Vela e Motore 6-2020

www.fratelli-della-costa.it Le prime ipotesi circa la causa del morbo andarono nei confronti di un fatto epide- mico determinato da cibo avariato. L’idea di per sé non era peregrina in un’epoca nella quale gli strumenti idonei a man- tenere condizione di igiene erano presso- ché inesistenti e il solo mantenere per un medio arco temporale la potabilità dell’acqua rap- presentava un obiettivo non sempre raggiungibi- le. Ma non era giusta. Solo nel 1934 uno scien- ziato ungherese, Szenti Gyorgy, insignito del pre- mio Nobel nel 1937, sco- prirà la vitamina C - alias acido ascorbico - la cui carenza è la causa dello scorbuto. Tutte le mari- nerie, in primis quella inglese, patirono le conseguenze dello scorbuto. Più accorti o solo più fortunati furono gli olandesi; molto tempo dopo se ne scoprì il motivo: nel vettovagliamento di bordo delle loro navi non mancavano barili di crauti, ver- dura questa che può esser conservata sen- za perdere il contenuto di vitamina C. Ma dovranno passare più di due secoli dalla osservazione resa dal Pigafetta prima che un brillante medico della marina inglese inquadrasse correttamente la natura del morbo e come evitare lo stesso. Acume e metodo seguito meritano di esser descritti. Era l’anno 1747 lo scozzese JamesWoodall Lind – diventerà in seguito medico capo della Compagnia delle Indie – imbarcato sull’ HMS Salisbury , deve occuparsi di un equipaggio in gran parte messo fuori com- battimento dallo scorbuto. Ormai s’è fatto convinto – come ormai parte della scienza di allora - che l’origine del male vada rico- nosciuta in una carenza alimentare. L’idea di Lind è semplice ancorché fino ad allora non percorsa da nessuno. Ma lasciamo parlare il dott. Lind: « …se- lezionai dodici ammalati di scorbuto…feci in modo che fossero i più simili possibile…e che avessero una dieta comune. A due pazienti ho ordinato di bere un quarto di sidro al giorno, ad altri due elisir di vetriolo tre volte al gior- no…ad altri due furono dati due cucchiai di aceto tre volte al giorno… Altri due furono messi sotto un getto di acqua di mare e fu det- to di berne quanta ne volessero…ad altri due ho dato due arance e un limone al giorno... ai rimanenti due una grandezza di una noce moscata tre volte al giorno… La conseguen- za fu che i più lampanti e ben visibili effetti curativi furono ottenuti dall’uso di arance e limoni…nel giro di sei giorni erano pronti per il loro dovere». La accuratezza descrittiva del dott. Lind non si spinge a farci conoscere quale sia stato l’ outcome dei pazienti trattati con elisir di vetriolo, è però molto chiaro nel farci comprendere come la sua idea fosse permeata da quel metodo sperimentale, metodo che è spartiacque fra ciò che è empirismo e ciò che è scienza. Il dott. Lind era indubbiamente un grande scienziato, come lo intendiamo ora; oltre che di scorbuto si occuperà di un’altra emergenza sani- taria che allora minava la marina inglese e non solo, quale le malattie veneree; ma di questo argomento ci occuperemo in un’altra occasione. Ma il protagonista che esce più simpatico da questa storia è il vice ammiraglio Edward Vernon, pressoché contemporaneo del dott. Lind e che per- tanto conosceva benissimo i risultati degli studi dello stesso, studi compendiati nel Treatise on the Scurvy. Scurvy è, appunto il termine inglese con il quale si identifica lo scorbuto. Il vice ammiraglio Vernon si coprì di gloria militare al servizio del suo re e dell’Inghilterra, popolarissimo fra gli equipaggi della flotta aveva il curioso so- prannome di Old Grogram . Old Grogram da responsabile della forza na- vale aveva due problemi da risolvere per gli equipaggi ai suoi comandi. L’uno era quel- lo dell’ubriachezza, l’altro era lo scorbuto. Non credo di andare distante dal vero nel ritenere che quantomeno gran parte della popolarità della quale ebbe a godere debba esser fatta risalire all’aver egli risolto in un colpo solo entrambi i problemi. Ma vediamo come, e poi ditemi se non ho ragione. In quell’epoca ad ogni marinaio, ad ogni sottufficiale veniva quotidianamente ero- gata una razione di rum, rum che dopo l’acquisizione da parte dell’Inghilterra del- la Giamaica aveva sostituito il brandy. La razione di rum era vissuta dagli equipaggi come un irrinunciabile diritto a fronte di una vita di bordo a dir poco dura. Si trat- tava di una razione di moderata quantità. Ma cosa succedeva? Succedeva che i ma- rinai (gente che nel migliore dei casi era reclutata a forza, nel peggiore si trattava di condannati per gravi reati) metteva quo- tidianamente da parte la modica quantità giornaliera per dar luogo nelle occasioni più disparate a colossali ubriacature col- lettive bevendo tutta di un colpo la riserva di rum così accumulata. Nessuna dispo- sizione si era dimostrata utile a reprimere tale comportamento. Dall’altra c’era la necessità di far assumere succo di limone o comunque di agrumi, frutti questi che in quantità ben maggiore degli olandesi crauti contengono l’agente che previene lo scorbuto. Impensabile co- stringere quei marinai ad assumere con il cucchiaino una volta al giorno il succo di limone, unica specie sotto la cui forma era possibile conservare a lungo il frutto. E qui emerge la genialità del nostro. La soluzione è questa: ora ai marinai dia- mo la stessa (intoccabile) quantità di rum Dottore James Woodall Lind. 23 VELA E MOTORE giugno 2020

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