Fabio Bignolini di Northern Light Composites ed Ecoracer "Noi odiamo la vetroresina"

Fabio Bignolini di Northern Light Composites ed Ecoracer usa questo messaggio forte per presentare la startup italiana capace, in soli tre anni, di progettare, mettere in acqua Ecoracer 25 e addirittura vincere un campionato italiano minialtura grazie alla prima barca al mondo 100% riciclabile

Durante le prove di Ecoracer 25 a Port Ginesta nell'ambito dell'European Yacht of the Year abbiamo intervistato il fondatore e Ceo di Northern Light Composites che ci racconta la genesi della barca e la sua anima sostenibile.

Fabio come avete iniziato quest’avventura?

«Siamo un gruppo di ragazzi che da 11 anni va in barca insieme, anche creato un’associazione sportiva a Trieste, la Northen Light Sail, con cui abbiamo vinto due campionati italiani altura e un’europeo. Ognuno con le sue competenze, tre anni fa ci siamo detti “ma perché non facciamo qualcosa di nuovo vista la nostra passione e capacità”? Il nostro ing. Paduano e gli altri ragazzi hanno esperienza sui compositi sostenibili grazie alla competizione universitaria 1001 Vela Cup, che richiedeva di presentare un’imbarcazione realizzata con il 60 percento di materiali sostenibili, ma noi ci siamo subito posti un obiettivo più alto, volevamo arrivare al 100 percento. E in due anni e mezzo di ricerca, sviluppo e prototipi più piccoli siamo arrivati ad Ecoracer, una barca di 7,7 metri con scafo e coperta costruite in fibra di lino e resina termoplastica».

Quando è nata la startup?
«L’abbiamo fondata a dicembre 2019, nel 2020 abbiamo costruito il Dinghy e al Salone di Genova abbiamo vinto il Design Innovation Award, nel frattempo avevamo iniziato a progettare la barca vera e propria e tutto il 2021 è servito per la costruzione. A fine anno siamo tornati al Salone dove abbiamo vinto di nuovo il Design Innovation Award. Abbiamo iniziato a navigare e nel 2022 siamo andati a regatare in giro per tutta Europa, con grandi soddisfazioni».


Avete anche vinto un italiano.
«Si, la stagione è iniziata con la vittoria del Campionato Italiano Minialtura sul Lago di Garda. Ecoracer ha vinto il campionato in overall con la serie di risultati 2-3-1-1-4-2-5 in una flotta di quasi quaranta imbarcazioni».


Quali sono state le maggiori difficoltà in fase di progetto e costruzione?
«La ricerca della combinazione corretta di materiali adatti per una barca di 7,7 metri da regata con un peso comparabile a una barca in vetroresina. Sono tutti materiali mai messi insieme prima, soprattutto la resina termoplastica non era mai stata abbinata alle fibre di lino, quindi per mesi abbiamo costruito pezzi piccoli per trovare i corretti processi produttivi. All’inizio è stato complicato, diverse infusioni non sono riuscite e abbiamo dovuto cambiare e mettere a punto il processo prima di costruire la barca».


Le prime reazioni del mercato?
«È stato complicato spiegare che era davvero una barca termoplastica, molti sostenevano che non era possibile, poi quando abbiamo dimostrato che effettivamente funzionava e fatto vedere il prototipo abbiamo subito notato un grande interesse, sia del mercato sia di chi si occupa di innovazione e tecnologia».

1/6

Ecoracer 25 in navigazione

Ci sono rischi nell’utilizzo di questi materiali?
«Arrivati a questo punto posso dire che non ci sono rischi, le barche che usano questa tecnologia funzionano bene. Utilizzando un gelcoat tradizionale per proteggere il composito le barche sono sostanzialmente come quelle in vetroresina. La fibra di lino non è adatta a tutte le imbarcazioni, per quelle più grandi deve esserci del carbonio per i rinforzi, ma per quelle piccole la resina permette ottima rigidità ed è proprio in questa fascia dimensionale che crediamo questa tecnologia meriti di arrivare velocemente».


Resine termoindurenti e termoplastiche. Quali sono le differenze?
«È il tipo di resina che permette o meno di riciclare la barca. Le termoindurenti non sono riciclabili, anche se utilizzi fibre naturali come il lino. Con le termoplastiche puoi invece usare anche carbonio o vetroresina e in entrambi i casi ottieni un prodotto riciclabile. Ed è proprio per questo che grandi cantieri, come ad esempio Bènéteau, puntano molto al riciclo grazie a questi nuovi compositi termoplastici abbinati al vetro, una fibra che costa poco e riutilizzabile per creare il mat, ovvero fogli di fibre corte utili per parti non strutturali. A livello industriale è più facile che un cantiere utilizzi la vetroresina, mentre nelle produzioni più piccole, come la nostra, le fibre naturali potranno diventare. di utilizzo comune».


Esistono già impianti per il riciclo?
«Sì, esistono già impianti funzionanti, non si deve inventare nulla, si potrebbe partire domani. Ma fino a quando non ci saranno parecchie barche a fine vita e quantità di materiali sufficienti è un processo che stenterà a decollare».


E cosa si ottiene dal processo?
«Esiste un processo meccanico e uno chimico. Dal primo si ottiene un granulo da riutilizzare per stampare parti in plastica, mentre con il secondo si riottiene la resina termoplastica che non perde le sue proprietà originali ed è possibile utilizzarla come se fosse la prima volta. Prima di mandare la barca al riciclo va “macinata”, cioè fatta a pezzi ed è per questo che le fibre riciclate saranno fibre corte, spezzate, quindi non adatte per costruire un’altra barca ma per creare parti non strutturali».


Chiudiamo con il nuovo 30 One Design, quando lo vedremo in acqua?
«Abbiamo terminato il processo progettazione e siamo partiti con la promozione per la vendita dei primi dieci scafi. Lo stampo dello scafo è in fase di lavorazione mentre quello della coperta è già pronto. A fine giugno la barca sarà varata a Genova in occasione dell’arrivo del giro del mondo The Ocean Race. Ricordo che il nostro progetto è stato selezionato per la Call For Innovation – Lo sport nella blue economy indetto da Genova Blue District, un distretto dedicato alla Blue Economy che integra la filiera del mare, l’hi-tech, l’impresa e il turismo e si pone come motore per lo sviluppo della città di Genova. È una barca moderna progettata per andare veloce con l’obiettivo del circuito One Design, è una sfida difficilissima perché siamo una piccola realtà e combattiamo con grandi cantieri. Per questo ci siamo affidati a un professionista affermato come Luca Rizzotti per il lancio del circuito a livello internazionale».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Le ultime prove