Promemoria per un governo distratto
Il Salone di Genova compie 50 anni, e basta sfogliare la raccolta di Vela e Motore per vedere che i problemi della nautica sono rimasti gli stessi. Peggiorati, anzi, dalla sproporzione tra la crescita del mercato e la latitanza di chi avrebbe dovuto favorirne lo sviluppo.
Quando leggerete queste righe, dalla passerella della Fiera il governo avrà elargito - o sarà sul punto di farlo - la solita overdose di promesse.
Non le conosciamo, ma sappiamo quali sono le priorità che meriterebbero una risposta decentemente concreta. Eccole.
Ambiente. Bassi consumi, motori puliti, difesa dell’ecosistema sono punti centrali per dare impulso al mercato e al turismo nautico. Molte aziende stanno facendo la loro parte. Chi ha latitato finora sono le istituzioni, le amministrazioni locali, le regioni. La disciplina delle concessioni, punto cardine della legge 84/94 sui porti, è bloccata per lo scandaloso ritardo della Conferenza delle Regioni che da un anno deve ancora esprimersi.
Burocrazia. E’ la palude stigia in cui tutto sprofonda e si perde in una melma tale che ogni responsabilità si confonde. Tra tempi tecnici, veti incrociati, gelosie di campanile in un vortice di carte bollate ci sono voluti 30 anni per inaugurare il Marina di Varazze e 40 per Porto Mirabello a La Spezia.
Capitanerie. In tutta Italia sono 54 e ognuna gestisce in autonomia il proprio RNMG (Registro Navi Minori Galleggianti). Con il risultato che, a differenza di quanto avviene in campo automobilistico, ricostruire la storia di ogni imbarcazione (78 mila quelle iscritte) è difficile o impossibile. La sacrosanta guerra agli evasori, anziché dai blitz spettacolo, potrebbe partire da qui.
Incentivi. Finalmente quest’anno sono stati concessi. Pochi e tardivi, ma soprattutto prosciugati da grandi aziende meglio attrezzate nella corsa a presentarne richiesta. Rivedere i criteri di assegnazione - magari con la consulenza di Ucina - è facile e non costa nulla (vedi anche la voce Rottamazione).
Leasing. Da una situazione di elargizione di finanziamenti senza controllo, siamo passati a un blocco indiscriminato che non ha giustificazioni. I primi segni di ripresa non sembrano allentare la stretta: la barca continua a essere considerato un rischio, la casa o l’auto no.
Noleggio. Una norma che dovrebbe snellire gli oneri amministrativi e burocratici di chi noleggia imbarcazioni è congelata in Parlamento dopo il “caso Briatore”. Risultato: continua la fuga degli yacht dall’Italia (non soltanto maxi) a vantaggio dei nostri concorrenti (la solita Francia in testa).
Rottamazione. Su dieci armatori che acquistano una barca, otto ne hanno una da dare in permuta e spesso si tratta di imbarcazioni che non hanno mercato. Incentivarne lo smaltimento, come si fa per l’auto, agevolerebbe nuovi acquisti e darebbe ossigeno ai cantieri.
Passione. Quella dei cantieri che tirano avanti con i denti e di chi ama tanto il mare da affrontare ogni sacrificio per farsi o mantenersi uno scafo di pochi metri. E’ tanta, ma non infinita. Ha resistito anche troppo in un Paese dove andare in barca è quasi considerato un reato.
Porti. Pochi, lentissimi a nascere (vedi anche alla voce Burocrazia) e spesso mal gestiti. Sono la cartina di Tornasole del gap che ci separa dagli altri paesi rivieraschi. Inoltre prevale la tendenza a progettare marina per maxi yacht a scapito delle imbarcazioni medie e piccole che - ancora la Francia insegna - sono la colonna portante della nautica da diporto.
Usato. Se va avanti così, da volano del mercato diventerà sempre più zavorra. (vedi anche alle voci Burocrazia, Incentivi, Rottamazione, Porti).
Marta Gasparini