04 May 2018

La beffa di Buccari cent’anni dopo

I Fratelli della Costa delle Tavole di Venezia e Castel Lova hanno ricordato con una suggestiva spedizione il centenario di quella impresa di marinai italiani, con protagonista Gabriele D’Annunzio, che andò sotto il nome di “Beffa di Buccari”
(Luogotenente della Tavola di Venezia,
Duca della Bojana alias Gianni Burigana)
La Grande Guerra sul Mare è stata, quantomeno finora, la grande assente nel panorama delle celebrazioni del centenario del grande conflitto.

Certo la grandiosità di masse di uomini e di mezzi impegnati sul fronte dell’Isonzo o degli altipiani è stata immane, immane è stato il coinvolgimento della popolazione civile, incomparabilmente inferiore a quanto dispiegato nel conflitto sul mare Adriatico. Adriatico che non vide mai scontro frontale fra le due pur potentissime contrapposte flotte.

Non per questo mancarono imprese che per audacia, per temerarietà, per dispiegamento di mezzi fortemente innovativi, per esercizio di grande capacità marinara, uso sapiente del sabotaggio meritano molto di più che un distratto ricordo, di una citazione a margine e ciò per azioni – si badi - compiute sia dall’una che dall’altra parte.

Chi come noi sente forte il richiamo del mare, e di tutto ciò che il mare ha avuto come teatro non poteva lasciar passare nell’oblio quanto sul nostro mare avvenne giusto un secolo fa. Le occasioni, i momenti meritevoli di ricordo e di celebrazione non mancano.

Quali scegliere?

L’impresa di Cortellazzo, l’incursione nel porto di Trieste con affondamento della Wien, la beffa di Buccari, l’affondamento della Santo Stefano, e cos’altro?
Il richiamo celebrativo per i Fratelli della Costa della Tavola di Venezia si fa ancora più vivo nel considerare l’essere la più parte se non la pressoché totalità delle azioni partite dalla base Mas di Venezia, situata sull’isola della Giudecca, nei pressi della basilica palladiana del Redentore.
Cento anni fa, all’indomani di Caporetto, l’Italia viveva il momento più buio e tragico della guerra: tutto sembrava perduto.

Con affanno si tentava di organizzare la difesa sul Piave. Iniziavano le polemiche, le accuse, le censure forti, non ancora a distanza di tanti anni, sopite sulle cause e le responsabilità di tanta sciagura.

A dare risposta a tanto sconforto e a tanto sconcerto negli uomini in arme e nella popolazione si sviluppò in poche settimane una serie di imprese che vedono per protagonisti pochi uomini, dotati di mezzi incomparabilmente minimi rispetto alle ricadute materiali e di impatto sul morale del Paese.
I MAS e poche decine di marinai, perché di questi stiamo parlando, furono protagonisti di mirabolanti azioni.

MAS in navigazione

L’acronimo MAS, che Gabriele D’Annunzio, reinterpretò nel motto Memento Audere Semper, sta per Motoscafo armato SVAN (Società Veneziana Automobili Navali). Sicuramente geniale fu il progettista ingegner Attilio Bisio. Geniale la duplice propulsione: motori Isotta Fraschini, potenti e rumorosi, motore elettrico alimentato da accumulatori per le silenziose operazioni nelle notti prive di luna.
Ma non è il mezzo tecnico e della sua molteplice polivalenza che si intende ora ricordare: ve ne sarà certo altra occasione.

Ora si intende ricordare una delle più note azioni degli insidiosi mezzi d’assalto, azione nota quale Beffa di Buccari, che fu compiuta nella notte fra il 10 e 11 febbraio 1918.
Diciamolo subito: nessun risultato materiale di concreta entità; grande, invece, fu l’impatto emotivo, mediatico, si direbbe con linguaggio attuale.

