FARE SISTEMA
Inizia il Salone di Genova, dal cui esito dipende il futuro della manifestazione e non solo. Un’occasione da non sprecare per un confronto vero, dove non c’è più spazio per lavorare da soli
Non sono anni facili per la nautica italiana provata da un drastico calo della domanda e, per di più, logorata dagli scontri tra espositori, Ente Fiera e Ucina. La cronaca recente ha raccontato il ventilato abbandono del salone da parte dei cantieri della vela, un’iniziativa che sembra aver perso forza di fronte al buon senso di rimanere compatti.
Per tutti i protagonisti, infatti, è il momento di fare fronte comune per limitare almeno i danni di una congiuntura che sta facendo soltanto vittime.
E che, grazie soprattutto agli scontri tra aziende, rischia pure di depauperare la stessa immagine della nautica nazionale.
Conosciamo bene i problemi strutturali e logistici del Salone, abbiamo “vissuto” in diretta la rivolta della vela contro una fiera accusata di essere poco attenta alle esigenze del comparto. Una vicenda, a quanto pare, conclusa con una pace che appare più un armistizio che un’occasione per voltare pagina. Ma anche una storia che dovrebbe far riflettere tutti i protagonisti di fronte ai comportamenti molto diversi di altre fiere estere che si guardano bene dal mettere in piazza i propri problemi.
Non tutto, però, è imputabile agli organizzatori del Nautico e il discorso delle responsabilità si allarga anche ad altro: alla debolezza delle infrastrutture regionali, alla scarsa ospitalità della città e, a livello più centrale, alla discussa azione di Governo.
Il salone di Genova, comunque, rimane nel bene e nel male, una grande e prestigiosa vetrina di livello mondiale che travalica la ristretta area mediterranea. È un patrimonio tutto italiano che non può e non deve disperdersi e rovinarsi in una sterile battaglia di personalismi, falsi concetti di concorrenza e visibilità individuale. Non è sensato, insomma, farsi del male da soli.
È ora, invece, di voltare pagina davvero. E non con i soliti convegni e tavole rotonde troppo spesso inconcludenti, ma insieme per fare massa critica con un concreto processo di sinergie tra i vari protagonisti.
È giunto il tempo obbligato di “fare sistema” mettendo al bando una visione provinciale di un comparto industriale che vale punti importanti del Pil. L’alternativa è il fallimento.
E allora Ente Fiera, Ucina, operatori e istituzioni dovrebbero, e questa volta concretamente, sedersi insieme attorno a un tavolo per analizzare i problemi e definire soluzioni efficaci. Che non possono calare dall’alto, ma devono emergere dai diretti interessati. Non si tratta di risolvere o annullare una crisi di livello mondiale, ma di fare fronte comune alle difficoltà che tutte le aziende stanno vivendo. Perché, anche se è un luogo comune, l’unione fa la forza.
di Marta Gasparini