavano scogli e spiagge con un Flying Junior verde, siamo cinque fratelli e quindi si facevano due bande rivali. Prima ho regatato in Hobie Cat 16».

Su che barca regaterà a Londra? In equipaggio con chi?
«La barca si chiama Sonar, classe Isaf, a chiglia fissa. Mi piace molto, tiene bene il mare anche in condizioni difficili. Sono in squadra con Massimo Dighe, tattico e Antonio Squizzato, timoniere. Io sono a prua. La classe in Italia è poco sviluppata e questo è un problema. In campo Internazionale è seguita moltissimo anche dai normodotati e il livello è alto. I normo usano lo spi e sono in cinque di equipaggio, noi usiamo il tangone a vele bianche e siamo in tre, con l’obbligo di una persona sempre all’interno della barca».

Quali sono i vostri punti forti e deboli come equipaggio? Su cosa lavorerete da qui a Londra?
«Il punto debole è un cambio di timoniere avvenuto da pochi mesi, quindi un equipaggio che sta insieme da poco tempo e tutti e tre con esperienze non a livello olimpico. Il punto forte è la voglia che abbiamo ogni giorno di lavorare per migliorare. Non molliamo mai, cerchiamo di prendere il meglio di ognuno e lasciamo da parte divergenze di carattere o altre cose poco utili in barca. Abbiamo un tecnico bravo, applicare tutto ciò che ci insegna basterebbe....riuscirci è il nostro obiettivo. Fino a Londra lavoreremo su tutti i fronti. Non possiamo tralasciare niente».

I suoi progetti dopo i Giochi?
«Non lo so, ma ho fatto una paralimpiade ogni due anni, ciò vuol dire non aver mai staccato la spina; se voglio fare ancora qualcosa di buono, devo un po’ riposare. Comunque fino a dicembre studierò per un master che sto frequentando alla Luiss con Coni su Sport e management. Lo sport rimane al centro dei miei interessi».

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