di Tomas Gazo
23 March 2018

Ad Imperia, la storia della marineria

La cittadina ligure ha il suo museo navale negli ex Magazzini Generali culla di una ricca collezione di reperti e testimonianze storiche che valgono una visita
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Dieci anni dall’inizio del lavori, diciassette da quando Flavio Serafini aveva creato il Museo Navale Internazionale del Ponente Ligure in uno storico palazzo ex sede del Liceo Scientifico. E, dopo tutti questi anni, l’esposizione, che ora ha assunto la denominazione di Museo Navale di Imperia, ha la sua sede negli ex Magazzini Generali e Deposito franco sulla banchina di Calata Anselmi, nel bacino di Porto Maurizio.
«In giro per il mondo, nel nord Europa in particolare, ho visto come erano stati trasformati docks e strutture portuali inutilizzate – spiega Serafini, ex ufficiale della Marina Militare e, per meriti sul campo, direttore e curatore del Museo – È stata la spinta che mi ha fatto iniziare questa impresa, un’avventura che, soltanto ora, si sta realizzando».

A disposizione del nuovo Museo uno spazio di 9 mila metri quadrati che, almeno per il momento, non sono tutti occupati dai reperti, soltanto quelli dell’area moderna sono disponibili alla vista mentre la parte storica è ospitata nella zona di ponente dell’edificio. Un’inaugurazione “obbligata, il giorno prescelto era anche l’ultimo per poter usufruire della tranche finale del contributo europeo destinato alla trasformazione dell’immobile in sede espositiva, un milione e mezzo di euro che si aggiungono ai 5 già elargiti da Bruxelles.

La storia della marineria

Il Museo offre un panorama enorme sulla storia della marineria e non soltanto del ponente ligure. L’accoglienza del visitatore è assegnata allo schieramento delle grandi anfore di epoca romana, i “dolia”, recuperati nelle acque imperiesi. Un assaggio di quello che offre lo spazio per la subacquea con una serie infinita delle attrezzature nella loro evoluzione con la celebrazione della Sorima. Una società che, con la sua flotta composta da Arpione, Artiglio, Raffio e Rostro e i suoi comandanti imperiesi nel 1922 recuperò l’oro del piroscafo Egypt al largo di Brest per conto dei Lloyd’s. Un mondo che, di terrestre, ha ben poco, passeggiando tra le grandi sale si ha l’impressione di essere a bordo, di respirare aria di mare e di rivivere le grandi tragedie della navigazione. Come quando ci si trova di fronte alla telescrivente originale dello Stockolm, la nave svedese che affondò l’Andrea Doria nel luglio del ‘56.

Vicino a questo reperto, drammatico per la marineria italiana, è ricostruita una plancia con un timone ed un ripetitore di macchina che offrono l’emozione delle vere manovre anche con la visione del mare e delle onde a prua. In un’altra sala è istallato un simulatore con la riproduzione di un piccolo scafo a vela con timone, randa e fiocco che ricevono il vento da un grande ventilatore.
Non manca un’estesa sezione del modellismo con galeoni, barche dell’800 ed esemplari dell’epopea dei grandi transatlantici italiani tra cui il Giulio Cesare, il Leonardo da Vinci e il Cristoforo Colombo.

Anche l’area delle uniformi ha il suo fascino con le divise degli ufficiali delle società di navigazione come quelle militari, esposta perfino quella del principe Junio Valerio Borghese mentre la vista si perde nelle centinaia di medaglie, quadri, cimeli compresi quelli del Rex. La collezione dei guidoni degli yacht club, cento esemplari che Serafini vanta come la più grande a livello mondiale.

Una esposizione che costituisce la suggestione del panorama totale della civiltà del mare. Il futuro del Museo vedrà anche un grande planetario che, istallato all’ultimo piano dell’edificio, offrirà le emozione del cielo stellato come quello visto ai tempi della navigazione con il sestante.
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