Non potevamo non iniziare con uno dei protagonisti di quest’onda elettrica, Andrea Frabetti, oggi ceo del cantiere inglese Sunseeker e anima del primo yacht ibrido di serie, il Mochi Long Range 23 e del suo brevetto e di tutti gli yacht ibridi successivi, che usano concetti ancora molti simili, se non identici, a quelli del Mochi
La propulsione elettrica è davvero molto più green di quella a carburante o c’è anche un po’ di marketing?
«Le centrali elettriche, anche le meno pulite come quelle a gas o a petrolio, sono di gran lunga più efficienti di un qualsiasi motore endotermico di ultima generazione, il cui potere di trasformazione del carburante non arriva al 34-35 per cento. Se invece consideriamo il parco auto circolante, la maggior parte delle auto sono vecchie, magari non in perfetta efficienza meccanica, in questo caso il potere di trasformazione va decisamente sotto al 30 per cento. Le centrali elettriche hanno un potere calorifico di trasformazione totale di almeno il 60 per cento. Quindi anche non considerando le sorgenti elettriche tipicamente green, la energia distribuita attraverso l’elettricità è molto più efficiente di quella dei motori endotermici».
Ci sono differenze anche sulla rete di distribuzione?
«Si, ovviamente anche dalla centrale elettrica alla barca c’è una catena di distribuzione che fa perdere il 4-5 per cento di quell’energia, ma è una rete capillare che arriva in barca in modo pulito. Il petrolio per autotrazione subisce un processo di raffinazione più energivoro rispetto a quello utilizzato nelle centrali elettriche, poi una volta raffinato viene messo in un’autobotte spinta da un enorme motore diesel, spesso vecchio e inquinante, che lo porta ai distributori stradali. Alla fine cosa resta di quel litro di petrolio? Quanto ne arriva davvero energeticamente, trasformato in motricità per la mia auto o la mia barca? Se arriva al 18/20 per cento è tanto considerando tutta la catena. Con l’elettrico, anche tenendo conto di tutta la catena, il 50/52 per cento di quel litro trattato nella centrale è finito nelle batterie. Chi possiede un’auto elettrica lo sa bene, la differenza del costo di esercizio è inferiore di circa 2,5 volte, nessuno regala energia è solo che se ne consuma e disperde meno».
Con l’elettrico si sposta soltanto l’inquinamento da una parte all’altra.
«Le automobili elettriche nascono proprio con il presupposto di delocalizzare l’inquinamento, aspetto che nel caso della nautica è ancora più importante. È infatti proprio nella zona dove navighi che non vuoi inquinamento, che non è solo quello dei fumi, ma è anche acustico e olfattivo. Pensate al disturbo provocato da uno yacht che di mattina accende i motori in rada e dà fastidio a tutti, o al cattivo odore che senti facendo un giro in banchina a Montecarlo, quando sono tutti con i diesel accesi. Parliamo tanto di pleasure yacht, ma poi siamo seduti su due grossi motori diesel da trazione pesante. Non mi sembra l’atteggiamento migliore visto che ci sarebbero soluzioni tecniche più evolute».
Elettricità solo per il comfort o anche per navigare davvero?
«L’energia necessaria a una barca per muoversi è elevata date le dimensioni e la resistenza all’avanzamento tipica, oggi realmente sono pensabili circa 20/30 miglia di autonomia in full electric mode su uno yacht, anche perché non puoi eccedere con la massa delle batterie: togliere una cabina per riempirla di batterie ti farebbe perdere il rapporto costi/benefici. È invece più utile analizzare come miscelare la potenza elettrica e diesel per migliorare il profilo operativo quotidiano, è qui il grande vantaggio dell’ibrido, non in quelle 20/30 miglia. Il Sunseeker 42M Ocean ad esempio, ha un sistema composto da due gruppi elettrogeni a giri variabili, due motori diesel di propulsione con trasmissioni in linea d’asse sulle quali agiscono due motori elettrici, direttamente calettati sui diesel, che possono funzionare anche come generatori di corrente. Invece di accendere, come accade sempre, due motori diesel per andare avanti e due generatori per l’hotel (luci, condizionatori, refrigeratori, ndr) si accende un solo motore diesel che muove una linea d’asse e che contemporaneamente genera corrente sia per muovere l’altra elica sia per dare energia a tutto l’hotel. Quindi uno solo motore acceso che lavora meglio invece di quattro dal punto di vista endotermico».
Quali i risparmi in questa modalità?
