17 October 2006

Oceanis 50

Prova svolta a maggio 2006 - Il nuovo Oceanis 50 è una delle grandi novità del cantiere francese per la prossima stagione, visto a secco e preso d’assalto nei saloni invernali è stato messo a disposizione della stampa internazionale in marzo a Valencia, era ormeggiato nella base di Alinghi. La novità è grande perché questo 50 piedi si inserisce in quel mercato di qualità media con un prezzo molto concorrenziale destinato a dar fastidio a molti concorrenti che finora s...

Introduzione

Prova svolta a maggio 2006 - Il nuovo Oceanis 50 è una delle grandi novità del cantiere francese per la prossima stagione, visto a secco e preso d’assalto nei saloni invernali è stato messo a disposizione della stampa internazionale in marzo a Valencia, era ormeggiato nella base di Alinghi. La novità è grande perché questo 50 piedi si inserisce in quel mercato di qualità media con un prezzo molto concorrenziale destinato a dar fastidio a molti concorrenti che finora si sentivano tranquilli nelle loro nicchie acquisite. Si chiama Oceanis ma ha caratteristiche diverse dalle altre barche della stessa linea, più sintonizzate sul charter. Bénéteau aveva occupato la posizione nella fascia dei quindici metri con il vecchio 50, soprattutto una bella macchina da charter che ha fatto felici molti velisti, innovativa per molti aspetti: per esempio un controstampo parziale che scandalizzava i puristi ma che conteneva i serbatoi molto in basso, una cabina di prua che soddisfala lo skipper ma che poteva servire anche per gli ospiti. Ma quel 50, molto pratico, non aveva quello “stile” che poteva contentare gli armatori, solleticati da prodotti più alla moda. Con questo nuovo progetto c’è un cambio di rotta piuttosto deciso verso uno design più accattivante per gli armatori, e nasce una barca più esile, rapida, insomma più in linea con un gusto più contemporaneo. Per partire con il piede giusto il nuovo 50 è stato completamente riprogettato, affidando la carena e la coperta allo studio Berret/Racopeau. Jean Berret è uno dei progettisti che hanno lavorato con Beneteau negli anni dei primi successi, che ha firmato alcuni dei modelli storici, come il First 35 (il primo undici metri con due cabine a poppa) o il First 405 un dodici metri tuttora apprezzato per equilibrio. Gli interni sono dello studio milanese Nauta Design, studio noto per esprimere un mix di sobrietà ed eleganza, con un tocco controllato, non estremo, che piace soprattutto in unità di grandi dimensioni. Gli ingredienti tipici dello studio milanese sono superfici lisce e semplici, colori misurati, spazi adeguati. Le forme della carena sono molto contemporanee, scorrevoli sia a vela sia a motore con prua sfinata e poppa larga e portante. Ci sono momenti in mare in cui bisogna pensare “a fare media” e rispettare i programmi, è passato il tempo dei sognatori che vanno dove li porta il vento e vantano i pregi della lentezza, questa può essere una barca per navigare davvero. Come abbiamo scritto non è una carena voluminosa, anche perché l’indicazione di base era quella di realizzare una barca soprattutto per armatori, quindi gli interni sono per soddisfare una pressione antropica media.

Gli interni

Gli interni Lo schema base è con tre cabine matrimoniali e due bagni. Già questa scelta può far discutere visto che per una barca di questa taglia si tende ad assicurare la massima privacy dedicando un bagno a ogni cabina. Del resto si finisce per fare sempre dei piccoli bagni dove si fatica a muoversi e su questa barca è stato affrontato il problema creando un grande bagno centrale con una ampia cabina doccia separata e molti spazi per non sentirsi in prigione. Vedremo se il mercato, che riguardo ai bagni finora si è mostrato davvero molto tradizionalista, capirà. In una casa normale un paio di bagni bastano per tutti, chissà perché in certe barche con tutta l’acqua che c’è fuori e i tuffi che si fanno in mare si arriva facilmente a quattro. Comunque la scelta dei due locali si comprende meglio osservando la planimetria della versione due cabine, di cui quella a poppa con un ampio letto in posizione “motoscafo”. Forse la versione da scegliere è proprio questa, un po’ americana, dedicata a due coppie che amano stare larghe. Il quadrato vero e proprio è quindi parzialmente ristretto dal bagno, che spinge in avanti il carteggio verso un divanetto con bracciolo centrale abbattibile che fa riscontro alla dinette vera e propria a sinistra della barca. Il carteggio non è proprio grande e manca del rituale portastrumenti di fronte al navigatore, manca anche uno spazio a parete per incassare gli strumenti: sappiamo bene che ormai basta uno schermo plotter e un ripetitore per esaurire i bisogni di carteggio dei moderni skipper che hanno perso il gusto di carta e squadrette, ma su una unità con queste ambizioni restiamo un po’ perplessi per la soluzione scelta. Bella la dinette, che occupa la zona di dritta con un bel divano quadrato, due sgabelli fissati al fondo completano la dotazione di sedili, forse da perfezionare il loro fissaggio. Tutto il paiolo è realizzato con tavole da alzare con le ventose, la soluzione è ormai consolidata su molte imbarcazioni di un certo pregio, però ci vorrebbe un frazionamento migliore per poter ispezionare meglio la sentina, che oltre tutto viene spesso utilizzata per stivare e conservare. Buona la dimensione delle cabine, con letti adeguati e un certo spazio per cambiarsi e restare in piedi. Belle le porte, che finalmente sono rettangolari e non ovali come siamo abituati, a breve speriamo nel passo decisivo verso la creazione di un pavimento senza gradini, se non dove servono davvero per cambi di livello più consistenti.

