18 August 2017

Rex, tra mito & lusso

Nell’85° anniversario del varo del transatlantico italiano, costruito nel 1931 e lungo 268 metri, ripercorriamone la storia attraverso una selezione dei trecentocinquanta pezzi della preziosa collezione di Lorenzo Borrelli in mostra e in vendita nel cuore di Milano

Il Novecento segna la nascita di una stagione mitica per la marineria italiana, che in gran parte affonda le sue radici nell’armamento e nella costruzione navale di due tradizioni navali molto diverse tra loro: quella triestina, con le sue ascendenze mitteleuropee, ereditata al termine della prima guerra mondiale, e quella genovese, costruitasi durante tutta l’epoca del vapore ottocentesco. Queste due tradizioni, attraverso le varie compagnie si fonderanno insieme nella Italia Flotte Riunite, nel 1932, poi confluita nella Finmare nel 1937.

Il punto di svolta nella storia della marineria italiana è rappresentato dall’affondamento nel 1927 del vecchio transatlantico Principessa Mafalda, una tragedia che costò la vita a più di trecento persone. Dopo quel dramma il regime fascista decise che era venuto il momento di far demolire tutte le vecchie navi e di sostituirle con nuove unità più degne della “nuova Italia”. Nasce così una nuova generazione di navi, che rappresentano uno dei vertici della storia della marineria italiana tra cui il Rex.

Il transatlantico, come una sorta di microcosmo perfettamente organizzato, doveva essere lo specchio fedele della società. Alcune delle novità introdotte a bordo delle navi in questo periodo nascono proprio dalla necessità di garantire anche agli esponenti delle classi superiori gli stessi lussi di cui godono sulla terraferma. Prima di tutto i negozi che evolvono poi verso le vere e proprie boutique. Per comprare ci vogliono soldi, ed ecco quindi apparire anche gli sportelli bancari. Le signore che devono partecipare a feste o pranzi di gala non possono rinunciare a una visita dal parrucchiere. Infine i contatti con il resto del mondo: si inizia portando a bordo gli uffici postali, per inviare lettere e cartoline con l’annullo speciale del transatlantico, si prosegue dotando le stazioni radio di radiotelefoni per consentire comunicazioni dirette con i familiari a casa, si conclude trapiantando sui transatlantici delle vere tipografie in miniatura che stampano quotidianamente, oltre ai menù e alle liste dei passeggeri, anche dei giornali.

Caratteristico fu il diffondersi degli sport a bordo della navi, a testimonianza di un modo nuovo di prendersi cura del proprio corpo che si imponeva nelle classi sociali più alte. Ben presto apparvero le palestre, dove si potevano praticare sport come la scherma e la boxe e le piscine.

Il transatlantico Rex rappresentò la massima espressione della cantieristica navale italiana nell’epoca d’oro della navigazione di linea. Era sceso in mare il 1° agosto 1931 dagli scali dell’Ansaldo di Genova, lungo 268,20 metri, largo 31, stazzava 50.100 tonnellate. I suoi quattro gruppi di turbine potevano sviluppare una potenza di 140.000 cavalli. La nave offriva un livello molto elevato di comfort per i passeggeri che lo sceglievano per solcare l’Atlantico.

Una delle grandi novità era la suddivisione in quattro classi, in luogo delle classiche tre: si distinguevano infatti la Prima, la Speciale, la Turistica e la Terza. La divisione tra gli spazi riservati a ciascuna classe era molto rigida e pensata apposta per impedire una mescolanza tra i passeggeri. In pratica l’unico punto della nave dove era possibile incontrarsi senza limitazioni era la cappella.

Le cabine di prima classe erano delle suite composte da ingresso, stanza da bagno e camera da letto. L’arredamento era composto di mobili preziosi, arazzi, tappeti persiani, poltrone rivestite di seta, specchiere, statue, quadri. Quasi tutte avevano una finestra sul mare, e nelle vasche da bagno si poteva far scendere a piacere acqua salata o acqua dolce. In sintesi, il Rex rappresenta l’esempio più riuscito di arredamento navale: decori eleganti, ma non eccessivi, esaltavano senza appesantire l’atmosfera di bordo, conferendo al transatlantico la regalità degna del suo nome.

Lo scalone principale scendeva maestosamente aprendosi sul salone da pranzo da 800 m2 di superficie con soffitto a cassettoni e pilastri in marmo verde. La luce era diffusa da tubi al neon e attenuata da tendaggi ricamati verdi.

Il salone centrale aveva una superficie di 650 m2 , con candelabri in bronzo massiccio e arazzi originali del Settecento. Il salone delle feste, che veniva aperto solo due o tre volte durante una traversata, raggiungeva i 500 m2 di superficie ed era illuminato da finestre tanto alte da sembrare “quelle di un castello”. Altrettanto curata era la “classe speciale”, quella destinata a catturare la clientela americana. In particolare ogni punto di possibile riunione era dotato di pianoforte, in base alla stravagante convinzione che gli americani fossero tutti amanti del jazz ed abili pianisti. Il ponte più alto, detto “Ponte del Sole” era dedicato agli sport di ogni disciplina.Non c’era a bordo un solo ritratto di Mussolini.

La fine dei liner

Alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, la Finmare schierava qualcosa come 37 transatlantici. La guerra spazzò via letteralmente questa flotta, con l’affondamento e la distruzione di 31 delle 37 navi passeggeri italiane. Molte di queste colarono a picco mentre trasportavano truppe in Libia, altre vennero distrutte dagli alleati in modo piuttosto gratuito e senza senso: dopo il 1943 infatti non era pensabile un qualsiasi uso bellico di queste navi, dal momento che non c’erano più territori oltremare dove eventualmente trasportare soldati. Tra queste unità c’è anche il Rex, che era stato trasferito a Trieste per tenerlo lontano dalla incursioni e che era riuscito a sopravvivere fino al settembre 1944.

Subito dopo l’armistizio la nave, oltre a non disporre di dotazioni di acqua, combustibile e viveri, era stata saccheggiata dai tedeschi con l’asportazione delle attrezzature mobili, della strumentazione, delle opere d’arte e del ricchissimo corredo alberghiero (111.000 pezzi di posateria, stoviglieria, biancheria da tavola e 51.000 capi di biancheria da cabina). La mattina dell’8 settembre 1944, verso le 11, ci fu il primo attacco con proiettili a razzo che però non produsse danni rilevanti. Verso le 12.30 arrivò la seconda e più consistente ondata di aerei che provocò un violento incendio e un forte sbandamento della nave. Tra le 17 e le 18 il transatlantico fu sottoposto a un terzo attacco, questa volta del tutto inutile. Gli inglesi affermarono poi di aver messo a segno complessivamente 123 colpi e la barca bruciò per quattro giorni prima di affondare.

Ancora oggi i pescatori non amano lavorare nella zona perché nonostante gran parte dello scafo del vecchio transatlantico sia stato recuperato sono rimaste sott’acqua molte parti metallici che strappano le reti.

Gli oggetti che pubblichiamo sono in mostra e in vendita presso la galleria Antik Arte & Scienza di Milano, via S. Giovanni sul Muro 10, Milano, tel. 0286461448, www.antik.it

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