«Nella modalità tradizionale a 10 nodi di velocità servono circa 7/8 litri per miglio, in quella Full Parallel Hybrid il consumo scende a 5,5 litri per miglio. E già così, nelle stesse condizioni, si risparmia circa il 30 per cento. Il 90 per cento di chi possiede uno yacht si sposta giornalmente solo per fare il bagno in una rada non troppo lontana e allora questo addirittura lo può fare totalmente a zero emissioni in full electric perché di notte puoi ricaricare le batterie dalla presa banchina del marina, la mattina esci dal porto e arrivi in baia senza disturbare e affumicare nessuno. Se proprio devi fare qualche miglio in più accendi un solo diesel e navighi a 10 nodi risparmiando rumore e carburante, trasformando la barca in una efficiente centrale di generazione elettrica. E se fai tratte più lunghe torni alla modalità tradizionale con entrambi i diesel, ma a questo punto sei lontano dalla civiltà ed essendo in navigazione gli scarichi vengono convogliati sotto carena e non li respiri come del resto il rumore del motore si miscela con il rumore dell’onda. Al momento in cui ritorni verso la baia o il porto, avrai già ricaricato le batterie e perciò rallentando la velocità puoi spegnere il motore diesel e navigare in silenzio e senza fumi nel tratto in cui le barche vicine e i tuoi stessi ospiti sarebbero più infastiditi dal rumore e dai gas di scarico».
Altre forme di risparmio?
«Si dimezzano le manutenzioni di motori e generatori, perché una volta accendi il motore sinistro e un’altra volta il destro. E grazie ai generatori a giri variabili con un’ora di ricarica ne fai otto nel silenzio assoluto. Vedo solo grandi vantaggi sia di comfort che di risparmio energetico che non sono solo poter fare lunghe navigazione in full electric, cosa che non sarà possibile con le attuali tecnologie».
Quali sono gli svantaggi?
«Complessità dello yacht e costi che fino a oggi hanno impedito all’ibrido di diffondersi. Bisogna considerare che uno yacht tra 60’ e 100’ ha dentro un 15/20 per cento del prezzo di partenza in accessori, un sistema ibrido fatto bene costa circa il 7 per cento. La verità è che in realtà il cliente è maggiormente predisposto a investire nel design più che per un sistema di propulsione più complesso. Commercialmente l’ibrido non sta funzionando e non funzionerà fino a che la politica non farà qualcosa. Attualmente chi compra auto ibride o elettriche lo fa principalmente perché ci sono incentivi statali, non si paga il bollo e puoi circolare in centro. Se non ci saranno incentivi per la trasformazione del parco yacht in ibrido, credo che lo sviluppo commerciale verso questa tecnologia sarà troppo lento».
E per le imbarcazioni da diporto?
«Per la navigazione in laghi e acque interne la tecnologia ibrida è perfetta, mentre nella fascia tra 40 e 50 piedi è meno vantaggiosa perché sono barche che navigano relativamente meno e il risparmio di carburante è meno decisivo, ci vorrebbero incentivi statali o facilitazioni, tipo riservare alcune zone di porti e baie all’ibrido. Nel giro di due anni si svilupperebbe moltissimo».
Dal suo punto di vista esiste un problema di salute a bordo con la presenza di ibrido e batterie al litio?
«La compatibilità elettromagnetica è un tema, ma la maggior parte dell’energia di bordo è veicolata con corrente continua, che non genera campi magnetici fastidiosi, tipici della corrente alternata. I sistemi ibridi sono tutti a corrente continua, sugli 800 V, e per norma si usano cavi schermati a doppia protezione. All’inizio temevo potessero esserci problemi, ma abbiamo condotto analisi approfondite con degli istituti specializzati e l’utilizzo di oscilloscopi e non hanno misurato aumenti significativi di campi magnetici tra impianto accesso o spento. Inoltre le batterie al litio hanno un involucro chiuso, se aumenta la pressione si bloccano in automatico, se la barca affonda sono a tenuta stagna. E sono molto più sicure delle migliaia di batterie al piombo che troviamo su qualsiasi barca non ibrida».
Pensa che l’idrogeno possa essere un’alternativa valida?
«Funziona, esistono barche e auto a idrogeno, ma i metodi di immagazzinamento a bordo non sono ancora sostenibili e non esiste una rete distributiva. L’idrogeno si ottiene dalla separazione dell’ossigeno, operazione che oggi costa tantissima energia. Può funzionare per un sommergibile, dove non hai nessun problema, né di costi né tecnico. È una tecnologia che poteva e doveva prendere piede, anche più dell’elettrico, ma non è successo perché il costo globale è superiore. Sono sicuro che si diffonderà in breve quando inventeranno un sistema migliore per separare l’ossigeno e a quel punto la piattaforma tecnologica dell’ibrido sarà facilmente adattabile all’idrogeno: smonti le batterie al litio e installi le fuel cell».