16 February 2017

James Spithill determinato a vincere la terza Coppa di fila

"Navigare, navigare e ancora navigare. Ogni giorno dovremo essere più veloci di quello precedente", lo ha detto James Spithill, skipper del defender Oracle Team Usa durante la nostra intervista nella base di Bermuda. Gli americani hanno messo in acqua il loro catamarano 100 giorni prima dell'inizio delle regate e lo sviluppo della barca non si fermerà fino all'ultimo

James spithill determinato a vincere la terza coppa di fila

Bermuda, 15 febbraio 2016 - La mattina dopo la presentazione, Oracle Team USA ha armato per la prima volta il suo nuovo America’s Cup Class e l’ha messo in acqua. Adesso sì che si può parlare di varo. A osservare la cerimonia, a pochi metri di distanza dai pontili, anche i gommoni di Artemis Racing, Groupama Team France e Land Rover BAR. Da qualche parte, giura Grant Simmer, Direttore Operativo di Oracle Team USA, armati di binocoli e teleobiettivi c’erano di sicuro anche gli osservatori di Emirates Team New Zealand. Quelli di SoftBank Team Japan, invece, non avevano bisogno di venire a spiare il varo della barca del defender della 35esima America’s Cup, perché con Oracle Team USA condividono allenamenti, progetti, ricerca e sviluppo. Il team giapponese è per questo stato ribattezzato dagli altri sfidanti JOracle.

 

Non c’è comunque da scandalizzarsi o sorprendersi, se gli osservatori degli sfidanti di Oracle Team USA vengono così sfacciatamente vicino a fare i guardoni. Tutti spiano tutti a volto scoperto in questa Coppa America e, quando la barca è sollevata in aria dalla gru, è sicuramente il momento migliore per vedere che foil montano gli avversari. Anche Oracle Team USA spia gli altri. In questi giorni, quasi ogni membro del team è impegnato a osservare i video spediti dai propri osservatori in Nuova Zelanda della barca di Emirates Team New Zealand che naviga ad Auckland con i grinder ciclisti. I neozelandesi sono gli unici che ancora si allenano a casa loro e non si sono trasferiti alle Bermuda. Lo faranno a marzo, così pare.

 

Tra i più felici del varo della barca nuova, è sicuramente lo skipper James Spithill, australiano di 37 anni, timoniere di Luna Rossa nella Coppa del 2007 di Valencia (l’ultima disputata con i monoscafi) quando, nella semifinale della Louis Vuitton Cup, sconfisse proprio Oracle. Da quando ci sono i multiscafi, ovvero dal 2010, Spithill è sempre stato con il team americano, con il quale ha già vinto due volte la Coppa e ha tutta l’intenzione di tenersela stretta anche quest’anno. Lo abbiamo incontrato alla base di Oracle Team USA di Dockyard, alle Bermuda.

 

Vela e Motore - Oracle Team USA sembra davvero curare maniacalmente ogni dettaglio. Non sarà certo un caso che abbiate varato la vostra nuova barca esattamente a 100 giorni dall’inizio delle regate della 35esima Coppa America, qui a Bermuda, il 26 maggio prossimo. Giusto?

 

James Spithill - Cento giorni dall’inizio delle regate è per noi il punto di partenza di una nuova fase. Oggi abbiamo messo in acqua la barca e inizia finalmente un enorme programma di sviluppo che, però, non si concluderà il primo giorno di regate, ma l'ultimo. Il nostro lavoro per difendere la Coppa, e vincerla così per la terza volta di seguito, durerà molto di più di 100 giorni. Anche quando le regate saranno in corso, la ricerca di soluzioni e accorgimenti per migliorare le prestazioni non si interromperà. L’ultima Coppa di San Francisco, quando eravamo sotto di 1 a 8 e abbiamo vinto poi 9 a 8, annullando ben otto match point consecutivi ai neozelandesi, ci ha insegnato proprio questo: lo sviluppo della barca non deve mai essere interrotto e va portato avanti fino alla fine dei giochi.

 

VeM - E come si fa?

 

J.S. - Tempo in mare. Sta tutta qua la chiave del successo. Chi passa più ore a navigare ha decisamente molte più possibilità di vincere. Io lo posso garantire: ogni giorno, la nostra barca sarà più veloce della giornata precedente, fino alla fine della Coppa America.

 

VeM - Come è regatare su queste nuove barche della Coppa, che pur essendo 20 piedi di lunghezza più piccole dei 72’ con i quali avete regatato a San Francisco quattro anni fa, sono più veloci?

 

J.S. - Decisamente più veloci. Ormai viaggiamo a quasi 50 nodi di velocità, con 20 nodi di vento reale. Sono molto impegnative, perché noi dobbiamo farle volare, ma non abbiamo mica un motore. Con la nostra forza fisica, ma anche mentale, dobbiamo manovrare la barca mentre 70 nodi d’aria investono costantemente il nostro corpo, perché non siamo neanche riparati da un cupolino.

 

VeM - Si continua a dire che le barche della Coppa abbiano molte più similitudini con gli aeroplani che con qualsiasi altra imbarcazione a vela. Quanto c’è di vero?

 

J.S. - Non a caso io nel 2010 ho preso il brevetto di pilota d’aereo e sicuramente mi è servito, perché la nostra vela è realmente molto simile a un’ala di aeroplano. Ma per timonare al meglio questi catamarani, mi è stato molto più utile il brevetto di pilota di elicottero. Con l’elicottero, ogni piccolo spostamento dei comandi provoca una grande reazione immediata. Ci vuole parecchio più controllo. Gli America’s Cup Class sono molto sensibili alle regolazioni e ogni errore si paga caro. Perdendo la regata, nei migliori dei casi.

 

VeM - Timonarne uno, è più stressante che divertente?

 

J.S. - Navighiamo a due volte, se non tre, la velocità del vento. Con appena 8 nodi d’aria già iniziamo a sollevarci sui foil e raggiungiamo la velocità di 24 nodi. Nel frattempo dobbiamo tenere d’occhio tutti gli strumenti, elaborare le informazioni che ci arrivano e gestirle in fretta. Sbagliare, perdere il controllo, è un attimo, anche perché tutti spingono al massimo. Nella prossima Coppa America, fra qualche mese, vedrete regate con continui sorpassi.

 

Andrea Falcon

 

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