La coperta

La coperta La coperta rispecchia le intenzioni degli interni, e dunque soprattutto abitabilità per sei persone. Qui lo schema non mostra delle grandi innovazioni, con un tavolo centrale ad ante apribili e due ruote. Si circola abbastanza bene, lo sportello per accedere alla poppa, è in posizione asimmetrica, questo consente di lasciare un unico paterazzo al centro dello specchio, senza fastidiosi sdoppiamenti della fase terminale. E’ un pezzo della panca del timoniere che si sposta per arrivare al piccolo spoiler dove trova posto anche la zattera nascosta sotto uno sportello. Il piano velico è decisamente frazionato, di buona superficie totale per le dodici tonnellate dichiarate, e il rapporto sembra promettere prestazioni anche con venti moderati e mediterranei. Le crocette sono verso poppa ed è tutto piuttosto rigido. A estrema prua una cala vele serve a contenere un paio di vele, è strettina ma c’è e può servire. Bene organizzato il musone con il salpa-ancore.

Qualità nautiche

Qualità nautiche Abbiamo navigato sull’Océanis 50 in una giornata di vento molto forte, per cui è stato abbastanza difficile costruire una tabella coerente delle prestazioni. Scriviamo subito che sotto le raffiche a trenta nodi abbiamo raggiunto la velocità di undici nodi e due decimi buttandoci in discesa dall’onda al gran lasco. La carena si allunga bene, disponibile a surfare con leggerezza. Purtroppo in questo primo esemplare era sbagliata la realizzazione della timoneria, con un settore molto piccolo che rendeva le ruote molto dure. E’ ovvio che verrà modificato negli esemplari di serie, ma una volta ispezionata la realizzazione siamo rimasti sorpresi: era difficile pensare che le dimensioni di progetto potessero essere sufficienti per un quindici metri, insomma ci sembra che per il cantiere sia stata un po’ una scommessa, probabilmente fatta per non spostare la paratia di poppa. Peccato. Le buone doti della carena si intuiscono comunque, ma con un timone a posto sarebbe stato davvero divertente cavalcare le onde. Superare i nove nodi è molto facile, con il vento a venti nodi si viaggia rapidi e sicuri piantando la lancetta del log poco sotto i dieci appena si allarga l’andatura. Portando la barca all’orza si può stringere bene il vento e anche riducendo le vele conserva una ragionevole potenza. Forse merito del genoa praticamente nuovo, che anche avvolto era in grado di esprimere trazione e non perdeva forma. Il dimensionamento dei winches è adeguato e le regolazioni sono facili. I primari del genoa sono vicini al timoniere, che può azionarli direttamente, mentre la randa è rinviata sulla tuga, dove sulla barca in prova c’era un winch elettrico. La posizione delle ruote è corretta, le mani sono alla giusta altezza e si può sedere bene sia di fianco sia di fronte. Interessante il supporto per il plotter girevole, che può essere rivolto verso il timoniere, altri strumenti di navigazione sono su due piccole consolle ai lati delle timonerie in posizione visibile. A motore la navigazione è piacevole, con una buona silenziosità complessiva e praticamente nessuna vibrazione sensibile, sintomo di una buona installazione. Le velocità sono adeguate e i cento cavalli dello Yanmar sono perfino esuberanti per condizioni normali, si arriva a superare i nove nodi con il motore decisamente in fuori giri. E’ probabile che sia possibile regolare l’elica max prop con un passo leggermente più lungo per trattenere il motore ai suoi 3600 giri di targa, migliorando anche la marcia di crociera attorno ai 2000 giri, che attualmente corrispondono a una velocità di 6.9 nodi.
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