E l’Immaginifico Gabriele D’Annunzio nel cogliere e nel suscitare emotività e forza mediatica non aveva rivali.
Già perché il poeta pescarese in qualità di “marinaio volontario”, come egli stesso si definì, fu uno dei trenta partecipanti all’azione. Azione al comando della quale era Costanzo Ciano. Altro grande protagonista Luigi Rizzoda Milazzo, che sarà il marinaio italiano più decorato di sempre: due mesi prima aveva affondato forzando il porto di Trieste la corazzata Wien, di lì a quattro mesi affonderà al largo di Premuda la corazzata Santo Stefano. Scopo della azione su Buccari, fiordo a un tiro di schioppo a sud del porto di Fiume era colpire il naviglio nemico che un’erronea segnalazione di un ricognitore aereo aveva individuato là.

La rotta dei MAS

Partirono tre MAS, trenta marinai (trentuno con la morte reciterà La canzone del Quarnaro che il poeta compose e che più recentemente De Gregori armonizzò). Partirono, come già detto, da Venezia.
A rimorchio di torpediniere (non si poteva certo chiedere al pur geniale ing. Bisio un’autonomia incompatibile con i requisiti di leggerezza propri del MAS) abbandonarono il traino in vista di capo Promontore, estrema propaggine meridionale della penisola istriana, iniziò una navigazione per complessive 150 miglia in acque pressocché interne sorvegliate dal nemico, risalendo il golfo del Quarnaro fino al traverso di Abbazia e di Fiume, penetrando nel fiordo di Buccari. E qui la grande delusione. A fronte di tanto ardimento, di tanto rischio, nessun mezzo militare alla fonda. È solo possibile immaginare quale profluvio di colorate imprecazioni (a dir poco) possa esser scaturito da un toscano, anzi livornese, quale era Costanzo Ciano, quali amenità siciliane dalla bocca di Luigi Rizzo, quali lirici vituperi declamati dal Poeta. Poeta che però colse, e in ciò non possiamo che recitare chapeau, in maniera forte ed efficace l’occasione per trasformare un’obiettiva delusione e un altrettanto chiaro fallimento di scopo in un momento di risonanza mediatica e propagandistica senza pari.

Tant’è che tuttora, a distanza di cento anni, ancora ricordiamo la Beffa di Buccari. Il Poeta lanciò tre bottiglie recanti all’interno il messaggio sigillato con sughero e ceralacca, messaggio di sfida e di provocazione che nelle ultime righe tocca risvolti del tutto personali: è l’accenno alla taglia di ventimila corone posta sulla sua testa dopo un’altra sua mirabolante azione: un volo di sfida su Trieste, che precede quello più noto su Vienna.

Non si ha memoria di taglia posta su un soldato nemico. Taglia che è segno e prova forte di quanto nel nemico pesasse non solo quel personaggio quanto quella grancassa mediatica che lo stesso con un’immaginazione inimitata ed inimitabile riuscì a porre in essere.

I Fratelli della Costa delle Tavole di Venezia e Castel Lova, impossibilitati dalla metereologia a ripetere la rotta dei MAS l’11 febbraio 2018 molto più modestamente dopo aver reso omaggio in Venezia al cippo celebrativo sono giunti su ruote a Buccari. Una volta giunti hanno provato, pur in intensità molto minore, la delusione dei tre protagonisti di allora.

Ora come allora la baia di Buccari era deserta: siamo ben consci che ai croati non interessa nulla di un fatto che non li vide coinvolti, ciò non di meno abbiamo dovuto constatare che eravamo i soli là a ricordare. Poco male… anche allora sui MAS erano in pochi.

Allora, dopo il lancio delle bottiglie, D’Annunzio consolò i suoi con una merenda a base di galantina di pollo che l’Immaginifico ogni anniversario continuò ad inviare al corpulento Costanzo soprannominato dagli amici “Ganassa” per i risvolti pantagruelici del suo carattere, dai detrattori per altri risvolti.
Dopo il banchetto celebrativo, con i piedi per terra, sulla fondamenta di Buccari i Fratelli della Costa hanno consumato il parrozzo dolce abruzzese tanto celebrato dal Poeta e brindato con Aurum, brandy a base d’arancio, il cui nome fu dallo stesso coniato per il suo lancio commerciale.
Arrivederci, il 10 giugno prossimo, a Premuda: la Santo Stefano ci attende.
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