Finalmente è ora di prendere i comandi e provare di cosa è capace questo Magellano 50. Mettiamo la prua a 230°, che da Savona, base di partenza, significa rotta verso lo stretto di Gibilterra, ultima frontiera prima dell’Atlantico. La giornata è bella ma gelida e quindi restiamo al chiuso, il mare ha una fastidiosa onda lunga che disturba senza però creare alcun pensiero alla carena Dual Mode disegnata dallo studio Dixon Yachtdesign. Una carena capace di ridurre fino al 10-15% il consumo di carburante rispetto a una tradizionale, con un’efficienza superiore al decrescere del regime di crociera. Insomma il Magellano 50 non è nato per correre.
La massima registrata, per dovere di cronaca, è di 21 nodi a 2.950 giri, con un consumo di 156 litri/ora, il che vuol dire un raggio d’azione di appena 400 miglia. Nulla in confronto alle oltre 1.000 miglia di cui è capace in regime dislocante, 10 nodi a 1.500 giri. Calando il regime si può navigare perfino per 1.500/2.000 miglia. Il comfort a questa andatura è totale, il rumore dei motori si avverte appena e la barca non trasmette vibrazioni né colpi. Se stare al timone è un piacere, rimanere sottocoperta o starsene a leggere un libro in dinette è un’esperienza che purifica lo spirito. Governare gli oltre 15 metri di lunghezza è un gioco da ragazzi e invita a non mollare mai il timone e spingersi sempre più lontano. Ma la realtà è un’altra, dobbiamo quindi invertire la rotta e puntare sul porto di Savona.
Cerchiamo di forzare l’andatura per capire come si comporta la carena a velocità maggiori. Quello che gli strumenti dichiarano subito è un netto aumento dei consumi. Salendo di regime aumentano infatti in modo sproporzionato, perché la carena perde le sue doti naturali ed esce dalla curva di massima efficienza, benché continui ad assicurare prestazioni che permettono di risolvere velocemente un trasferimento urgente o una fuga dal maltempo. La prua ha inoltre la tendenza ad alzarsi, comportamento facilmente controllabile con gli Interceptor applicati sul bordo di uscita della carena, a poppa. Le alte potenze, lo ripetiamo, non costituiscono il target per cui nasce l’idea Magellano: per correre forte c’è la gamma S, o al limite la Fly.
La manovra in porto è assistita dal sistema Easy docking, un joystick che coordina motori ed eliche di prua in modo da condurre lo scafo in punta di dita. Immaginando una navigazione in acque o periodi più caldi, il 50’ offre tanto anche fuori. Qualche numero, benché sterile, rende bene l’idea: il fly ha una superficie libera di 8,5 mq, il ponte di prua tocca i 5,8, il pozzetto arriva a 10,5 e la plancetta di poppa raggiunge i 6 e può ospitare il tender.
C’È ANCHE LA VERSIONE IBRIDA
Azimut offre la versione con il sistema Easy Hybrid a un prezzo di circa 130mila euro. Un optional che permette di navigare a zero emissioni con un range tra le 5/6 miglia a 7 nodi con un pacco batterie da 21 kW/h. Raddoppiando la capacità delle batterie, 42 kW/h, si può navigare per 10/12 miglia a 7 nodi. Il passaggio dalla propulsione disel a quella elettrica avviene in automatico. In pratica sotto alla soglia dei 7 nodi lo yacht è spinto dai motori elettrici, quando viene richiesta maggiore potenza il sistema passa da solo alla modalità diesel. Lo switch automatico tra diesel ed elettrico avviene sia in accelerazione che in decelerazione. Due motori elettrici Auxilia da 23 kW sono montati sugli assi motore, a prua dei diesel tradizionali e a monte degli invertitori e funzionano con i diesel in folle. I motori elettrici sono alimentati dal pacco batterie dedicato che, a loro volta, sono alimentate o dalla presa banchina (quando si è in porto) o da una coppia di generatori da 20 kW. Questi ultimi possono alimentare il sistema ibrido per una navigazione di oltre 1.000 miglia continuando a servire anche tutte le utenze di bordo. In pratica l’unico limite al range di navigazione con i due generatori accesi è dato dalla necessità di effettuare il tagliando ai generatori.
IL BIO SANDWICH
A bordo del Magellano 50 è stato per la prima volta utilizzato il cosiddetto Bio Sandwich, impiegato in via sperimentale solo per il cruscotto nella plancia di comando interna. Il materiale è costituito da fibra di lino biodegradabile, che sostituisce le classiche fibre di vetro; da un’anima di sughero certificato Fsc al posto delle schiume di Pvc e da una resina che contiene il 55% di sostanze naturali. Il materiale potrà essere usato in futuro anche per altre parti non strutturali dell’imbarcazione.
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