Organizzazione per un nuovo Rinascimento
di Domenico Furci, responsabile Italia Fountaine Pajot
Ho ascoltato tante volte operatori e colleghi stranieri accusare e definire l’Italia, la patria dell’improvvisazione. Nel tempo la crisi ha accentuato un gap storico del nostro settore e le differenze con gli altri paesi non solo europei.
Il divario è imputabile alla mancanza di una filiera riconosciuta e coordinata fatta di produttori, reti di vendita, marina, professionisti, operatori pubblici e privati. In sintesi di un sistema in grado di accogliere la domanda della piccola, media e grande nautica.
Il limite del nostro Paese è che tutti fanno tutto o pretendono di fare tutto. E’ scritto nella storia.
Così i cantieri hanno sempre venduto direttamente al cliente finale, senza cogliere l’importanza di istituire e istruire un network di vendita, investire nel mercato di appartenenza non limitandosi esclusivamente a piazzare il prodotto. Forse si sono dimenticati di pretendere un’infrastruttura affidabile fatta di parametri certi e non di “approdi” chiamati marina.
Ai porti va imputata la responsabilità di non aver saputo segmentare l’offerta dei posti barca per accogliere tutti i livelli della clientela, senza puntare i riflettori solo sulla grande nautica.
In parole povere è mancata la capacità o la voglia di fare sistema.
Oggi, sotto i colpi della crisi, è crollato ciò che non è mai esistito: un sistema, appunto, che si era autogenerato.
La creazione di una struttura organizzata deve essere il frutto di una cultura maturata dalle esperienze passate, positive e anche negative. Ecco perché la nautica italiana ha ancora la possibilità di rinascere e ricreare un ciclo virtuoso.
I cantieri devono decidere se selezionare o rendere esclusivi gli operatori, formarli e investire nelle loro capacità. Gli operatori, a loro volta, pretendere un sistema di infrastrutture (portuali e non solo) con costi certi e parametri uguali in tutto il Paese. Regole fiscali chiare per venditori e acquirenti.
Forse non colmeremo mai le differenze con altri paesi, ma potremo rendere l’Italia più ospitale sia per gli investitori stranieri che per i diportisti.
Quando c’è ospitalità c’è cultura e finalmente potremo parlare di scoprire l’Italia partendo dal mare e dai marina, permettendo a tutta la clientela di usufruire di servizi senza sorprese.
L’Italia è accessibile dal mare, ma non si può affermare lo stesso da terra.
L’accesso è regolamentato da leggi che ogni territorio e ogni operatore cerca di interpretare e applicare nella palude di concessioni demaniali e marina che hanno venduto o affittato posti barca come immobili di un centro storico.
La nautica deve pretendere cultura da tutti gli operatori pubblici e privati, le regole devono impedire l’improvvisazione e permettere al famoso ingegno italiano di svilupparsi in un settore sano e riconosciuto.