Vela e Motore 01-2020

15 VELA E MOTORE dicembre 2019 - gennaio 2020 sto il 17° posto alla Transat Jacques Va- bre appena terminata insieme al francese Anthony Marchand non gli va stretto, ma strettissimo. Tornato a terra Giancarlo ha infatti raccontato che «l’opzione della rotta a Ovest che abbiamo scelto, come hanno fatto altre quattro barche, si è rivelata estenuante sia per la barca sia per noi stessi, perché ab- biamo fatto molte più miglia e in condizioni difficili di vento e mare. Una scelta che alla fine non ha pagato. Sapevamo fin dall’inizio che stavamo prendendo la strada più compli- cata, ma si trattava di una scelta pondera- ta, fatta in accordo con il nostro meteorologo l’ultima sera prima di lasciare Le Havre, in Francia. Abbiamo seguito il nostro piano iniziale, tranne per il fatto che il fenomeno meteorologico che ci aspettavamo non si è verificato. Ovviamente è stata una gran- de delusione» . Purtroppo, per Giancarlo e Anthony quello della rotta non è stato l’unico problema durante la regata, la barca ha infatti urtato un oggetto semi sommerso dan- neggiando un foil. «Mentre ci trovavamo al 13° N - prosegue Giancarlo - navigando a una me- dia di oltre 15 nodi negli alisei, felici di averli finalmente aggan- ciati, abbiamo sentito un grande “bam”. La barca si è fermata im- provvisamente. In quel momento eravamo entrambi all’interno del- la barca, concentrati al tavolo da carteggio. Quando siamo usciti, abbiamo visto che il foil di dritta era rotto e il timone sullo stesso lato era danneggiato. È stato un momento difficile» . Cosa è successo dopo l’urto? «Abbiamo valutato i danni: l’oggetto ha preso foil, chiglia e timone, il primo si è dan- neggiato, schiantando le due scasse che lo tengono bloccato e impedendoci così di utilizzarlo per evitare possibili vie d’acqua a bordo. Abbiamo ter- minato la regata senza foil, una situazione frustrante perché eravamo lenti. Un’anda- tura che ha giustificato la nostra posizione in classifica». Esiste un modo per evitare questi og- getti semi sommersi? «La tecnologia va avanti e oggi sono di- sponibili telecamere a raggi infrarossi da montare sull’albero capaci di avvistarli, il problema è che vengono rilevati solo quan- do distano circa 500 metri dalla barca, ma se navighi a 30 nodi e sei sottocoperta a dormire spesso non hai tempo di rea- gire. Dovrebbero essere collegate al siste- ma dell’autopilota, in modo da evitarli in automatico, ma non è facile né sicuro a causa dei falsi allarmi che si produrrebbe- ro, situazioni pericolose a quelle velocità. Purtroppo siamo ancora lontani da una soluzione definitiva e gli urti continue- ranno ad accadere. Quanto successo ad Anthony e me è infatti nulla in confronto a quanto successo ad Alex Thomson e Ne- al McDonald sul nuovissimo Hugo Boss : anche loro hanno urtato un oggetto con tale violenza, navigavano a 25 nodi, che la chiglia è rimasta connessa alla barca solo tramite un pistone idraulico. Per evi- tare danni peggiori alla struttura hanno dovuto segarlo e abbandonare la chiglia in fondo all’oceano, con rischi enormi per barca ed equipaggio. Purtroppo sono cose che accadono, è la legge del mare. Le com- petizioni oceaniche sono grandi avventure più che regate vere e proprie». Nonostante la delusione per la classi- fica, quali elementi utili ha portato la scelta di quella rotta? «Uno dei motivi per cui ho scelto il passaggio a Ovest era proprio la sua difficoltà, ave- vo bisogno di mettere a dura prova me stesso e la barca. In allenamento non avrei mai po- tuto posizionarmi nella bocca della depressione, seguire la rotazione dei venti e stressare l’attrezzatura. In ottica Vendée Globe è stato un test importan- te, propedeutico». La Transat Jacques Vabre è stata la terza regata con l’I- moca 60, come si svolge la vita a bordo? «Sono barche bestiali e la vita diventa un vero inferno, non stai mai fermo ed è come esse- re in una lavatrice. Operazioni normali diventano impossibi- li: leggere o scrivere un mes- saggio, ascoltare un vocale è impossibile a causa dei fortis- simi rumori che si producono e propagano sottocoperta. Per la psiche è dura, sei sempre a un livello di stanchezza estre- ma e la privazione del sonno gioca brutti scherzi. Proprio per questo ho preferito capire con un anno di anticipo come migliorare la vita a bordo per dormire e mangiare meglio. Ergonomia dei movi- menti, posizioni di stand-by e sonno che non ti facciano spendere troppe energie sono elementi capaci di fare la differen- za nelle prestazioni. In quest’ottica torno dalla Transat Jacques Vabre con un lista di lavori e un debriefing lunghissimi. L’obiet- tivo è adattare la barca al mio corpo e alle mie abitudini». Qual è il livello delle altre barche? «La classe Imoca ha un livello pazzesco, Giancarlo Pedote, classe 1975, è al suo primo Vendée Globe. Nel progetto è coinvolto lo sponsor Prysmian Group, che ha dato spazio ad Electriciens sans frontières, una ONG francese che da anni ad aiuta le popolazioni in difficoltà ad avere acesso ad acqua ed energia elettrica. Potete seguire Giancarlo su: www.giancarlopedote.it www.prysmianoceanracing.com

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